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Formazione I l’Avv. DAL PIAZ relatore nel convegno “Sfida e Futuro delle Comunità Energetiche”, organizzato dal Politecnico di Torino – Energy Center Torino – 23 aprile 2024, 14.00/19.00.

Obiettivo del Convegno è illustrare lo stato dell’arte, i vantaggi possibili, gli errori rischiosi, le prospettive prevedibili, insieme a una panoramica di quanto sin qui realizzato e in corso di realizzazione, in materia di Comunità Energetiche: la transizione energetica si arricchisce infatti di nuovi approcci grazie ai progressi nell’intelligenza artificiale, nel cloud computing e in IoT (Internet of Things), ed i sistemi energetici (elettrico, termico, idrico) diventano sempre più complicati e con sempre più numerosi protagonisti attivi.

L’ATTESO DECRETO C.E.R. E LE FAQ DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE

Il 24 gennaio 2024 è entrato in vigore il Decreto C.E.R. definitivo[1] con gli incentivi previsti per le Comunità Energetiche Rinnovabili e l’autoconsumo diffuso (vedi articoli in News ed in Spazio Energia del 19.12.2023 e del 28.03.2023), a seguito della registrazione della Corte dei Conti e, in precedenza, dell’approvazione della Commissione europea. Insieme al Decreto sono state, inoltre, pubblicate le FAQ del Ministero dell’Ambiente per iniziare ad orientare cittadini, piccole e medie imprese, enti, cooperative e tutti gli altri destinatari del provvedimento.

Come previsto dal provvedimento stesso, entro i successivi 30 giorni saranno approvate dal Ministero, previa verifica da parte dell’ARERA e su proposta del Gestore dei Servizi Energetici (GSE), le regole operative che dovranno disciplinare le modalità e le tempistiche di riconoscimento degli incentivi. Il GSE, soggetto gestore della misura, metterà in esercizio i portali attraverso i quali sarà possibile presentare le richieste, entro 45 giorni dall’approvazione delle regole.

Gli incentivi statali previsti per la costituzione delle C.E.R.

Per tutte le C.E.R. sono previsti incentivi sull’energia autoconsumata sotto due diverse forme.

1) Una tariffa incentivante sull’energia prodotta da FER e autoconsumata virtualmente dai membri della C.E.R.. Tale tariffa è riconosciuta dal GSE – che si occupa anche del calcolo dell’energia autoconsumata virtualmente – per un periodo di 20 anni dalla data di entrata in esercizio di ciascun impianto FER. La tariffa è compresa tra 60 €/MWh e 120€/MWh, in funzione della taglia dell’impianto e del valore di mercato dell’energia. Per gli impianti fotovoltaici è prevista una ulteriore maggiorazione fino a 10 €/MWh in funzione della localizzazione geografica.

2) Un corrispettivo di valorizzazione per l’energia autoconsumata, definito dall’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente). Tale corrispettivo vale circa 8 €/MWh.

La tariffa incentivante ed il contributo ARERA sono riconosciuti esclusivamente sull’energia elettrica autoconsumata dalla C.E.R.. Tale quantità di energia è pari a quella virtualmente condivisa, in ciascuna ora, tra i produttori ed i consumatori membri della C.E.R., ubicati nella porzione della rete di distribuzione sottesa ad una stessa cabina primaria.

Inoltre, tutta l’energia elettrica rinnovabile prodotta ma non autoconsumata resta nella disponibilità dei produttori ed è valorizzata alle condizioni di mercato. Per tale energia è possibile richiedere al GSE l’accesso alle condizioni economiche del ritiro dedicato.

Infine, per le sole C.E.R. i cui impianti di produzione sono ubicati in Comuni con una popolazione inferiore a 5.000 abitanti, è previsto un contributo in conto capitale, pari al 40% del costo dell’investimento, a valere sulle risorse del PNRR.

Per quanto concerne il contributo in conto capitale l’articolo 7, comma 1, del Decreto C.E.R. specifica che “i beneficiari della misura PNRR di cui all’articolo 14, comma 1, lettera e) del decreto legislativo n. 199 del 2021 sono le comunità energetiche rinnovabili e i sistemi di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili ubicati in Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti”.

Più nel dettaglio le FAQ riportano che “Il soggetto beneficiario del contributo PNRR è colui che sostiene l’investimento per la realizzazione dell’impianto di produzione a fonte rinnovabile di potenza fino a 1 MW ubicato in Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e inserito in CER o in configurazioni di autoconsumo collettivo”.

La tariffa incentivante è cumulabile con il contributo PNRR o altri contributi in conto capitale, nella misura massima del 40%, a fronte di una decurtazione della tariffa incentivante del 50%. Pertanto, le FAQ specificano che se un produttore ottenesse un contributo in conto capitale di qualunque tipologia superiore al 40% del costo dell’investimento (calcolato sulla base dei massimali indicati dal Decreto), non sarebbe possibile ottenere la tariffa incentivante per l’energia elettrica prodotta dall’impianto in questione.

Costituzione legale della C.E.R. ed entrata in esercizio degli impianti

L’articolo 3 del Decreto C.E.R., tra i requisiti per l’accesso agli incentivi, prevede al comma 2, lett. c), che “le Comunità energetiche rinnovabili risultano già regolarmente costituite alla data di entrata in esercizio degli impianti che accedono al beneficio, e prevedono, nel caso di imprese, che la loro partecipazione in qualità di soci o membri sia consentita esclusivamente per le PMI”.

In aggiunta, il punto 9 delle FAQ specifica, con riferimento ai requisiti che devono possedere gli impianti di produzione per accedere alle C.E.R., che “Tali impianti sono generalmente di nuova costruzione, anche se possono far parte di una C.E.R. impianti già realizzati, purché entrati in esercizio successivamente alla data del 16 dicembre 2021 (data di entrata in vigore del D.lgs. 199/2021) e comunque successivamente alla regolare costituzione della CER. Inoltre, ai fini dell’accesso ai benefici previsti dal Decreto di incentivazione, gli impianti non devono beneficiare di altri incentivi sulla produzione di energia elettrica”.

Tale requisito di accesso agli incentivi, in effetti, non era previsto nella precedente proposta di Decreto approvata in cui, sia pure in via informale, si affermava che le Comunità Energetiche Rinnovabili dovevano risultare regolarmente costituite alla data di presentazione della domanda di accesso agli incentivi, senza pertanto individuare un rapporto di necessaria consequenzialità tra costituzione dell’entità legale della C.E.R. ed entrata in esercizio degli impianti, ma solo di possibile successione temporale.

Analogamente, le precedenti Regole Tecniche adottate dal GSE in data 04.04.2022, applicabili agli impianti soggetti alla disciplina transitoria di cui all’art. 42-bis del D.L. 162/2019, definivano la “data di costituzione della configurazione di comunità di energia rinnovabile” come “la data dalla quale la configurazione ha i requisiti per essere qualificata come comunità di energia rinnovabile ed è la data più recente tra la prima tra le date di entrata in esercizio degli impianti di produzione o dei potenziamenti la cui energia elettrica rileva per la configurazione e la data di creazione dell’associazione tra i soggetti facenti parte della configurazione”. A sua volta, la data di creazione dell’associazione in caso di configurazione di una C.E.R. era intesa come la prima data in cui l’atto costitutivo e/o lo Statuto della Comunità rispettano tutti i requisiti previsti dall’articolo 42-bis del D.L. 169/2019 (oggi confluiti nell’art. 31 del D.Lgs. 199/2021) e dalla Delibera.

Pertanto, sotto il vigore della disciplina transitoria, le Regole Tecniche del GSE prendevano in considerazione la data di costituzione della configurazione ai fini dell’accesso al servizio di valorizzazione e di incentivazione dell’energia autoconsumata e condivisa, limitandosi a precisare che la data di decorrenza del servizio dell’energia elettrica condivisa non potesse essere antecedente alla data di costituzione della configurazione di gruppo di autoconsumatori o di Comunità Energetica Rinnovabile (par. 3.3. delle Regole del 04.04.2022).

In relazione ai requisiti di accesso agli incentivi, il D.Lgs. 199/2021 (cfr. artt. 8, 31, 32) ha previsto in linea generale che “possono accedere all’incentivo gli impianti a fonti rinnovabili che hanno singolarmente una potenza non superiore a 1 MW e che entrano in esercizio in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto”. Ai fini dell’accesso agli incentivi sembrava dunque sufficiente che la data di entrata in esercizio degli impianti fosse successiva a quella di entrata in vigore del Decreto (ossia dal 16.12.2021) e che gli impianti risultassero nella disponibilità e sotto il controllo della Comunità Energetica.

Alla luce delle novità apportate dal Decreto MASE pubblicato ufficialmente in Gazzetta Ufficiale risulterà ora indispensabile attendere le indicazioni operative del GSE per trovare una soluzione ermeneutica al problema esistente per quei soggetti che hanno già realizzato e allacciato gli impianti alla rete, attendendo l’entrata in vigore del Decreto stesso per costituire legalmente la C.E.R. quale soggetto giuridico in un momento successivo.

La partecipazione alle C.E.R. delle grandi imprese

Un altro punto importante chiarito nel Decreto e nelle FAQ consiste nella possibilità per le grandi imprese di fare parte di una C.E.R.. In merito era infatti sorto un importante dubbio interpretativo in ragione di una discrasia esistente tra quanto disposto dalla normativa europea e da quella nazionale.

In base all’art. 31 del D.Lgs. 199/2021, che ha recepito la direttiva 2018/2001/UE, la partecipazione alla comunità energetica è volontaria e aperta a tutti i consumatori e “l’esercizio dei poteri di controllo fa capo esclusivamente a persone fisiche, PMI, ((associazioni)) con personalità giuridica di diritto privato, enti territoriali e autorità locali, ivi incluse le amministrazioni comunali, gli enti di riC.E.R.ca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale nonché le amministrazioni locali contenute nell’elenco delle amministrazioni pubbliche divulgato dall’Istituto Nazionale di Statistica (di seguito: ISTAT) (…), che sono situate nel territorio degli stessi Comuni in cui sono ubicati gli impianti per la condivisione (…)”.

Per quanto riguarda le imprese l’unica espressa preclusione normativa discendeva dal fatto che “la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non può costituire l’attività commerciale e industriale principale”, come confermato anche dal par. 3.4. del TIAD con riferimento ai requisiti per l’accesso al servizio per l’autoconsumo diffuso.

Tale assetto normativo consentiva dunque di ritenere che la partecipazione alle C.E.R. costituisse un diritto di tutti i clienti finali (comprese le grandi imprese) e che solo i soggetti elencati dalla legge potessero esercitare i poteri di controllo della Comunità.

Ciononostante, alcuni interpreti, dal raffronto tra la normativa italiana e quella europea, avevano notato una possibile incongruenza derivante dal fatto che l’articolo 2, punto 16), della Direttiva Europea 2018/2001/UE definisce la C.E.R. come soggetto giuridico “i cui azionisti o membri sono persone fisiche, PMI o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali”, indicando in maniera esplicita e più restrittiva i soggetti che possono partecipare alla Comunità Energetica e senza operare, al riguardo, nessun riferimento all’esercizio dei poteri di controllo, diversamente dalla normativa italiana.

Seguendo questa interpretazione, fondata sull’integrazione della legislazione nazionale con il diritto europeo, dunque, le grandi imprese non potrebbero partecipare alle C.E.R. in quanto nella direttiva RED II richiamata è fatto esplicito riferimento alle PMI, nozione di diritto europeo che ha una connotazione precisa.

L’articolo 3, comma 2, lett. c) del Decreto relativo ai soggetti beneficiari e ai requisiti di accesso agli incentivi, facendo seguito alla decisione della Commissione europea C 8086 final del 22 novembre 2023[2], dispone ora che le Comunità Energetiche Rinnovabili prevedono, nel caso di imprese, che la loro partecipazione in qualità di soci o membri sia consentita esclusivamente per le PMI.

Le FAQ del Ministero dell’Ambiente, al punto 5, chiariscono definitivamente che le grandi imprese non possono essere membri di una C.E.R. ma possono far parte di un gruppo di autoconsumatori rinnovabili, ossia di un insieme di almeno due autoconsumatori che si associano per condividere l’energia elettrica prodotta dall’impianto di produzione da fonte rinnovabile e che si trovano nello stesso edificio.

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Il GSE renderà disponibili sul proprio sito istituzionale (www.gse.it) documenti e guide informative, oltre a canali di supporto dedicati, per accompagnare gli utenti nella costituzione delle C.E.R. e, in raccordo con il MASE, lancerà una campagna informativa per rendere consapevoli i consumatori dei benefici legati al nuovo meccanismo. Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha inoltre comunicato che sarà presto online sul sito del GSE anche un simulatore per la valutazione energetica ed economica delle iniziative, mentre è già disponibile la mappa interattiva delle cabine primarie presenti sul territorio nazionale.

Nel frattempo, le indicazioni contenute nel Decreto MASE pubblicato e nelle relative FAQ dimostrano come sia indispensabile risolvere le incertezze interpretative che tuttora caratterizzano alcuni aspetti cruciali per consentire una vera diffusione delle Comunità Energetiche su tutto il territorio nazionale.

[1]Pubblicato, insieme alle relative FAQ, in data 23.01.2024 sul sito del Ministero dell’Ambiente al seguente indirizzo: https://www.mase.gov.it/comunicati/energia-mase-pubblicato-decreto-cer
[2]Si tratta della decisione, richiamata nelle premesse del Decreto CER, con cui la Commissione europea ha deciso di non sollevare obiezioni nei confronti della misura di aiuto contenuta nel Decreto in quanto ritenuta compatibile con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c) del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. In particolare, il paragrafo 25, lettera d), della citata decisione C (2023) 8086 final prevede, ai fini dell’accesso alla misura, che le imprese che sono soci o membri delle Comunità Energetiche devono essere PMI e che la loro partecipazione alla C.E.R. non può costituire l’attività commerciale e industriale principale.

COMUNITA’ ENERGETICHE RINNOVABILI: definizione degli incentivi e del relativo trattamento fiscale. IL DECRETO M.A.S.E. ED I CHIARIMENTI DI AGENZIA DELL’ENTRATE.

A seguito del via libera della Commissione europea[1], il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha recentemente firmato e trasmesso alla Corte dei Conti il Decreto di incentivazione alla diffusione dell’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili[2] (cd. Decreto M.A.S.E.), che quindi è di imminente pubblicazione.

Come noto (cfr. articolo in News del 28.03.2023), il Decreto disciplina le modalità di incentivazione per sostenere l’energia elettrica prodotta da impianti a fonti rinnovabili inseriti in configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell’energia rinnovabile.

Si tratta di un provvedimento molto atteso e pensato per promuovere la diffusione sull’intero territorio nazionale delle Comunità di Energia Rinnovabile (C.E.R.)ponendole al centro di una strategia finalizzata a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili, recentemente ribaditi con impellenza nelle politiche ambientali europee (Direttiva RED III) e internazionali.

Contestualmente alla definizione dei contenuti del Decreto M.A.S.E. sugli incentivi per la condivisione dell’energia rinnovabile, è in via di progressiva puntualizzazione il trattamento fiscale applicabile alle somme erogate dal GSE ad una Comunità Energetica Rinnovabile, attraverso i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate (da ultimo, con il parere del 28.11.2023 in risposta all’interpello n. 956-1284/2023).

LE AGEVOLAZIONI DEL DECRETO C.E.R.

Il Decreto è incentrato su due misure: una tariffa incentivante sulla quota di energia condivisa da impianti a fonti rinnovabili (con potenza massima agevolabile di 5GW entro il 31 dicembre 2027) ed un contributo in conto capitale fino al 40% dei costi ammissibili per lo sviluppo delle Comunità Energetiche, attraverso la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili nei Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti (potenza agevolabile almeno pari a 2GW fino al 30 giugno 2026).

I benefici previsti riguardano tutte le tecnologie rinnovabili, quali ad esempio il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e le biomasse.

I soggetti beneficiari della tariffa incentivante sono le configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell’energia rinnovabile[3], tra cui rientrano le Comunità Energetiche Rinnovabili che risultano regolarmente costituite alla data di presentazione della domanda di accesso agli incentivi. Gli impianti a fonti rinnovabili, inclusi i potenziamenti, inseriti nelle predette configurazioni devono possedere una potenza nominale massima del singolo impianto o dell’intervento di potenziamento non superiore a 1 MW. Inoltre, gli impianti di produzione ed i punti di prelievo inclusi nelle configurazioni devono essere connessi alla rete di distribuzione tramite punti di connessione facenti parte dell’area sottesa alla medesima cabina primaria.

Significativamente, nella proposta approvata si specifica che le C.E.R. o le altre configurazioni di condivisione dell’energia devono assicurare, oltre ad una completa, adeguata e preventiva informazione a tutti i consumatori finali sui benefici loro derivanti dall’accesso alla tariffa incentivante, che l’eventuale importo della tariffa premio eccedentario[4] sia destinato ai soli consumatori diversi dalle imprese e/o utilizzato per finalità sociali aventi ricadute sui territori ove sono ubicati gli impianti per la condivisione.

Invero, i beneficiari degli incentivi previsti dal Decreto sono tenuti ora a fornire una rendicontazione dettagliata su base annuale dei benefici conseguenti alle incentivazioni e delle modalità della loro ripartizione tra i membri o soci delle CER e/o dell’utilizzo per finalità sociali aventi ricadute sui territori ove sono ubicati gli impianti per la condivisione, pena la sospensione dell’erogazione degli incentivi fino alla trasmissione completa dei dati richiesti.

La tariffa incentivante è fissa per 20 anni ed è riconosciuta sulla quota parte di energia elettrica condivisa. Il Decreto prevede tre fasce di incentivi:

a) per impianti di potenza> 600 kW la tariffa è composta da un importo fisso di 60 €/MWh più una parte variabile che non può eccedere il valore di 100 €/MWh;

b) per impianti di potenza > 200 kW e ≤ 600 kW l’importo fisso è di 70 €/MWh più un premio che non può eccedere il valore di 110 €/MWh;

c) per impianti di potenza ≤ 200 kW l’importo fisso è di 80€/MWh più un premio che non può eccedere il valore di 120 €/MWh.

La tariffa incentivante si compone, dunque, di una parte fissa (che varia in funzione della taglia dell’impianto) e di una parte variabile (determinata in funzione del prezzo zonale orario dell’energia elettrica, Pz). In particolare, la tariffa incentivante aumenta al diminuire della potenza degli impianti e al diminuire del prezzo di mercato dell’energia (Pz).

Inoltre, è previsto un fattore di correzione della tariffa per impianti fotovoltaici per tenere conto dei diversi livelli di insolazione, in base all’area geografica: + 4€/MWh per le Regioni del Centro (Lazio, Marche, Toscana, Umbria e Abruzzo) e + 10€/MWh  per quelle del Nord (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto).

Gli incentivi in tariffa sono cumulabili con contributi in conto capitale nella misura massima del 40%. Nei casi in cui è prevista l’erogazione di un contributo in conto capitale, la tariffa spettante subirà una decurtazione, con applicazione di uno specifico fattore di riduzione[5].

La domanda di accesso alle tariffe incentivanti è presentata entro i 120 giorni successivi alla data di entrata in esercizio degli impianti esclusivamente tramite il sito del GSE (Gestore dei Servizi Energetici).

I beneficiari del contributo in conto capitale del PNRR sono le Comunità Energetiche Rinnovabili ed i sistemi di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili ubicati in Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

Condizione per beneficiare del contributo in conto capitale è che l’avvio dei lavori per gli impianti a fonti rinnovabili, inclusi i potenziamenti, inseriti all’interno delle configurazioni sia successivo alla data di presentazione della domanda di contributo da parte del soggetto beneficiario. Gli impianti ammessi al contributo devono entrare in esercizio entro 18 mesi dalla data di ammissione al contributo e comunque non oltre il 30 giugno 2026.

Sono ammissibili le seguenti spese:

  • realizzazione di impianti a fonti rinnovabili;
  • fornitura e posa in opera dei sistemi di accumulo;
  • acquisto e installazione macchinari, impianti e attrezzature hardware e software;
  • opere edili strettamente necessarie alla realizzazione dell’intervento;
  • connessione alla rete elettrica nazionale;
  • studi di prefattibilità e spese necessarie per attività preliminari;
  • progettazioni, indagini geologiche e geotecniche;
  • direzione lavori, sicurezza;
  • collaudi tecnici e/o tecnico-amministrativi, consulenze e/o supporto tecnico-amministrativo essenziali all’attuazione del progetto.

Le ultime quattro voci di spese di cui sopra sono finanziabili in misura non superiore al 10% dell’importo ammesso a finanziamento. Il costo di investimento massimo di riferimento per l’erogazione del finanziamento è posto pari: a 1.500 €/kW per impianti fino a 20 kW; a 1.200 €/kW per impianti di potenza superiore a 20 kW e fino a 200 kW; a 1.100 €/kW per potenza superiore a 200 kW e fino a 600 kW; e 1.050 €/kW per impianti di potenza superiore a 600 kW e fino a 1.000 kW.Le spese devono essere sostenute successivamente all’avvio dei lavori pena la loro inammissibilità.

L’accesso ai contributi avviene attraverso la presentazione delle domande tramite il sito del GSE. Secondo quanto indicato nella proposta di Decreto approvata, il GSE aprirà lo sportello ai fondi per la presentazione delle richieste entro 45 giorni dall’entrata in vigore del Decreto. Il termine ultimo per la presentazione delle richieste è fissato al 31 marzo 2025, fatto salvo il previo esaurimento delle risorse disponibili.

Inoltre, è prevista la possibilità di richiedere al GSE una verifica preliminare di ammissibilità dei progetti alle disposizioni del Decreto; si tratta di una verifica richiesta su base volontaria e che, pertanto, non costituisce condizione necessaria per l’accesso agli incentivi per la condivisione di energia e/o ai contributi PNRR. All’esito, il GSE può esprimere un parere preliminare positivo per l’ammissibilità del progetto ai benefici ovvero suggerire le prescrizioni da seguire per pervenire alla predetta ammissibilità.

A seguito dell’avvenuta trasmissione del Decreto alla Corte dei Conti, si attende ora la sua pubblicazione definitiva in Gazzetta Ufficiale e, soprattutto, la successiva approvazione delle Regole Operative per l’accesso ai benefici del GSE.

INTERPELLO N. 956-1284/2023: L’AGENZIA DELLE ENTRATE CHIARISCE IL REGIME FISCALE DELLE C.E.R. COSTITUITE IN FORMA DI ENTI NON COMMERCIALI.

In data 28.11.2023, in riscontro ad un interpello, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti indicazioni sul regime fiscale applicabile alle somme corrisposte dal GSE ad una Comunità Energetica Rinnovabile costituita in forma di ente non commerciale.

Tramite l’interpello in esame, la CER Istante, ente non commerciale iscritto al RUNTS, chiedeva chiarimenti in ordine alla corretta interpretazione ed alla qualificazione del regime fiscale dei proventi derivanti dalla vendita dell’energia e della detrazione prevista dall’art. 16-bis del TUIR applicabili alle Comunità Energetiche ex art. 42-bis strutturatesi sotto forma di enti non commerciali che svolgono esclusivamente attività istituzionale.

In particolare, l’Istante domandava quale fosse “il trattamento da riservare alla restituzione delle somme corrisposte dal GSE alla CER ente non commerciale a titolo di “tariffa premio”, “restituzione di componenti tariffarie” e “corrispettivo per la vendita dell’energia”, sia nel caso si tratti di persone fisiche al di fuori dell’attività d’impresa, arti e professioni, sia nel caso di membri della CER svolgenti attività d’impresa […] in assolvimento ai propri obblighi statutari di perseguire benefici ambientali, economici e sociali per i propri partecipanti”. In aggiunta, il quesito proposto dalla Comunità Energetica Rinnovabile richiedente era finalizzato a comprendere se la restituzione delle predette somme ai membri della CER violi il divieto posto in capo agli enti del terzo settore di distribuire utili e avanzi di gestione, fondi e riserve, comunque denominati, ai sensi dell’articolo 8, comma 2, del Codice del Terzo Settore.

Ai fini della risoluzione del quesito, il parere dell’Agenzia delle Entrate ha richiamato i chiarimenti forniti con la risoluzione 12 marzo 2021, n. 18/E, con la risposta all’istanza di interpello n. 37/2022 nonché con la circolare n. 23/E del 2022 sul regime fiscale applicabile ai fini delle imposte dirette alle somme corrisposte dal GSE alle configurazioni sperimentali di “autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili” e di “comunità energetiche rinnovabili”.

Con la risoluzione n. 18/E del 2021, riferita all’ipotesi di un gruppo di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili costituito da condomini composti da sole persone fisiche non esercenti attività d’impresa arti e professioni, è stato precisato che è fiscalmente rilevante il solo corrispettivo per la vendita dell’energia immessa in rete, che si configura come reddito diverso ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. i) del TUIR.

Per il tramite della risposta n. 37 del 2022 si è pervenuti alle medesime conclusioni con riferimento, tra l’altro, alle “comunità energetiche strutturatesi come enti non commerciali” affermando che i proventi derivanti dalla vendita di energia concorrono a formare la base imponibile ai fini IRES, essendo gli stessi riconducibili allo svolgimento di attività commerciale, sebbene effettuata in forma non abituale in forza dell’art. 119, comma 16-bis, del DL 34/2020. Per l’effetto, i proventi derivanti dalla vendita di energia sono riconducibili alla categoria dei redditi diversi ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. i) TUIR ovvero tra i “redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente”.

Infine, con la citata circolare n. 23/E del 2022 è stato affermato che “per quanto riguarda i soggetti diversi da quelli che producono reddito d’impresa, quanto affermato nella risoluzione n. 18/E del 2021, relativamente alla rilevanza fiscale del corrispettivo per la vendita di energia, attiene necessariamente alla energia eccedente l’autoconsumo istantaneo”.

L’Agenzia delle Entrate, in risposta all’interpello, ha affermato che nel caso di Comunità Energetica Rinnovabile costituita nella forma di ente non commerciale assuma rilevanza fiscale solo il corrispettivo per la vendita di energia relativo alla quota di energia stessa eccedente l’autoconsumo istantaneo.

In merito al trattamento da riservare ai proventi corrisposti dal GSE alla CER e, da quest’ultima ai propri membri, è stato osservato che, in presenza di un rapporto di mandato senza rappresentanza tra la CER e i suoi membri, tali somme assumano rilevanza reddituale in capo ai singoli membri con l’applicazione del trattamento fiscale in base alla natura propria del soggetto, come delineato nella citata risoluzione n. 18/E del 2021 e nella risposta n. 37 del 2022.

Inoltre, trattandosi di “restituzione” di somme che la CER istante riceve dal GSE per conto dei propri associati, non si configura un aggiramento del divieto di distribuzione degli utili stabilito dall’art. 8, comma 2, del Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017) per gli Enti del Terzo Settore.

[1]Comunicato MASE del 22.11.2023 – https://www.mase.gov.it/comunicati/energia-libera-di-bruxelles-allincentivo-le-comunita-energetiche-rinnovabili.
[2]Comunicato MASE del 06.12.2023 – https://www.mase.gov.it/comunicati/energia-pichetto-firma-decreto-cer-e-lo-trasmette-alla-corte-dei-conti.
[3]Definite come una delle configurazioni di cui alle lettere e) (sistemi di autoconsumo individuale di energia rinnovabile a distanza), f) (sistemi di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili), g) (Comunità Energetiche Rinnovabili), che utilizzano la rete di distribuzione esistente per condividere l’energia prodotta da impianti a fonti rinnovabili.
[4]rispetto a quello determinato in applicazione del valore soglia di quota energia condivisa espresso in percentuale di cui all’Allegato 1 del Decreto.
[5]Tale fattore di riduzione, secondo quanto specificato nell’Allegato 1 alla proposta di Decreto, non trova applicazione in relazione all’energia elettrica condivisa da punti di prelievo nella titolarità di enti territoriali ed autorità locali, enti religiosi, enti del terzo settore e di protezione ambientale.

 

Formazione | Le Comunità Energetiche Rinnovabili – Webinar – Giovedì 9 novembre 2023, ore 17 – 19

L’Avv. Francesco Dal Piaz è relatore all’evento realizzato da Comitato Torino Finanza, Ordine Ingegneri della Provincia di Torino e Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Torino.

La nuova normativa sulle Comunità Energetiche Rinnovabili, che dà un forte impulso alla generazione distribuita, favorirà lo sviluppo di energia a chilometro zero e di reti intelligenti o smart grid: chi può far parte della Comunità? Quali sono i passi da seguire per costituirla? Quali sono i vantaggi? Il seminario mira a dare una risposta pratica a queste domande.

L’incontro è inserito nel programma formativo per gli iscritti all’Ordine degli Ingegneri di Torino ed all’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Torino al fine del riconoscimento dei crediti formativi.

LO STUDIO LEGALE DAL PIAZ NEL PROCEDIMENTO AUTORIZZATORIO PER LA REALIZZAZIONE DEL RIGASSIFICATORE “ALTO TIRRENO”

Lo Studio legale Dal Piaz, specializzato in materia, segue i Comuni di Savona e di Quilianonell’ambito Conferenza di Servizi per la realizzazione del nuovo rigassificatore “Alto Tirreno”.

Il Comune di Savona, non essendo stato coinvolto nella Conferenza, si avvale dell’assistenza dello Studio per valutare le azioni da intraprendere a tutela dei propri interessi. Il Comune di Quiliano, con l’aiuto dello Studio e di Terra S.r.l., ha presentato richiesta di chiarimenti ed osservazioni per richiedere una modificazione della proposta progettuale.

Il progetto

La Società SNAM FSRU Italia S.r.l. ha presentato in data 26.06.2023, ai sensi dell’art. 46, comma 1, del D.L. 159/2007,istanza di autorizzazione al Commissario Straordinario di Governo, in persona del Presidente della Regione Liguria, per la realizzazione del progetto di ricollocazione nell’Alto Tirreno della nave rigassificatrice FSRU (Floating Storage & Regasification Unit) Golar Tundra (attualmente operante nel porto di Piombino) e del nuovo collegamento alla rete nazionale di trasporto del gas naturale.

Con Ordinanza n. 2 del 01.08.2023 il Commissario ha dato avvio al procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica, ex art. 5 D.L. 50/2022, al progetto finalizzato ad incrementare la capacità di rigassificazione nazionale per un periodo di 22 anni a far data dalla entrata in esercizio e, per tale ragione, qualificato agli atti come “intervento strategico di pubblica utilità, indifferibile e urgente”.

In data 21.08.2023 è stato pubblicato l’Avviso denominato “Avviso al pubblico di avvio del procedimento unico ai sensi dell’art. 5 del d.l. 50/2022 e dell’art. 46 del d.l. 159/2007 per il progetto denominato “Emergenza gas – Incremento della capacità di rigassificazione: progetto di ricollocazione nell’alto Tirreno della FSRU Golar Tundra e del nuovo collegamento alla rete nazionale di trasporto del gas naturale”.

Secondo quanto indicato nell’Avviso pubblico e rappresentato da SNAM il progetto prevede: la realizzazione di un sistema di ormeggio a torretta a circa 2 miglia nautiche (circa 4 km) dalla costa ligure di ponente di fronte a Vado Ligure (SV); l’ormeggio di un mezzo navale tipo FSRU in corrispondenza del sistema a torretta; la realizzazione delle connesse infrastrutture per l’allacciamento, dell’impianto PDE (sito nel territorio di Quiliano) contenente le apparecchiature di filtraggio e di misura del gas naturale e del relativo collegamento con l’approdo costiero, del collegamento dall’impianto PDE alla esistente Rete Nazionale Gasdotti (RNG) tramite una nuova condotta. La lunghezza complessiva delle condotte è di circa 32,8 km di cui 4,2 km a mare. Inoltre, la nave rigassificatrice FSRU assicurerà un flusso annuo di almeno 5 miliardi di standard metri cubi di gas naturale nella rete nazionale.

Il procedimento autorizzatorio oggetto dell’Avviso pubblico è regolato dal combinato disposto dell’46 D.L. 159/2007 (conv. in L. n. 222/2007), che delinea le procedure di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, secondo il modulo del procedimento unico, e dell’art. 5 D.L. n. 50/2022 (conv. in L. n. 91/2022), che detta le disposizioni per la realizzazione di nuove capacità di rigassificazione. Concorre a delineare il procedimento autorizzatorio l’art. 3 D.L. 57/2023 (conv. in L. n. 95/2023) che dispone ulteriori integrazioni alla disciplina in materia.

Secondo la nuova disciplina, l’autorizzazione per la costruzione o per l’esercizio, anche a seguito di ricollocazione, delle opere e delle infrastrutture di cui all’art. 5, comma 1, del D.L. 50/2022, è rilasciata dal Commissario straordinario di Governo competente a seguito di svolgimento di un procedimento unico, comprensivo delle valutazioni ambientali di cui al D.L.152/2006, della durata massima di duecento giorni dalla data di ricezione dell’istanza di SNAM, svolto ai sensi del medesimo art. 5D.L. 50 del 2022.

Il termine per la conclusione del procedimento è, quindi, fissato in data 12.01.2024 (salvo sospensione dei termini secondo le disposizioni di legge), data entro la quale il Commissario dovrebbe sottoscrivere il provvedimento autorizzatorio per il trasferimento della nave. Tale termine è stato appositamente esteso da 120 giorni (come in precedenza previsto dall’art. 5 D.L. n. 50/2022) a 200 giorni proprio per tenere conto di tale adempimento, in quanto la disciplina precedente aveva previsto l’esenzione dalla V.I.A. mentre il progetto in corso è soggetto a V.I.A. nazionale in quanto ricadente nella categoria “1) Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal  petrolio  greggio),  nonche’ impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate  al  giorno di  carbone  o   di   scisti   bituminosi, nonche’ terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto” (di cui all’Allegato II della Parte II del D.Lgs. 152/2006).

Inoltre, il progetto rientra tra quelli indicati all’Allegato I-bis della Parte II del D.Lgs. 152/2006 (“Opere e infrastrutture finalizzate all’incremento della capacità di rigassificazione nazionale mediante unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione”) per i quali è prevista una V.I.A. cd. “fast track”, con termini dimezzati stimati in circa 175 giorni invece che un anno (cfr. art. 25, comma 2-bis, D.Lgs. 152/2006).Pertanto, in base a tale procedura “accelerata”, l’istruttoria è di competenza di una Commissione istituita ad hoc(Commissione Tecnica PNRR-PNIEC– cfr. art. 8, comma 2-bis, D.Lgs. 152/2006), che predisporrà lo schema di provvedimento di V.I.A., di successiva adozione da parte del Direttore Generale del Ministero della Transizione Ecologica. Il Ministero dell’Ambiente ha di recente pubblicato la documentazione inerente il procedimento di V.I.A., che dovrà ora essere soggetta al vaglio delle Amministrazioni e di chiunque abbia interesse a presentare proprie osservazioni.

In applicazione di tali disposizioni, al fine di acquisire i pareri necessari per il rilascio dell’autorizzazione unica, in data 11.08.2023 è stata indetta la Conferenza di Servizi ai sensi dell’art. 14 bis L. 241/1990 (in forma semplificata ed in modalità asincrona), nell’ambito della quale le Amministrazioni comunali interessate dalle opere hanno presentato richieste di chiarimenti ed osservazioni.

Le valutazioni degli impatti ambientali e sanitari guideranno ora l’evolversi dell’iter ed è, comprensibilmente, su questi aspetti che si focalizzerà la massima attenzione degli Enti coinvolti.

Nel frattempo, risulterà fondamentale per i Comuni del comprensorio savonese operare in sinergia, con reciproca collaborazione, al fine di analizzare puntualmente i riflessi che il progetto avrà sui territori sia della fascia costiera che dell’entroterra.

Dal “FESTIVAL DEI FUTURI POSSIBILI” al convegno “Progetto RECOCER, la più grande Comunità Energetica Rinnovabile d’Italia” in Friuli-Venezia Giulia

Nelle giornate del 15-16-17 giugno 2023 l’evento organizzato dal Comune di Sangano (TO) dal titolo “DESTINAZIONE TERRA 2100 – IL FESTIVAL DEI FUTURI POSSIBILI” ha avuto al centro una importante riflessione sulle tematiche giuridiche, tecniche ed economiche che interessano le Comunità Energetiche, in una prospettiva volta alla condivisione delle conoscenze più avanzate in materia.

Le tematiche saranno oggetto di ulteriore approfondimento nel convegno cui prenderà parte l’Avv. Francesco DAL PIAZ dedicato al “Progetto RECOCER” della Comunità Collinare del Friuli, che avrà luogo il 1 luglio 2023presso il castello di Colloredo di Monte Albano alla presenza del Viceministro del MASE Vannia GAVA, di importanti autorità e di RSE, GSE ed ENEA.

Presso il FESTIVAL DEI FUTURI POSSIBILI di Sangano, in cui è stata costituita, appunto con la forma di società cooperativa, la prima “Comunità Energetica Cooperativa” del Piemonte, l’Avv. Francesco DAL PIAZ ha evidenziato alcune criticità proprie del contesto normativo attuale, soprattutto alla luce della recente Deliberazione della Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Toscana, n. 77/2023/PASP. E’ stato rilevato come le disposizioni contenute nel TUSP – Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (articolo 4, comma 7, D.Lgs. n. 175/2016) debbano essere necessariamente lette in chiave coordinata con le norme del D.Lgs. n. 199/2021 (di attuazione della Direttiva cd. “RED II”), nonchè l’importanza di individuare un quadro regolatorio chiaro, che consenta, da un lato, di preservare la finalità sociale ed ambientale delle Comunità di Energia Rinnovabile, valorizzando al tempo stesso la C.E.R come “utility” cui la Legge (art. 31 D.Lgs. n. 199/2021) consente di svolgere attività che vanno oltre la produzione di energia (interventi di domotica, efficientamento energetico, servizi di ricarica dei veicoli elettrici, vendita di energia, ecc.).

Inoltre, è stata approfondita la “visione” degli amministratori locali (in particolare, attraverso gli interventi dell’Avv. Alessia CERCHIA, responsabile del team di Spazio Energia dello Studio Legale Dal Piaz ed assessore del Comune di Sangano)secondo cui le C.E.R. costituiscono un modello nuovo che deve essere configurato, anche sotto il profilo delle regole di governance, per rispondere alle esigenze della comunità territoriale di riferimento. Nelle C.E.R. caratterizzate dalla partecipazione degli Enti locali il controllo della Corte dei Conti (i cui aspetti tecnici sono stati chiariti, nel dettaglio, dalla relazione della Dott.ssa Laura ALESIANI, Magistrato referendario della Corte dei Conti del Piemonte) si rivela, del resto, essenziale proprio per garantire il perseguimento della mission pubblica, anche attraverso l’incisivo strumento del controllo di legalità finanziaria.

Di qui il ruolo fondamentale della forma giuridica della cooperativa quale strumento per promuovere processi di aggregazione di area vasta (si pensi al PAESC, Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile ed il Clima) che possono rispondere agli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione previsti dall’Unione Europea ed agire per il contrasto alla crisi climatica. Proprio l’esigenza impellente di individuare un modello di sviluppo alternativo porta ad indicare i Comuni come risorsa da cui può partire un cambio di visione, attraverso una classe dirigente locale in grado di cambiare i paradigmi senza “attendere” interventi legislativi provenienti dall’alto, secondo un approccio cd. “ bottom up” (grande interesse, in questa chiave, ha rivestito la prospettiva del cd. “localismo strategico”, approfondito negli interventi del Sindaco di Sangano, Alessandro MERLETTI, del Dott. Giancarlo BUFFO, Amministratore delegato di C.I.S.L.A. S.r.l., del Dott. Roberto COLOMBERO, Presidente UNCEM PIEMONTE, del Dott. Rocco BALLACCHINO, Direttore tecnico Zona Ovest di Torino).

Nel corso del convegno è stato inoltre analizzato lo studio della regolazione economica e finanziaria delle C.E.R.; in particolare, sono stati trattati gli aspetti contabili, fiscali e attinenti gli incentivi attualmente previsti dalla normativa per le Comunità di Energia Rinnovabile (illustrati dai relatori Dott. Filippo RAITERI e Dott. Davide di RUSSO), anche alla luce dei recenti interventi del Testo Integrato sull’Autoconsumo Diffuso e del Decreto del Ministero dell’Ambiente (finora ancora in bozza).

Nel quadro della regolazione economica di tali iniziative è stato approfondito il ruolo del sistema bancario nella transizione energetica (come chiarito dall’Ing. Perla GIANNOTTI dell’Istituto Banco Azzoaglio); le banche e gli intermediari finanziari sono infatti chiamati ad una gestione dei rischi climatici e ambientali, nonché ad una verifica della rispondenza dei finanziamenti erogati alle imprese ai criteri di sostenibilità fissati dalla Tassonomia europea.

Infine, grande interesse ha rivestito l’approfondimento degli aspetti più tecnici e innovativi delle C.E.R., con un tavolo di confronto interamente dedicato alle diverse fonti di energia che possono alimentare una Comunità Energetica, con riguardo al solare termico (Ing. Riccardo BATTISTI, Senior Project Manager di Ambiente Italia S.r.l., Ing. Stefano PERASSI, Energy Manager), alle biomasse ed alle possibilità offerte dall’utilizzo dell’idrogeno in ambito civile (Dott. Marco CHIAPPERO), anche attraverso l’esempio rappresentato da progetti pilota avviati in alcuni Paesi europei.

Le strategie di decarbonizzazione devono essere progettate a livello locale e fondarsi su un approccio integrato dal basso, in grado di creare sinergie tra tutti i soggetti interessati ed integrare le fonti energetiche sul territorio, anche attraverso interventi ispirati alla valorizzazione del patrimonio storico esistente (come sottolineato dalle Professoresse e ricercatrici del Politecnico di Torino Diana ROLANDO, Alice BARRECA, Giorgia MALAVASI) unitamente alle potenzialità che possono essere tratte dalla decarbonizzazione del settore edilizio.

“DESTINAZIONE TERRA 2100 – IL FESTIVAL DEI FUTURI POSSIBILI” ha quindi rappresentato un importante momento di riflessione sull’evoluzione giuridica e tecnica delle Comunità Energetiche in una prospettiva di lungo periodo, che continuerà nel convegno dedicato al “Progetto RECOCER” della Comunità Collinare del Friuli il 1 luglio 2023. Le relazioni degli esperti dimostrano infatti che contrastare la povertà energetica ed i cambiamenti climatici, creando valore aggiunto per il territorio attraverso l’innovazione nel modo di produrre e consumare energia, è possibile solo in presenza di “visione” da parte delle istituzioni locali e delle imprese, unite nel desiderio di realizzare un cambiamento davvero rivoluzionario.

Gli Avv.ti DAL PIAZ e CERCHIA parlano dell’innovativa CER da cabina primaria di Sangano a “DESTINAZIONE TERRA 2100 – IL FESTIVAL DEI FUTURI POSSIBILI”

Da tempo lo Studio Legale Dal Piaz si occupa, con attenzione e vivo interesse, di tematiche sempre più attuali e rilevanti per il futuro del Pianeta quali: le fonti di energia rinnovabile, le Comunità Energetiche, la tutela dell’ambiente.

In tale prospettiva “DESTINAZIONE TERRA 2100 – IL FESTIVAL DEI FUTURI POSSIBILI” rappresenta uno degli appuntamenti più importanti in cui lo Studio sarà impegnato: il Festival si svolgerà nelle giornate del 15-16-17 giugno2023 ed avrà l’obiettivo di condividere le conoscenze e le esperienze che le amministrazioni comunali, i professionisti e gli appassionati hanno maturato al fine di facilitare la realizzazione delle Comunità di Energia Rinnovabile (CER).

L’iniziativa nasce dall’esperienza del Comune di Sangano, il quale, insieme al Presidente dell’AGCI Piemonte, agli imprenditori e dai cittadini, ha costituito la prima “Comunità Energetica Cooperativa” in Piemonte.

Le CER, come ormai noto ai lettori dei contributi scientifici dello Studio, sono un modello locale di Comunità finalizzate alla produzione ed all’autoconsumo di energia prodotta da fonti rinnovabili, e per questo sono poste al centro di una strategia finalizzata a raggiungere gli obiettivi europei di decarbonizzazione (entro il 2030) e di autonomia energetica.

La scelta del Comune di Sangano di ricorrere alla forma giuridica “Cooperativa” per la costituzione della CER non è casuale: la Cooperativa può infatti rappresentare il modello ideale per dare slancio alle Comunità di Energia Rinnovabile di iniziativa pubblica e di futura costituzione, valorizzando l’aspetto della cooperazione e della responsabilizzazione dei cittadini.

Il Comune di Sangano, quindi, ha scelto di farsi esempio virtuoso di una nuova forma di Comunità di Energia Rinnovabile, puntando sulla collaborazione attiva dei propri cittadini.

Nel corso del Festival interverranno numerosi relatori, portavoce di realtà e problematiche diverse che interessano la realizzazione di una CER, tra i quali: il Sindaco del Comune di Sangano Alessandro MERLETTI, l’Assessore del Comune di Sangano e responsabile del team Spazio Energia dello Studio Legale Dal Piaz Avv. Alessia CERCHIA, il Magistrato referendario della Corte dei Conti Piemonte Dott.ssa Laura ALESIANI, l’Head of Business&FinanceInnovation dell’Energy Center del Politecnico di Torino Prof. Sergio OLIVERO, il Presidente di CIDIU Servizi Avv. Stefano TIZZANI, e molti Sindaci del territorio e specialisti del settore.

L’Avv. Francesco DAL PIAZ approfondirà in particolare il tema riguardante il rapporto tra il soggetto pubblico e quello privato nei grandi distretti produttivi che intendono costituire una Comunità di Energia Rinnovabile da cabina primaria.

PRIMA “ROAD MAP” DELLA CORTE DEI CONTI (TOSCANA) PER LA COSTITUZIONE DI C.E.R. SOTTO FORMA DI SOCIETÀ PUBBLICHE O PARTECIPATE<br> Corte dei Conti, Sez. Reg. di Controllo per la Toscana, Deliberazione n. 77/2023/PASP

Con la Deliberazione n. 77/2023/PASP, la Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Toscana, traccia una prima “road map” per i Comuni che intendono costituire una Comunità di Energia Rinnovabile (C.E.R.) sotto forma di società pubblica o partecipata, ovvero acquistare quote di società già costituite.

La pronuncia prende in esame, nello specifico, la Deliberazione n. 5 in data 26.01.2023 avente ad oggetto la costituzione della nuova società consortile a responsabilità limitata denominata “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO SCARL”, adottata dal Consiglio comunale di Montevarchi e trasmessa alla Corte nel rispetto di quanto disposto dall’art. 5, comma 3, D. Lgs. n. 175/2016 (T.U.S.P.), unitamente alla bozza di Statuto e dell’Atto costitutivo.

In dettaglio, l’Ente ha deliberato: “… 1) DI COSTITUIRE, nel Comune di Montevarchi, la nuova società consortile a responsabilità limitata denominata “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO Scarl”, ai sensi dell’articolo 2615-ter e dell’articolo 2462 c.c., per le finalità di cui all’art. 31 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 ed in particolare per raggiungere l’obiettivo principale di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità e non quello di realizzare profitti finanziari; 2) DI APPROVARE lo Statuto e l’Atto costitutivo della “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO Scarl (omissis). 3) di PRENDERE ATTO che soci fondatori della società consortile a responsabilità limitata denominata “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO Scarl” risultano essere l’Amministrazione comunale di Montevarchi e la Società Concessionaria – come risultante dall’aggiudicazione definitiva efficace della procedura di gara di evidenza pubblica – che sottoscriveranno l’atto costitutivo ed avranno la proprietà dell’impianto di produzione di energia rinnovabile messo nella disponibilità della Comunità Energetica. 4) DI DEMANDARE al Sindaco del Comune di Montevarchi, quale socio fondatore la sottoscrizione dell’Atto costitutivo della Società consortile “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO Scarl. 5) DI PRENDERE ATTO che il capitale sociale della Società consortile “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO Scarl è di euro 10.000 (diecimila) integralmente versato all’atto della costituzione dai Soci Fondatori (omissis)” (così Deliberazione del Consiglio comunale n. 5/2023).

L’esito della disamina, di ben quaranta pagine, è risultato “parzialmente negativo” rispetto all’adeguatezza delle motivazioni offerte dalla Deliberazione al vaglio dei magistrati contabili, pur assumendo particolare valore quale riferimento da seguire per future iniziative con le medesime finalità.

In particolare, la Corte, pur riconoscendo l’indiscutibile meritevolezza delle finalità generali cui le Comunità Energetiche sono volte, ha ritenuto che le stesse non possono essere considerate di per sé sufficienti “a suffragare le ragioni fondanti la costituzione della società in esame; difatti, nell’esercizio della funzione di controllo sull’atto deliberativo de quo viene in rilievo non la scelta in sé dell’Ente di partecipare ad una comunità energetica rinnovabile, quanto la decisione di conseguire tale obiettivo mediante il ricorso ad un modulo organizzativo di tipo societario”.

I rilievi sollevati nei confronti della Deliberazione del Comune di Montevarchi si sono concentrati, in particolare, sui seguenti punti:

  1. non essendo rinvenibile, nella legislazione europea e nazionale, alcuna disposizione che imponga l’adozione della forma societaria per le Comunità Energetiche, ovvero che esoneri l’Amministrazione procedente dall’onere motivazionale rafforzato di cui agli artt. 5, comma 1 e 4,T.U.S.P.,l’Ente avrebbe dovuto fondare la propria scelta di costituire una Comunità Energetica in forma di società consortile a r.l. “su un analitico scrutinio di coerenza della partecipazione con le proprie finalità istituzionali e sulla necessità del ricorso al modulo societario per il loro perseguimento, evidenziando, altresì, le ragioni giustificative anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria;
  2. l’atto deliberativo avrebbe dovuto offrire idonee motivazioni per ciascuno dei parametri giuridici ed economico-finanziari ex art. 5, comma 1, T.U.S.P. ed in relazione alle caratteristiche proprie delle Comunità Energetiche rinnovabili (es.: natura di soggetto autonomo, libertà delle forme, partecipazione aperta e volontaria, ecc.);
  3. l’oggetto sociale della costituenda società contempla “lo svolgimento anche di attività non immediatamente riconducibili alle finalità istituzionali di un ente comunale” (ad esempio, attività di ricerca); conseguentemente solo alcune attività della C.E.R. sono state ritenute ricollegabili alle funzioni comunali;
  4. è stata rilevata l’assenza integrale di un business plan(o di altra documentazione similare) sulla specifica vicenda di costituzione della C.E.R., con conseguente impossibilità della Corte di compiere qualsiasi valutazione circa la ragionevolezza, la completezza e l’attendibilità dell’operazione, sotto il profilo della sostenibilità finanziaria oggettiva e soggettiva dell’operazione.

*

Pertanto, è opportuno ripercorrere le diverse fasi normative e procedimentali previste dal T.U.S.P., e richiamate dalla Corte, per la costituzione di nuovi soggetti societari da parte delle Amministrazioni Pubbliche, da applicarsi anche in caso di istituzione e gestione delle Comunità Energetiche Rinnovabili.

Il procedimento innanzi alla Corte dei Conti trova la propria disciplina nell’art. 5 del D. Lgs. n. 175/2016, come recentemente modificato dall’art. 11, comma 1, lett. a), L. n. 118/2022 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza), secondo cui l’atto deliberativo di costituzione di una società o di acquisizione di una partecipazione (diretta o indiretta) in una società già costituita deve essere trasmesso dall’Amministrazione Pubblica all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che può esercitare i poteri attribuiti dall’articolo 21-bis della Legge 10 ottobre 1990 n. 287, ed alla Corte dei Conti, che deve deliberare, entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento, in ordine alla conformità dell’atto a quanto disposto dai commi 1 e 2 del medesimo art. 5, nonché dagli artt. 4, 7 e 8, con particolare riguardo alla sostenibilità finanziaria ed alla compatibilità della scelta pubblica con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa.

Il vaglio della magistratura contabile è stato introdotto, in particolare, per soddisfare l’esigenza di “sottoporre a scrutinio i presupposti giuridici ed economici della scelta dell’amministrazione, prima che la stessa venga attuata mediante gli strumenti del diritto privato; ciò in ragione delle rilevanti conseguenze che la nascita di un nuovo soggetto societario o l’intervento pubblico in una realtà già esistente determina sotto molteplici profili” (Deliberazione n. 16/SSRRCO/QMIG/22).

Ai sensi dell’art. 5, commi 1 e 2, T.U.S.P., in particolare, la Corte dei Conti è tenuta a verificare che il provvedimento adottato dall’Amministrazione contenga un’analitica motivazione con riferimento ai seguenti presupposti:

  1. la necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali (cfr. art. 4 T.U.S.P.);
  2. le ragioni e le finalità che giustificano la scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, nonché della gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato;
  3. la compatibilità con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa;
  4. l’assenza di contrasto con le norme dei Trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese.

Inoltre, la magistratura contabile deve valutare che l’atto deliberativo sia stato adottato con le modalità e i contenuti prescritti dagli artt. 7 e 8 del T.U.S.P.

Trattandosi di un parere obbligatorio ma non vincolante, in caso di mancato pronunciamento della Corte entro sessanta giorni l’Amministrazione può procedere alla costituzione o all’acquisizione della società, mentre, in caso di parere in tutto o in parte negativo, ove scelga comunque di procedere, l’Amministrazione è tenuta a rispettare l’onere di motivare analiticamente le ragioni per le quali intende discostarsi dal parere negativo della magistratura contabile e di dare pubblicità, nel proprio sito internet istituzionale, a tali motivazioni.

*

1.L’approvazione della deliberazione consiliare. Accertamenti preliminari.

1.1. La consultazione pubblica sullo schema di atto deliberativo e la compatibilità dell’intervento con le norme dei Trattati europei (art. 5, commi 1 e 2, T.U.S.P.).

Nel caso di specie, il vaglio della Corte dei Conti si è concentrato, in via preliminare, sulla valutazione delle modalità seguite dal comune per l’approvazione della Deliberazione consiliare di costituzione della nuova Società, con particolare riferimento a quanto previsto dall’art. 5, comma 2, seconda parte, del T.U.S.P. secondo cui “Gli enti locali sottopongono lo schema di atto deliberativo a forme di consultazione pubblica, secondo modalità da essi stessi disciplinate”.

Sul punto, la Corte ha precisato che oggetto di valutazione non può essere la semplice “conoscibilità” da parte della cittadinanza del progetto di costituzione di una Comunità Energetica sul territorio comunale (che il Comune ha realizzato mediante la pubblicazione di articoli sulla stampa locale e nazionale e la condivisione sui canali social), quanto l’espletamento della consultazione pubblica su uno specifico atto individuato dal legislatore, ossia lo schema di atto deliberativo di costituzione della società.

Tale previsione è in linea, secondo i magistrati toscani, con la tendenza legislativa (anche europea) di introdurre – per progetti aventi un potenziale impatto sulle comunità amministrate – momenti istituzionalizzati di confronto, dando maggiore effettività al coinvolgimento dei cittadini e dei portatori di interessi rispetto alla realizzazione dello specifico intervento pubblico.

Le modalità attraverso le quali la consultazione pubblica deve avvenire possono essere stabilite a livello nazionale, demandando ad una specifica Autorità/Ministero il compito di adottarle (vedi, ad esempio, il dibattito pubblico ex art. 22 del D. Lgs. n. 50/2016), ovvero rimesse all’autonomia organizzativa e regolamentare degli enti (come in questo caso).

Il Comune, dunque, avrebbe dovuto attivare, con modalità dallo stesso liberamente individuate, forme di consultazione della comunità amministrata sullo schema di atto deliberativo e avrebbe, quindi, dovuto darne piena conoscenza al Consiglio Comunale ed alla Giunta per le valutazioni conseguenti, nonché ai cittadini mediante pubblici avvisi.

Il secondo profilo richiamato dalla Corte dei Conti, con riferimento agli accertamenti prodromici all’approvazione della Deliberazione consiliare in esame, è riferito al rispetto della disciplina prevista dall’art. 5, comma 2, prima parte, del T.U.S.P. secondo cui: “L’atto deliberativo di cui al comma 1 dà atto della compatibilità dell’intervento finanziario previsto con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese”.

Per l’effetto, la valutazione dell’Amministrazione in merito alla compatibilità dell’intervento con le norme dei Trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese (artt. 107 e 108 TFUE) avrebbe dovuto essere supportata da un’adeguata attività istruttoria, “tesa ad evidenziare l’assenza di potenziali rischi di lesione della concorrenza che il legislatore intende presidiare” (cfr., ad esempio, Corte Cost.n. 142/2018).

1.2.  L’accertamento della necessità del ricorso alla forma societaria per il perseguimento delle finalità istituzionali (artt. 4 e 5 T.U.S.P.).

Ai sensi dell’art. 5, comma 1, T.U.S.P. l’atto deliberativo di costituzione di una società ovvero di acquisto di partecipazioni, anche indirette, in società già costituite deve essere analiticamente motivato con riferimento alla necessità della società di perseguire le finalità istituzionali di cui all’art. 4 T.U.S.P. evidenziando, altresì, le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta. Sul punto, la Corte Costituzionale nella sentenza n. 201/2022 ha chiarito che “tale articolata previsione, che impone all’ente di esporre – con un onere “rafforzato” di motivazione soggetto al sindacato giurisdizionale – le ragioni della partecipazione (anche minoritaria), è infatti indicativa di un’ulteriore «cautela verso la costituzione e l’acquisto di partecipazioni di società pubbliche»” (cfr. anche Corte Cost. n. 100/2020).

In particolare, l’art. 4, commi 1 e 2, T.U.S.P. stabilisce che le “amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società”.

La norma statuisce, dunque, che la costituzione di società da parte di soggetti pubblici ovvero l’acquisizione o il mantenimento di partecipazioni societarie sia giustificabile solo se l’oggetto dell’attività sociale – la produzione di beni e servizi – è strettamente necessario al perseguimento delle finalità istituzionali dell’Ente.

A tale vincolo segue, poi, quello introdotto con l’art. 4, comma 2, secondo cui  le società a costituzione e partecipazione pubblica possono svolgere «esclusivamente» le attività ivi espressamente indicate, ovvero: a) produzione di un servizio di interesse generale; b) progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra P.A.; c) realizzazione e gestione di un’opera pubblica o di un servizio d’interesse generale, attraverso un contratto di partenariato; d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti, o allo svolgimento delle loro funzioni; e) servizi di committenza. A tali espresse finalità si aggiunge anche l’espressa ammissibilità di partecipazioni in società aventi per oggetto sociale prevalente la produzione di energia da fonti rinnovabili (art. 4, comma 7).

Quindi, ai fini dell’assolvimento dell’onere motivazionale di cui all’art. 5, comma 1, T.U.S.P., il Comune è tenuto, anzitutto, a valutare e motivare analiticamente la coerenza della partecipazione societaria con le proprie finalità istituzionali (c.d. “principio della funzionalizzazione”) oltre all’indispensabilità dello strumento societario per il conseguimento di tali fini.

La carenza di motivazione contestata, nel caso de quo, al Comune di Montevarchi riguarda la non rinvenibilità di una motivazione analitica riferita al perseguimento delle finalità istituzionali di cui all’art. 4 T.U.S.P.

Invero, l’Ente si sarebbe limitato a richiamare gli obiettivi climatici ed energetici e la disciplina europea e nazionale (legislativa e amministrativa) di settore, affermando che  “il ruolo delle amministrazioni locali assume estrema rilevanza all’interno delle CER, come punto di riferimento iniziale per la nascita della CER, per essere considerati enti aggregatori di tutta la comunità territoriale”, senza offrire, ad avviso dei magistrati contabili “alcun puntuale ancoraggio della decisione di costituire la società alle finalità enucleate nell’art. 4 del T.U.S.P.”.

Sul punto, la Corte ha riconosciuto che la partecipazione dei cittadini, degli operatori economici privati e delle autorità locali a progetti nell’ambito delle energie rinnovabili attraverso le Comunità Energetiche può comportare un notevole valore aggiunto in termini di diffusione di tali fonti di produzione a livello locale e di accesso a capitali privati aggiuntivi, con incremento degli investimenti sul territorio, delle possibilità di scelta per i consumatori, nonché di una maggiore partecipazione dei cittadini alla transizione energetica (cfr. anche il Considerando n. 70 della Direttiva (Ue) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio in data 11 dicembre 2018).

Ciononostante, i magistrati contabili hanno precisato che “le finalità meritorie, cui le comunità energetiche sono volte, non possono tuttavia ritenersi di per sé sufficienti a suffragare le ragioni relative alla costituzione della società in esame. A conforto di ciò milita, in primo luogo, il dato testuale: nessuna previsione della legislazione europea e nazionale, né il T.U.S.P. esonerano l’Amministrazione procedente dall’onere motivazionale rafforzato di cui all’art. 5, comma 1, e all’art. 4 T.U.S.P. Le valutazioni devono essere quindi condotte avendo riguardo allo specifico oggetto sociale della società costituenda e non al “modello astratto” di comunità energetica, coniato dal legislatore.”.

Inoltre, dalla disamina dello Statuto della società è stato rilevato che la C.E.R. Montevarchi – Valdarno S.c.a.r.l. avrebbe previsto lo svolgimento di attività ulteriori rispetto a quelle proprie delle Comunità Energetiche (“La Società consortile potrà svolgere anche le seguenti attività, sia direttamente che mediante terzi: la promozione e la collaborazione nell’ambito di attività di ricerca, anche in collaborazione con istituzioni scientifiche e accademiche, su tematiche coerenti con il proprio oggetto sociale; (omissis) il supporto alle attività di ricerca nel settore delle fonti energetiche rinnovabili, anche in collaborazione con enti e istituzioni pubblici e privati; la pianificazione territoriale per l’energia, anche a beneficio di altri enti territoriali, azioni per la promozione di politica energetica sui territori, messa in opera e assistenza di progetti pilota per la valorizzazione delle Fonti Energetiche Rinnovabili (F.E.R.)”. Veniva sottolineato altresì che l’assenza di una chiara distinzione tra le attività principali (o prevalenti) e quelle sussidiarie non consentiva di sussumere con un sufficiente grado di certezza l’operazione in una delle attività di cui all’art. 4 del T.U.S.P., richiamando, a titolo esemplificativo, alcune previsioni statutarie.”).

Sul punto, la Corte dei Conti chiarisce che, sebbene l’art. 31 del D. Lgs. n. 199/2021 non richieda una “distinzione tra attività principali e sussidiarie”, il vaglio della stessa Corte deve essere finalizzato a ricostruire l’iter logico-motivazionale dell’Ente “ai fini della sussunzione dell’operazione societaria in una delle fattispecie normative di cui all’art. 4 del T.U.S.P, tra le quali figura anche quella di cui al comma 7, 2° parte. Quest’ultima fattispecie, però, si ritiene integrata solo qualora la produzione di energia da fonti rinnovabili costituisca l’oggetto sociale prevalente della società; da qui, l’importanza di comprendere se lo Statuto disponesse una gradazione della rilevanza delle attività in esso elencate”.

Per l’effetto, è stato rilevato che la produzione di energia da fonti rinnovabili – qualificata in giurisprudenza come attività d’interesse pubblico (cfr., Cons. St., sez. VI, n. 1201/2016; Cons. St., sez. IV, n. 2983/2021; Cons. St., sez. IV, n. 2242/2022) – la condivisione, l’accumulo e la vendita della stessa – purché avvenga nel rispetto dell’art. 31 del D. Lgs. n. 199/2021 – ed alcune attività connesse (quali: gestire i rapporti con il GSE; monitorare produzione e consumi dei propri soci con finalità di verifica e rendicontazione; accedere agli incentivi e ai rimborsi connessi alla condivisione dell’energia tra i soci) sono da ritenersi tendenzialmente in linea con le attività delle Comunità Energetiche ex art. 31 D. Lgs. n. 199/2021.

Invero, tali attività ben possono assolvere ad una finalità pubblica purché la motivazione dimostri “che si tratta di attività di produzione e fornitura di un bene (nel caso di specie, l’energia elettrica) che, in relazione al territorio di riferimento, non sarebbe svolta dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbe espletata a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, e che il Comune, nell’ambito delle competenze attribuite dalla legge (cfr. art. 3 e 13 del d.lgs. n. 267 del 2000), assume come necessaria per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento” (es. Corte dei Conti, Sez.Reg. di Controllo per la Lombardia, Deliberazione n. 201/2017/PAR).

A diversa conclusione è, invece, pervenuta la Corte con riguardo allo svolgimento delle attività di ricerca (e quelle ad essa connesse), previste dallo Statuto della C.E.R. Montevarchi – Valdarno S.c.a.r.l., poiché tali attività non risulterebbero immediatamente riconducibili alle finalità istituzionali di un Ente comunale.

Criticità sono emerse, in sede istruttoria, anche in ordine alla necessaria motivazione analitica circa l’infungibilità dello strumento societario e, in particolare, del tipo “società consortile a responsabilità limitata” rispetto ad altri moduli organizzativi previsti per Legge, oltre che sulla “partecipazione pulviscolare” da parte dell’Ente locale alla costituenda C.E.R., in quanto inidonea a consentire all’Ente di incidere sugli indirizzi gestionali, con conseguenti dubbi sulla compatibilità di tali partecipazioni con l’impianto del D. Lgs. n. 175/2016 in termini di stretta necessità del modulo societario.

La complessità della scelta di una forma giuridica coerente con le finalità di Comunità Energetiche caratterizzate dalla partecipazione di Enti locali è certamente aggravata dal quadro regolamentare di riferimento, caratterizzato dalla sovrapposizione di una pluralità di disposizioni legislative di cui alcune riferibili alle caratteristiche proprie del modello astratto “Comunità Energetiche Rinnovabili”, altre di portata generale prescritte dal T.U.S.P., ma tutte cogenti per le Amministrazioni procedenti non essendo previsto alcun regime derogatorio delineato dal legislatore.

In particolare, nel caso de quo è stato rilevato che il Comune si sarebbe limitato a ritenere che “la forma associativa società consortile a responsabilità limitata Scarl sia lo strumento idoneo a rispondere alla duplice esigenza di unitarietà d’azione fra soci e miglior coordinamento e sinergia nelle attività di indirizzo e controllo, nonché di agevolare il reperimento di risorse finanziarie senza gravare sulla finanza pubblica”.

Secondo i magistrati, tuttavia, l’esigenza di garantire (e motivare analiticamente) il rispetto della disciplina di settore in materia di C.E.R. (es. art. 31 D. Lgs. n. 199/2021) così come di quella generale in materia di società pubbliche (es.D. Lgs. n. 175/2016) rende necessario l’esperimento di una valutazione volta ad accertare se il modulo organizzativo societario sia il modello strettamente necessario per la Comunità Energetica (anche considerato il  principio di neutralità della “forma” coniato dalla legislazione europea e replicato in quella nazionale),e quindi ad individuare il “tipo” societario – tra quelli consentiti dall’art. 3, comma 1, T.U.S.P. – più funzionale alle esigenze emergenti nel caso concreto (ossia, nella fattispecie, le caratteristiche proprie di una Comunità Energetica), in base alla normativa di settore (ad esempio, autonomo soggetto giuridico, principio di libera entrata e uscita dei membri della Comunità, ecc.).

Tali valutazioni dell’Ente, devono, inoltre, essere integralmente riportate nell’atto deliberativo, eventualmente anche attraverso la tecnica della motivazione per relationem.

1.3. La scelta della veste giuridica delle C.E.R. e le criticità della forma consortile prescelta dal Comune di Montevarchi.

Al fine di procedere alla necessaria valutazione circa l’indispensabilità della partecipazione societaria, la Corte dei Conti ha ritenuto opportuno muovere dalla considerazione che la disciplina europea, nazionale e regionale in materia non hanno indicato espressamente alcuna “veste giuridica” da attribuire alle C.E.R., lasciando così libertà di forme, ma determinando, al contempo, un onere di motivazione particolarmente stringente in capo alle Pubbliche Amministrazioni.

Secondo il Collegio, peraltro, la scelta adottata dal Comune di Montevarchi di ricorrere alla forma della Società consortile a responsabilità limitata (S.c.a.r.l.) solleverebbe vari dubbi di ammissibilità, proprio in considerazione delle caratteristiche strutturali tipiche del prototipo “Comunità Energetica Rinnovabile”.

Invero, i magistrati contabili hanno sottolineato le criticità della forma societaria consortile nel garantire la partecipazione libera e volontaria dei membri della comunità, considerato che ai sensi dell’art. 2615-ter c.c. tali forme societarie hanno, come scopo sociale, quello tipico del contratto di consorzio ex art. 2602 c.c. (es. l’istituzione di un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese) e che l’atto costitutivo può stabilire l’obbligo dei soci di versare contributi in denaro (cfr. art. 2615-ter, comma 2, c.c.).

Il Collegio ha osservato che le società consortili ex art. 2615 ter c.c., in forma di S.r.l. o di società azionaria, sono strutture societarie cd. “a capitale fisso”. In queste fattispecie, l’ingresso dei nuovi soci può avere luogo solo attraverso (i) il trasferimento della partecipazione già in circolazione in quanto detenuta da un socio, ovvero (ii) la delibera di aumento di capitale anche mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi e sottoscrizione dello stesso (o di una parte) ad opera del nuovo socio, da liberarsi mediante conferimento in denaro o natura, con modifica dell’atto costitutivo. In tale ultimo caso e con specifico riguardo alla società a responsabilità limitata, l’ingresso di nuovi soci nella compagine sociale potrebbe trovare un ostacolo nell’esercizio, da parte di uno o più quotisti, del diritto di opzione (diritto di sottoscrizione) riconosciuto dall’art. 2481-bis c.c. a tutela del carattere personalistico della società a responsabilità limitata.

Le regole di “ingresso” di nuovi soci nella compagine sociale dettate per le società a capitale fisso non sembrano, dunque, per i magistrati contabili, idonee a garantire il principio della partecipazione aperta e volontaria prevista, nel quadro delineato dal legislatore nazionale ed europeo, per il modello delle C.E.R. concepite espressamente come “un’entità giuridica autonoma caratterizzata da un alto livello di fluidità in ingresso e uscita dei soci, con una significativa riduzione degli oneri amministrativi”.

Quindi, secondo la Corte, il Comune avrebbe dovuto effettuare un’analisi comparata con altri modelli organizzativi, potenzialmente più funzionali rispetto alle caratteristiche della costituenda Comunità Energetica. Al contrario, il Comune ha cercato di “piegare” la forma tipica della società cortile prescelta alla natura delle Comunità Energetiche, mediante l’introduzione di norme tipiche dei modelli propri delle società cd. a capitale variabile, quali le società cooperative che hanno scopo mutualistico. Per queste ultime, in particolare, l’art. 2528 c.c. disciplina le modalità d’ingresso dei nuovi soci, informandole al principio delle cd. “porte aperte”.

Nelle forme della cooperativa, invero, la mancanza di una determinazione fissa del capitale sociale consente l’ingresso di un nuovo socio nella compagine sociale senza dover procedere ad una modifica dell’atto costitutivo, essendo allo scopo sufficiente l’adozione di apposita deliberazione da parte degli amministratori, a seguito della domanda dell’interessato.

L’art. 2528 c.c., tuttavia, non può trovare applicazione alla società consortile ex art. 2615-ter c.c., che rinvia espressamente alla disciplina del tipo prescelto (S.r.l. o società azionaria). L’inserimento nello Statuto di clausole tipiche di differenti forme societarie, dunque, porta a “snaturare” i connotati fondamentali del tipo societario prescelto, rendendone dubbia la riconoscibilità rispetto al corrispondente modello legale.

Analoghe considerazioni sono state svolte dai magistrati contabili con riferimento alle previsioni statutarie che introducono un regime di responsabilità dei soci non in linea con la struttura del “tipo” prescelto, dotato di personalità giuridica e di autonomia patrimoniale perfetta. Il riferimento è, in particolare, alla previsione statutaria secondo cui “Per le obbligazioni assunte dagli organi sociali per conto dei singoli soci, questi ultimi ne rispondono in proprio in via esclusiva”.

Da ultimo, il Collegio ha osservato che al Comune è stato riservato, a livello statutario, l’acquisto di una partecipazione “pulviscolare” nella C.E.R. Montevarchi-Valdarno S.c.a.r.l., posto che la società è sottoposta al controllo di diritto dell’altro socio Energy Montevarchi S.r.l. per il 99,99% delle quote.

Sebbene la titolarità di una simile partecipazione pulviscolare sia stata ritenuta ammissibile dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale(sul punto cfr. Corte Cost., sentenza n. 201/2022), la scelta impone di motivare in modo ancora più rigoroso la determinazione assunta dall’Ente, posto che l’esiguità della partecipazione renderebbe impossibile qualunque intervento concreto sulle decisioni della società ed una reale influenza per il conseguimento del c.d. fine pubblico; né potrebbe essere sanata, secondo la Corte, dalle previsioni statutarie che attribuiscono al Comune la designazione di due componenti del Consiglio di Amministrazione (Presidente e consigliere di amministrazione).

*

2. I parametri “economici” del controllo ed il perimetro di sindacato della Corte dei Conti (art. 5, commi 1 e 3, T.U.S.P.).

Tra i profili di carattere economico-finanziario che, in base all’art. 5, commi 1 e 3, T.U.S.P. devono integrare il tessuto motivazionale degli atti in questione, un ruolo centrale è rivestito dai principi di sostenibilità finanziaria e convenienza economica, cui si collegano le valutazioni relative alle possibilità alternative della gestione diretta o esternalizzata e alla compatibilità della scelta comunale con i principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa. Rispetto a tali requisiti l’Amministrazione è chiamata ad effettuare i necessari approfondimenti istruttori, che devono sorreggere la scelta e confluire nella motivazione analitica dell’atto deliberativo conclusivo.

Il Collegio ha rilevato che, in tali ambiti, l’Amministrazione esercita un potere caratterizzato da “discrezionalità tecnica”, essendo chiamata a fare applicazione di criteri, regole e canoni propri di conoscenze specialistiche diverse dalla scienza giuridica, richiamati in modo diretto dalle norme. Nel caso di specie, in particolare, è stato ritenuto necessario fare riferimento ai giudizi tecnici basati su competenze del settore aziendalistico e finanziario, caratterizzati da margini di opinabilità in quanto non suffragati da scienze esatte o da relazioni universalmente accettate.

Con particolare riguardo al sindacato della magistratura contabile sui parametri economici, le Sezioni Riunite in sede di Controllo, nella Deliberazione n. 16/SSRRCO/2022/QMIG, hanno enunciato il seguente principio di diritto: “nell’esame previsto dall’art. 5, comma 3, del TUSP sui parametri della sostenibilità finanziaria e della compatibilità della scelta con i princìpi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa, la competente Sezione della Corte dei conti verifica la completezza e l’adeguatezza degli approfondimenti condotti dall’amministrazione, anche in ragione della complessità dell’operazione sottoposta ad esame, nonché l’affidabilità e attendibilità delle stime effettuate, ai fini di una valutazione complessiva di coerenza, ragionevolezza e compatibilità delle conclusioni cui perviene l’amministrazione”.

2.1. Onere analitico di motivazione della sostenibilità finanziaria (art. 5, commi 1 e 3, TUSP).

Con riferimento al parametro della “sostenibilità finanziaria”, le Sezioni Riunite in sede di Controllo, con Deliberazione n. 16/SSRRCO/2022/QMIG, hanno affermato che “il concetto di sostenibilità finanziaria assume una duplice accezione: una di tipo oggettivo, concernente le caratteristiche proprie dell’operazione di investimento societario che l’amministrazione intende effettuare; l’altra di carattere soggettivo, tesa a ponderarne gli effetti in relazione alla situazione finanziaria specifica dell’ente pubblico interessato”.

La sostenibilità finanziaria oggettiva si riferisce alla capacità della società di garantire, in via autonoma ed in un adeguato lasso temporale di previsione, l’equilibrio economico-finanziario attraverso l’esercizio delle attività che ne costituiscono l’oggetto sociale.

Tra gli strumenti cui l’Amministrazione pubblica, nell’ambito del proprio iter istruttorio, deve fare ricorso rientra, senza dubbio, la realizzazione di un approfondito business plan(o forme analoghe di analisi di fattibilità) dell’attività di impresa che si intende avviare o proseguire.

Nel documento devono essere riportati, in particolare, tutti gli elementi descrittivi dell’operazione societaria che si intende eseguire: nel caso di acquisto di partecipazioni, è necessario un quadro della società in cui si intende investire, con l’evoluzione operativa ed economica degli ultimi esercizi; nel caso di costituzione di nuova società, è richiesta la definizione delle linee generali del progetto, con particolare riferimento al contesto del mercato di riferimento in termini di domanda potenziale e di offerta già esistente, ed al posizionamento strategico che la società si prefigge di conseguire.

Le Sezioni Riunite in sede di Controllo, con Deliberazione n. 16/SSRRCO/2022/QMIG, hanno precisato che “tali elementi costituiscono le ipotesi di fondo sulla base delle quali devono essere sviluppate le previsioni finanziarie, sia di conto economico (quindi riportando le stime dei costi e dei ricavi) sia relative ai cash flow complessivi, ossia ai flussi finanziari derivanti dalle varie aree gestionali (attività operativa, attività di investimento e attività di finanziamento come definiti nel principio contabile OIC 10 “Rendiconto finanziario”). Parimenti, l’esercizio di previsione deve riguardare la situazione patrimoniale prospettica della società che ci si accinge a costituire o partecipare, delineandone l’evoluzione delle attività (liquide, correnti o immobilizzate) e delle relative fonti di finanziamento (passività e patrimonio netto)”.

Le previsioni dello studio di fattibilità devono essere accompagnate da apposite note esplicative che, nel rispetto dei principi di trasparenza e chiarezza, ne espongono le ipotesi di sviluppo. In particolare, la Corte ritiene che debba essere esplicitata la natura dei ricavi (es. se consistenti in trasferimenti pubblici o ricavi da prestazioni di beni e servizi) e la relativa struttura (es. le ipotesi circa la determinazione del fatturato in termini di volumi ed i prezzi dei prodotti/servizi resi) e descritta la composizione ed evoluzione dei costi, sia variabili sia fissi, con specifico riguardo a quelli strutturali, quali le esigenze di personale e gli oneri finanziari, anche al fine di mettere in luce il momento di pareggio aziendale (c.d. “break even point”) in cui il flusso atteso di ricavi sia in grado di garantire la copertura dei costi complessivi stimati.

Nella prospettiva della trasparenza e della semplificazione, le proiezioni economico-finanziarie del business plan possono essere, inoltre, accompagnate dall’elaborazione di alcuni indicatori di bilancio, idonei ad offrire informazioni sui principali aspetti gestionali, tra cui la redditività, la liquidità e l’indebitamento, oltre ad individuare i rischi principali legati all’iniziativa in grado di incidere sulle proiezioni finanziarie sviluppate.

La verifica realizzata dalla Corte dei Conti sul piano finanziario sviluppato dall’Amministrazione deve valutarne espressamente la completezza e l’adeguatezza di approfondimento.

Sul punto, le Sezioni Riunite in sede di Controllo, con Deliberazione n. 16/SSRRCO/2022/QMIG, hanno precisato che “il requisito della completezza implica la verifica che l’istruttoria condotta dall’amministrazione contenga tutti gli elementi informativi per la comprensione del progetto deliberato. Il parametro dell’adeguatezza, invece, si riferisce alla valutazione dell’intensità degli approfondimenti istruttori richiesti, da modularsi in chiave proporzionale rispetto al grado di complessità dell’operazione societaria deliberata. Ulteriori profili di scrutinio ad opera della competente sezione di controllo della Corte dei conti attengono all’affidabilità e attendibilità del Business Plan o di altra documentazione istruttoria relativa alla fattibilità economico-finanziaria dell’operazione. Il criterio dell’affidabilità attiene al 31 procedimento per la formulazione delle proiezioni del piano, sotto il profilo dei dati utilizzati e del metodo di elaborazione; quello dell’attendibilità, invece, postula una valutazione complessiva di coerenza, ragionevolezza e compatibilità delle conclusioni che l’amministrazione trae in merito alla sostenibilità finanziaria dell’operazione. Nel caso di acquisizione di partecipazioni in realtà societarie già esistenti, il giudizio di attendibilità dovrà altresì tenere in considerazione la coerenza delle previsioni formulate con i dati di bilancio disponibili per il passato”.

A partire dalla menzionata pronuncia, i magistrati contabili toscani hanno rilevato che il Comune di Montevarchi non sarebbe stato in grado di offrire alcuna documentazione finanziaria sulla fattibilità economica dell’operazione e, conseguentemente, hanno ritenuto che l’atto deliberativo fosse privo anche dei minimi elementi motivazionali circa la sostenibilità finanziaria dell’operazione di costituzione della Comunità Energetica.

Né è stato ritenuto possibile ovviare alla carenza delle predette valutazioni con il richiamo fatto dal Comune alla documentazione relativa alla procedura di affidamento mediante Partenariato Pubblico Privato ex art. 180 e ss. D. Lgs. n. 50/2016 disposta per “la realizzazione di impianti di produzione da fonti energetiche rinnovabili e di una comunità energetica rinnovabile nel Comune di Montevarchi” e, in particolare, alla Relazione al Piano Economico Finanziario (cd. PEF).

In tale documento, infatti, non è previsto alcuno studio di fattibilità specifico sulla costituzione della C.E.R. Montevarchi Valdarno S.c.a.r.l. né alcuna valutazione economica: i riferimenti alla Comunità Energetica sono stati effettuati solo da un punto di vista tecnico-operativo, prescindendo dalle specifiche caratteristiche economico-finanziarie della società.

Pertanto, il Collegio ha ritenuto opportuno porre  l’attenzione degli operatori sull’imprescindibile rilevanza che lo studio di fattibilità assume, in quanto perno centrale di ogni valutazione sulla sostenibilità finanziaria di un’operazione societaria, e sulla necessità che lo stesso sia tale da consentire all’Amministrazione interessata di acquisire ogni elemento utile per l’assunzione di decisioni ben ponderate, anche in ordine al contesto del mercato di riferimento, in termini di domanda potenziale e di offerta già esistente,  al posizionamento strategico che la società si prefigge di conseguire, ai “ricavi” e ai ”costi”; elementi che non possono essere sottovalutati anche al fine di garantire l’adeguata capitalizzazione della società, nel rispetto del dibattuto principio della “congruità del capitale sociale” per il conseguimento dell’oggetto sociale.

Invero, sebbene l’evoluzione giurisprudenziale e normativa abbiano progressivamente portato a ritenere che l’entità del capitale sociale iniziale non costituisca, di per sé, un indice decisivo per valutare la possibilità di conseguimento dell’oggetto sociale, nel caso di società pubbliche – anche in considerazione dei peculiari regimi cui ogni finanziamento deve essere informato (es. disciplina in materia di aiuti di stato, divieto di soccorso finanziario, ecc.) -occorre ritenere  che “un elemento da cui ex ante può desumersi un difetto di motivazione sotto il profilo della adeguata valutazione sulla sostenibilità finanziaria, è quello di una evidente sottocapitalizzazione della società che l’ente intende costituire. Una società c.d. sottocapitalizzata ha in sé il rischio che la stessa, per esercitare la sua attività d’impresa, dovrà ricorrere a indebitamento presso soggetti terzi che, a loro volta, erogheranno il finanziamento solo a fronte di rilascio di garanzie personali e/o reali da parte dell’Amministrazione socia” (cfr., Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia, Deliberazioni nn. 215/2022/PASP e 161/2022/PASP).

Sulla base delle menzionate considerazioni, dunque, la Corte dei Conti ha richiamato l’attenzione degli operatori sulla necessità di dare piena applicazione alla previsione dell’art. 5 T.U.S.P., ponendo alla base delle eventuali decisioni di acquisizione di partecipazioni o di costituzione di nuove società una robusta analisi economico-finanziaria sulla fattibilità dell’operazione.

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La sostenibilità finanziaria soggettiva dell’operazione di costituzione o di acquisto di partecipazioni societarie deve essere valutata con riguardo alla situazione specifica dell’Amministrazione procedente.

Nel caso de quo, in particolare, il Collegio ha rilevato che l’operazione prevista dal Comune produrrebbe un esborso esiguo a carico del bilancio dell’ente, posto che la partecipazione detenuta dallo stesso è stata quantificata nello 0,01 per cento. Ciononostante, i magistrati hanno ritenuto che l’istruttoria condotta dal Comune non consenta di escludere effetti finanziari indiretti per l’Ente, dovuti all’applicazione di alcune clausole statutarie non pienamente in linea con i principi di sana gestione finanziaria, tra cui – ad esempio – la possibilità prevista dallo Statuto che la società richieda ai propri soci contributi annuali, determinati dall’Assemblea dei Soci su proposta del Consiglio di Amministrazione.

Sebbene lo statuto preveda che per i soggetti pubblici tali contributi siano determinati nei limiti previsti dalla legge e dai rispettivi ordinamenti e bilanci, la Corte ha osservato che nel caso di società pubbliche tale clausola dovrebbe essere accompagnata dall’opportuna fissazione, da parte del socio pubblico, di preventivi limiti alla possibilità di una contribuzione in corso d’esercizio. Invero, tali contributi, seppur legittimi, potrebbero comportare un’ulteriore esposizione finanziaria dell’Ente socio e risultare potenzialmente elusivi del principio di divieto del c.d. “soccorso finanziario” di cui all’art. 14, comma 5, T.U.S.P.; inoltre se “l’entità del contributo non sia ancorata a criteri predeterminati, ma venga deliberata dall’Assemblea dei soci su proposta del Consiglio di Amministrazione(la stessa – n.d.r.) genera ulteriori incertezze sull’esposizione dell’Ente e potrebbe, in ultima istanza, alterare il principio dell’autonomia patrimoniale perfetta”.

Allo stesso modo, la Corte ha rilevato l’assenza di qualsiasi valutazione in ordine alla potenziale esposizione del socio (pubblico) in caso di perdita di esercizio che riduca il capitale sociale di oltre 1/3 ovvero in caso di perdite superiori al capitale sociale, nella parte in cui lo Statuto della C.E.R. prevede che al verificarsi di simili perdite vi provvedano “i due soci fondatori in maniera proporzionale alla propria quota di capitale sociale”.

Sebbene il Comune di Montevarchi detenga una partecipazione esigua, ad avviso della Corte l’inserimento di una simile clausola non sarebbe in linea con il principio del divieto di soccorso finanziario, posto che  le operazioni di ricapitalizzazione per coprire perdite societarie strutturali potrebbero influire negativamente sui bilanci pubblici, compromettendone la sana gestione finanziaria, oltre che confliggere con le disposizioni dei Trattati europei (art. 106 TFUE) che escludono che soggetti operanti nel mercato comune possano beneficiare di diritti speciali o esclusivi, o comunque di privilegi in grado di alterare la concorrenza “nel mercato”.

2.2. Onere analitico di motivazione della convenienza economica e di compatibilità della scelta con i principi di efficienza, efficacia ed economicità.

La motivazione analitica dell’atto deliberativo deve offrire le ragioni di convenienza economica poste a fondamento della scelta di fare ricorso allo strumento societario, anche in ipotesi di costituzione di C.E.R., e deve essere idonea a spiegare sia la funzionalità della soluzione prescelta rispetto alle esigenze ed agli obiettivi dell’Amministrazione (efficacia) sia il corretto impiego delle risorse pubbliche (efficienza ed economicità).

Rispetto al principio dell’efficacia, in particolare, la motivazione deve rendere note le finalità perseguite mediante lo strumento societario, non solo sotto il profilo della redditività del capitale investito espressa nello studio di fattibilità ma anche con riguardo ai vantaggi conseguibili in termini di obiettivi di policy, “eventualmente sintetizzabili in indicatori di output e outcome”.

Per i profili di efficienza ed economicità, l’art. 5, comma 1, T.U.S.P. stabilisce espressamente che la valutazione realizzata dal Comune deve avere ad oggetto il confronto con altre soluzioni gestionali, come la gestione diretta o la completa esternalizzazione mediante affidamento del servizio, ove tali strade siano percorribili, anche mediante la comparazione tra i benefici ed i costi attualizzati delle singole soluzioni possibili.

Nella direzione della valutazione di convenienza economica, dunque, lo scrutinio dell’atto deliberativo deve essere finalizzato ad accertare che l’istruttoria dell’Amministrazione abbia confrontato i risultati economici prevedibilmente derivanti dalle varie forme di gestione possibili, tenendo conto della qualità del servizio erogato e del diverso grado di efficienza nello svolgimento attraverso l’uno o l’altro strumento, mediante un calcolo dettagliato dei costi e dei benefici di ciascuno di essi.

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Le valutazioni offerte dalla Corte dei Conti, Sez. Reg. di Controllo per la Toscana, nella Deliberazione n. 77/2023/PASP aprono, certamente, scenari non rassicuranti per gli operatori del settore e per tutte le Amministrazioni Pubbliche, in primis gli Enti locali, che intendano farsi promotori, in via diretta, della costituzione di nuove Comunità Energetiche.

Certamente, non può che ritenersi indispensabile un intervento legislativo finalizzato a chiarire gli spazi di intervento per le Amministrazioni e, ove la loro presenza all’interno delle forme societarie costituite per la gestione delle C.E.R., sia ritenuta auspicabile se non necessaria (come sembrerebbe desumersi dalle posizioni assunte dal legislatore nazionale ed europeo), potrebbe rendersi necessario un intervento normativo finalizzato ad alleggerire gli oneri motivazionali richiesti dal T.U.S.P. o, in ogni caso, ad offrire chiarimenti espressi in merito alla forma giuridica da ritenersi più congrua alle costituente Comunità Energetiche ed agli obiettivi pubblici da perseguire.

IL DECRETO M.A.S.E.:L’ “AUSPICATA” DIROMPENTE DIFFUSIONE DELLE COMUNITA’ ENERGETICHE RINNOVABILI

In data 23 febbraio 2023 il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (M.A.S.E.) ha comunicato di aver avviato l’iter con l’Unione Europea sulla proposta di Decreto che incentiva la diffusione di forme di autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. La proposta dovrà ora attendere il via libera della Commissione UE necessario per la sua entrata in vigore[1].

Si tratta di un provvedimento molto atteso che, nelle intenzioni del Ministero dell’Ambiente, si propone di promuovere la diffusione sull’intero territorio nazionale delle Comunità di Energia Rinnovabile (C.E.R.), considerate fonte di sviluppo economico sostenibile e di coesione sociale, ponendole al centro di una strategia finalizzata a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione (entro il 2030) e di autonomia energetica.

Al fine di perseguire tali obiettivi, il Decreto istituisce un regime di aiuto per il sostegno, nell’intero territorio nazionale, delle C.E.R. e delle configurazioni di autoconsumo singolo e collettivo.

Pertanto, in attuazione del disposto dell’art. 8 e dell’art. 14, comma 1, lett. e) del D.Lgs. n. 199/2021, sono state definite le modalità di incentivazione per sostenere l’energia elettrica prodotta da impianti a fonti rinnovabili inseriti in configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell’energia rinnovabile, nonché i criteri e le modalità per la concessione dei contributi previsti dalla Missione 2, Componente 2, Investimento 1.2 (Promozione rinnovabili per le comunità energetiche e l’autoconsumo) del PNRR.

I contenuti della proposta di Decreto del M.A.S.E.

La proposta è incentrata su due misure: un incentivo in tariffa sulla quota di energia condivisa da impianti a fonti rinnovabili (con potenza massima agevolabile di 5GW entro il 31 dicembre 2027) e un contributo a fondo perduto fino al 40% dei costi ammissibili per lo sviluppo delle Comunità Energetiche, attraverso la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili nei Comuni fino a 5.000 abitanti (potenza agevolabile almeno pari a 2GW fino al 30 giugno 2026).

I benefici previsti riguardano tutte le tecnologie rinnovabili, quali ad esempio il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e le biomasse.

I soggetti beneficiari degli incentivi in tariffa sono le configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell’energia rinnovabile[2], tra cui rientrano le Comunità Energetiche Rinnovabili. Gli impianti a fonti rinnovabili, inclusi i potenziamenti, inseriti nelle predette configurazioni devono possedere una potenza nominale massima del singolo impianto o dell’intervento di potenziamento non superiore a 1 MW (limite derogabile per le sole C.E.R. costituite dal Ministero della Difesa, dal Ministero dell’Interno, dal Ministero della Giustizia e dagli Uffici Giudiziari, nonché dalle Autorità di Sistema Portuale). Inoltre, gli impianti di produzione ed i punti di prelievo inclusi nelle configurazioni devono essere connessi alla rete di distribuzione tramite punti di connessione facenti parte dell’area sottesa alla medesima cabina primaria. Con riferimento ai requisiti di accesso agli incentivi, la proposta di Decreto specifica che le Comunità Energetiche Rinnovabili devono risultare regolarmente costituite alla data di presentazione della domanda di accesso agli incentivi.

Non è consentito l’accesso agli incentivi, in particolare, alle imprese in difficoltà secondo la definizione riportata nella Comunicazione della Commissione Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà.

Alla quota di energia condivisa nell’ambito delle configurazioni di autoconsumo attraverso la porzione di rete di distribuzione sottesa alla medesima cabina primaria è attribuita una tariffa incentivante in forma di tariffa premio. La proposta di decreto prevede tre fasce di incentivi: per gli impianti di potenza superiore a 600 kW la tariffa è composta da un importo fisso di 60 euro per megawattora più una parte variabile che non può eccedere il valore di 100 €/MWh; per gli impianti di potenza maggiore di 200 kW e fino a 600 kW l’importo fisso è di 70 euro più un premio che non può eccedere il valore di 110 €/MWh; infine, per gli impianti di potenza minore o uguale a 200 kW l’importo fisso è di 80 euro più un premio che non può eccedere il valore di 120 €/MWh.

Inoltre, è previsto un fattore di correzione della tariffa per impianti fotovoltaici per tenere conto dei diversi livelli di insolazione, in base all’area geografica: 4€/MWh in più per le Regioni del Centro (Lazio, Marche, Toscana, Umbria e Abruzzo) e 10€/MWh in più per quelle del Nord (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto).

Gli incentivi possono essere cumulati con contributi in conto capitale nella misura massima del 40 %. Nei casi in cui è prevista l’erogazione di un contributo in conto capitale la tariffa spettante subirà una decurtazione, con applicazione di uno specifico fattore di riduzione[3].

Il periodo di diritto alla tariffa incentivante decorre dalla data di entrata in esercizio commerciale dell’impianto ed è pari a 20 anni.

La domanda di accesso alle tariffe incentivanti è presentata entro i 90 giorni successivi alla data di entrata in esercizio degli impianti esclusivamente tramite il sito del GSE (Gestore dei Servizi Energetici). La domanda deve essere corredata dalla documentazione prevista per la verifica del rispetto dei requisiti di accesso sulla base delle regole operative che saranno fissate con un Decreto del Ministero da approvare entro 30 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento. Il GSE, accertata la completezza della documentazione trasmessa, ed in caso di esito positivo della verifica del rispetto dei requisiti di accesso, attribuisce la tariffa incentivante.

I beneficiari della misura PNRR prevista dall’art. 14, comma 1, lett. e) del D. Lgs. n. 199/2021 sono le Comunità Energetiche Rinnovabili ed i sistemi di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili ubicati in Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. Tale misura permette l’erogazione di contributi in conto capitale fino al 40 % dei costi ammissibili per lo sviluppo delle Comunità Energetiche attraverso la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili.

Condizione per beneficiare del contributo in conto capitale è che l’avvio dei lavori per gli impianti a fonti rinnovabili, inclusi i potenziamenti, inseriti all’interno delle configurazioni sia successivo alla data di presentazione della domanda di contributo da parte del soggetto beneficiario. Gli impianti ammessi al contributo devono entrare in esercizio entro 18 mesi dalla data di presentazione della richiesta e comunque non oltre il 30 giugno 2026.

Il GSE eroga il beneficio fino al 90 % del contributo massimo accordato, suddividendolo in più quote, in relazione allo stato di avanzamento dei lavori, sulla base delle spese effettivamente sostenute e documentate. La prima quota è erogata al completamento del 30% dei lavori. La quota a saldo, pari al 10% del contributo totale, è erogata sulla base della presentazione al GSE della richiesta di rimborso finale, che attesti la conclusione dei progetti agevolati nonché il raggiungimento dei target per la quota parte di competenza.

Sono ammissibili le seguenti spese per:

1) realizzazione di impianti a fonti rinnovabili (es. componenti, inverter, strutture per il montaggio, componentistica elettrica);

2) fornitura e posa in opera dei sistemi di accumulo;

3) acquisto ed installazione di macchinari, impianti ed attrezzature hardware e software, comprese le spese per la loro installazione e messa in esercizio;

4) opere edili strettamente necessarie alla realizzazione dell’intervento;

5) connessione alla rete elettrica nazionale;

6) studi di prefattibilità e spese necessarie per attività preliminari, incluse le spese necessarie alla costituzione delle configurazioni;

7) progettazioni, indagini geologiche e geotecniche il cui onere è a carico del progettista per la definizione progettuale dell’opera;

8) direzioni lavori e sicurezza;

9) collaudi tecnici e/o tecnico-amministrativi, consulenze e/o supporto tecnico-amministrativo essenziali all’attuazione del progetto.

Le spese sono finanziabili in misura non superiore al 10% dell’importo ammesso a finanziamento. Il costo di investimento massimo di riferimento per l’erogazione del finanziamento è posto pari a: 1.500 €/kW per impianti fino a 20 kW, 1.200 €/kW per impianti di potenza superiore a 20 kW e fino a 200 kW, 1.100 €/kW per potenze superiori a 200 kW e fino a 600 kW, e 1.050 €/kW per impianti di potenza superiore a 600 kW e fino a 1.000 kW.

L’accesso ai contributi avviene attraverso la presentazione delle domande tramite il sito del GSE. Secondo quanto indicato nella proposta di Decreto, il GSE aprirà lo sportello ai fondi per la presentazione delle richieste entro 60 giorni dalla data di pubblicazione del Decreto. Il termine ultimo per la presentazione delle richieste è fissato al 31 marzo 2025, fatto salvo il previo esaurimento delle risorse disponibili.

Inoltre, è prevista la possibilità di richiedere al GSE una verifica preliminare di ammissibilità dei progetti rispetto alle disposizioni del Decreto; si tratta di una verifica richiesta su base volontaria e che, pertanto, non costituisce condizione necessaria per l’accesso agli incentivi per la condivisione di energia e/o per i contributi PNRR. All’esito, il GSE può esprimere un parere preliminare positivo per l’ammissibilità del progetto ai benefici ovvero suggerire le prescrizioni da seguire per pervenire alla predetta ammissibilità.

Mappe delle cabine primarie

Gruppi di cittadini, condomini, piccole e medie imprese, ma anche enti locali, cooperative, associazioni ed enti religiosi: chi sceglierà di associarsi ad una Comunità, dovrà innanzitutto individuare sia un’area dove realizzare l’impianto con tecnologie rinnovabili che altri utenti connessi alla stessa cabina primaria[4].

Le cabine primarie sono una parte fondamentale della rete elettrica: hanno infatti la funzione di trasformare energia in alta tensione (AT) in energia a media tensione (MT), mettendola così a disposizione dei cittadini e dei loro dispositivi.

Ai fini della valorizzazione dell’energia autoconsumata, l’art. 10 del TIAD (Testo Integrato Autoconsumo Diffuso, approvato con Delibera ARERA 727/2022/R/EEL) ha previsto che le imprese distributrici individuino, sulla base dei criteri indicati, l’area sottesa alla stessa cabina primaria. In particolare, è stata disposta la pubblicazione sui siti internet delle imprese distributrici della prima versione delle aree sottese alle singole cabine primarie entro il 28 febbraio 2023, con la possibilità per i soggetti interessati di presentare le proprie osservazioni entro il 31 maggio 2023. A seguito del ricevimento delle osservazioni, le singole imprese distributrici potranno prevedere opportune modifiche funzionali alla nuova identificazione delle aree sottese alle singole cabine primarie.

In attuazione delle prescrizioni del TIAD, sul sito di una delle compagnie di distribuzione elettrica[5] sono state pubblicate le mappe georeferenziate che consentono di individuare le aree convenzionali afferenti alle cabine primarie sul territorio nazionale.

La pubblicazione di strumenti che consentono l’individuazione dell’area geografica convenzionale di appartenenza della propria comunità energetica costituisce dunque una novità rilevante che consentirà di procedere alla concreta realizzazione di ambiziosi progetti di C.E.R. nelle grandi città[6] come nei comuni sotto i cinquemila abitanti, creando le premesse per una dirompente trasformazione del sistema energetico.

***

A seguito della recente pubblicazione del Sesto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici (AR6) e del relativo rapporto di Sintesi da parte del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici dell’ONU (IPCC)[7], che conferma[8] come la prima misura da adottare per arginare la gravità della crisi climatica in atto consista nella diminuzione delle emissioni e nel taglio delle fonti fossili, promuovere e diffondere la realizzazione delle Comunità Energetiche Rinnovabili costituisce un cambiamento essenziale per uno sviluppo sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico.

La velocità ed il ritmo della trasformazione saranno, comprensibilmente, decisivi per conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione previsti dalle politiche ambientali nazionali, europee ed internazionali.

[1]https://www.mase.gov.it/comunicati/mase-avvia-iter-con-ue-su-proposta-decreto-cer
[2]Definite come una delle configurazioni di cui alle lettere e) (sistemi di autoconsumo individuale di energia rinnovabile a distanza), f) (sistemi di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili), g) (Comunità Energetiche Rinnovabili), che utilizzano la rete di distribuzione esistente per condividere l’energia prodotta da impianti a fonti rinnovabili.
[3]Tale fattore di riduzione, secondo quanto specificato nell’Allegato alla proposta di Decreto, non trova applicazione in relazione all’energia elettrica condivisa da punti di prelievo nella titolarità di enti territoriali e autorità locali, enti religiosi, enti del terzo settore e di protezione ambientale.
[4]https://www.mase.gov.it/comunicati/mase-avvia-iter-con-ue-su-proposta-decreto-cer
[5]Il link per verificare il codice della cabina primaria di appartenenza è: https://www.e-distribuzione.it/a-chi-ci-rivolgiamo/casa-e-piccole-imprese/comunita-energetiche.html
[6]Cfr. articolo de Il Sole24Ore del 15.03.2023 “Comunità energetiche, ecco la mappa dei progetti nelle principali città italiane”, https://www.ilsole24ore.com/art/comunita-energetiche-ecco-mappa-progetti-principali-citta-italiane-AEh0Y54C
[7]Disponibile al seguente link: https://www.ipcc.ch/report/sixth-assessment-report-cycle/
[8]Cfr. Green&Blue “Il rapporto IPCC: “Adottare subito tutte le misure a disposizione per arginare le emissioni” del 20.03.2023 in https://www.repubblica.it/green-and-blue/2023/03/20/news/ipcc_report_riscaldamento_globale-392967260/

IL TESTO INTEGRATO SULL’AUTOCONSUMO DIFFUSO – TIAD

L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) con la Deliberazione 727/2022/R/EEL ha approvato il “Testo Integrato Autoconsumo Diffuso – TIAD”, che disciplina le modalità e la regolazione economica relative all’energia elettrica oggetto di autoconsumo diffuso ai sensi dei Decreti Legislativi n. 199/2021 e n. 210/2021.

Il TIAD sostituisce la precedente Deliberazione 318/2020/R/EEL e sarà applicabile a decorrere dall’ultima data tra il 1° marzo 2023 e la data di entrata in vigore del Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica previsto dall’articolo 8 del Decreto Legislativo n. 199/2021, recante le disposizioni in merito agli incentivi per la condivisione dell’energia elettrica.

Secondo quanto annunciato dalla stessa Autorità, “Il provvedimento fornisce il quadro delle regole che contribuiranno a rispondere alle sfide della transizione energetica tramite la diffusione degli impianti alimentati dalle fonti rinnovabili e, poiché essi saranno realizzati in contesti di autoconsumo, contribuirà alla riduzione della spesa energetica dei clienti finali[1].

In particolare, i gruppi di autoconsumatori che agiscono collettivamente in edifici e condomini e le Comunità Energetiche erano già state oggetto di una prima regolazione transitoria (Deliberazione 318/2020/R/EEL) basata su un modello regolatorio virtuale, con limitato riferimento all’autoconsumo derivante da nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza fino a 200 kW e ubicati sotto la medesima cabina secondaria a cui sono collegati i clienti finali della configurazione.

Il TIAD nasce dall’esigenza di innovare la regolazione economica in precedenza vigente per la valorizzazione dell’autoconsumo diffuso dell’energia elettrica realizzato tramite gruppi di utenti in edifici o condomini o nell’ambito delle Comunità Energetiche, per tenere conto delle nuove definizioni e dei nuovi perimetri introdotti dai D.Lgs. 199/2021 e D.Lgs. 210/2021.

Il servizio per l’autoconsumo diffuso

Ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. n) del TIAD costituiscono configurazioni per l’autoconsumo diffuso quelle rientranti in una delle seguenti tipologie:

  • gruppo di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente;
  • gruppo di clienti attivi che agiscono collettivamente;
  • Comunità Energetica Rinnovabile o Comunità di Energia Rinnovabile(C.E.R.);
  • comunità energetica dei cittadini;
  • autoconsumatore individuale di energia rinnovabile “a distanza” con linea diretta;
  • autoconsumatore individuale di energia rinnovabile “a distanza” che utilizza la rete di distribuzione;
  • cliente attivo “a distanza” che utilizza la rete di distribuzione.

Fondamentale rilievo ai fini della regolazione economica relativa all’energia elettrica oggetto di autoconsumo diffuso rivestono altresì le definizioni (Art. 1 TIAD) di energia elettrica condivisa, di energia elettrica autoconsumata e di energia elettrica oggetto di incentivazione.

L’energia elettrica condivisa è, in ogni ora e per l’insieme dei punti di connessione ubicati nella stessa zona di mercato che rilevano ai fini di una configurazione per l’autoconsumo diffuso, il minimo tra l’energia elettrica immessa ai fini della condivisione e l’energia elettrica prelevata ai fini della condivisione.

L’energia elettrica autoconsumata rappresenta, per ogni ora, l’energia elettrica condivisa afferente ai soli punti di connessione ubicati nella porzione della rete di distribuzione sottesa alla stessa cabina primaria ed individuata secondo quanto previsto dall’art. 10.

L’energia elettrica oggetto di incentivazione è definita come l’energia elettrica incentivata ai sensi e secondo le disposizioni del Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica di cui all’articolo 8 del Decreto Legislativo n.199/2021 ovvero del Decreto Ministeriale 16 settembre 2020.

Invero, la regolazione economica delle configurazioni di autoconsumo diffuso avviene mediante il Servizio per l’Autoconsumo Diffuso erogato dal GSE e finalizzato alla determinazione dell’energia elettrica condivisa ed alla determinazione e valorizzazione dell’energia autoconsumata e di quella incentivata.

Il GSE[2], verificato il rispetto di tutti i requisiti necessari per l’accesso al servizio, stipula con il referente della configurazione un contratto, sulla cui base viene erogato il contributo per la valorizzazione dell’energia elettrica autoconsumata  ed il contributo per l’energia elettrica oggetto di incentivazione.

Per ciascuna configurazione per l’autoconsumo diffuso, ai sensi degli artt. 6 e 7 del TIAD, il GSE quantifica l’energia elettrica autoconsumata su base oraria e mensile; ove necessario, ripartisce l’energia elettrica autoconsumata per ciascun impianto di produzione afferente alla configurazione per l’autoconsumo diffuso; determina la valorizzazione dell’energia elettrica autoconsumata (non necessariamente applicata a tutta l’energia elettrica autoconsumata)e, infine, determina l’incentivo ove spettante (non necessariamente applicato a tutta l’energia elettrica autoconsumata).

Nel caso di Comunità Energetiche Rinnovabili il GSE calcola su base mensile il contributo per la valorizzazione dell’energia elettrica autoconsumata. Inoltre, il GSE, nell’ambito del contratto sottoscritto con il referente della configurazione, riconosce altresì il contributo per l’energia elettrica oggetto di incentivazione, calcolato secondo le modalità di cui all’art. 7.

Differenze e analogie rispetto al regime transitorio: i punti essenziali del testo integrato autoconsumo diffuso

La modifica più rilevante rispetto all’assetto precedente consiste nel fatto che la valorizzazione dell’energia elettrica autoconsumata per le Comunità Energetiche è ora riferita all’area sottesa alla cabina primaria (e non più alla cabina secondaria), con possibilità di includere anche impianti di potenza superiore a 200 kW, a fronte di una lieve riduzione del contributo di valorizzazione dell’autoconsumo (che perde la restituzione della parte variabile della tariffa di distribuzione, pari a 0,59 €/MWh su un totale di 8,37 €/MWh secondo i valori dell’anno 2022)[3].

Poiché la valorizzazione dell’autoconsumo diffuso ora è riferita all’area sottesa alla cabina primaria (e non più alla cabina secondaria), vengono delineati i criteri sulla base dei quali i gestori di rete individuano, in modo convenzionale, le aree sottese a ciascuna cabina primaria a partire dalla reale configurazione delle reti elettriche ed introducendo correttivi di carattere geografico. In attuazione di tali criteri, l’art. 10 TIAD prevede che le imprese distributrici che dispongono di cabine primarie, ciascuna per l’ambito territoriale di competenza, a partire dalla reale configurazione delle proprie reti elettriche, individuino soluzioni atte a identificare l’area sottesa a ogni cabina primaria.

A tal fine si è scelto dunque di adottare una metodologia semplificata e flessibile, individuando dei criteri che tengano conto della struttura delle reti elettriche e degli assetti di funzionamento.

E’ prevista, inoltre, l’attivazione di forme di coordinamento tra le imprese distributrici interessate, per il tramite delle rispettive associazioni di categoria, per addivenire all’identificazione di soluzioni analoghe.

Una volta realizzati i layer georeferenziati delle aree sottese a ogni cabina primaria, le imprese distributrici li mettono a disposizione del GSE per la pubblicazione mediante un’unica interfaccia che assembli i layer georeferenziati di tutte le imprese distributrici operanti nel territorio nazionale, realizzando delle vere e proprie mappe da utilizzare come unico riferimento geografico per la perimetrazione delle configurazioni per l’autoconsumo diffuso.

In linea di continuità con l’assetto delineato dalla Deliberazione ARERA 318/2020/R/EEL, viene confermato il modello regolatorio virtuale, adattandolo alle nuove disposizioni normative (tale scelta è espressamente confermata nella Deliberazione ARERA 727/2022/R/EEEL del 27.12.2022 di approvazione del TIAD, pag. 5 ss.) . Esso consente[4] di valorizzare l’autoconsumo, nel caso di edifici o condomini e nel caso di comunità di energia rinnovabile, senza dover richiedere nuove connessioni o realizzare nuovi collegamenti elettrici o installare nuove apparecchiature di misura, ma sfruttando la rete di distribuzione pubblica esistente. Tale modello è stato ritenuto dall’Autorità efficiente ai fini della valorizzazione dell’autoconsumo, perché permette a ogni soggetto partecipante di modificare le proprie scelte con facilità, sia in relazione alla configurazione per l’autoconsumo sia (e indipendentemente) per effetto delle proprie scelte di approvvigionamento dell’energia elettrica, poiché non comporta l’esigenza di nuove connessioni o di nuovi collegamenti elettrici.

Pertanto, in attuazione di tale modello regolatorio virtuale, ogni cliente finale ed ogni produttore acquista e vende, rispettivamente, la propria energia elettrica prelevata e la propria energia elettrica immessa.

Rispetto al modello regolatorio virtuale già vigente sono state introdotte alcune innovazioni, semplificando le procedure operative per la costituzione e la gestione delle configurazioni.

Nel caso delle C.E.R., ad esempio, l’art. 1 del TIAD stabilisce che il referente possa essere la medesima C.E.R. o che la Comunità Energetica possa conferire ad un soggetto terzo mandato senza rappresentanza, di durata annuale, tacitamente rinnovabile e revocabile.

Inoltre, si prevede (art. 10 TIAD) che le aree sottese alla stessa cabina primaria siano fruibili on-line inizialmente sui siti internet dei singoli distributori e, a seguire, sul sito internet del GSE. In tal modo, si evita che i referenti delle configurazioni debbano interfacciarsi con i distributori come avvenuto nel periodo transitorio. Inoltre,  l’accesso alle configurazioni, da un punto di vista geografico, sarà effettuato e verificato sulla base dell’indirizzo di fornitura associato a ciascun POD (noto a tutti), e non sulla base dell’ubicazione del punto di connessione. Le verifiche di appartenenza geografica alle configurazioni per l’autoconsumo saranno gestite autonomamente dal GSE, eventualmente con il supporto dei distributori.

Infine, vengono definite (Art. 8 del TIAD) le modalità per la messa a disposizione dei dati di misura necessari per la quantificazione dell’energia elettrica autoconsumata e della relativa valorizzazione, nonché per l’erogazione degli eventuali incentivi spettanti, in modo analogo alla Deliberazione ARERA 318/2020/R/EEL. Tali modalità potranno essere oggetto di evoluzione, utilizzando il Sistema Informativo Integrato (SII), evitando, cioè, un canale comunicativo diretto tra imprese distributrici e GSE.

Dalla data da cui il Testo Integrato Autoconsumo Diffuso troverà applicazione, le configurazioni per l’autoconsumo collettivo in edifici e condomini e le Comunità Energetiche già esistenti (realizzate ai sensi dell’articolo 42-bis del D.L. 162/19) confluiranno nel TIAD. Nel caso delle C.E.R., come sopra precisato, questo comporta che venga rivisto, in lieve riduzione, il contributo per la valorizzazione dell’autoconsumo, a fronte della possibilità di estendersi all’interno di un’area più estesa (zona di mercato per energia condivisa e area sottesa a cabina primaria, senza più il limite della sola cabina secondaria) e di poter includere nella Comunità Energetica Rinnovabile anche impianti di potenza superiore a 200 kW.

***

Il TIAD anticipa il Decreto di incentivazione che sarà emanato nelle prossime settimane da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica in attuazione dell’art. 8 del D.Lgs. 199/2021. I due provvedimenti forniscono, insieme, il quadro generale della regolamentazione degli incentivi volti a promuovere la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili in regime di autoconsumo.

In relazione alle Comunità Energetiche (siano esse rinnovabili o di cittadini), il ruolo dell’Autorità, ai sensi del dettato normativo di cui Ai Decreti Legislativi N.199/2021 e n. 210/2021, è  limitato alla valorizzazione dell’autoconsumo di energia elettrica che rappresenta un sottoinsieme della potenzialmente più ampia condivisione dell’energia elettrica.

Tuttavia, si ricorda che tali Comunità possono avere finalità ben più ampie rispetto al solo autoconsumo di energia elettrica. A titolo di esempio non esaustivo: le Comunità Energetiche Rinnovabili possono realizzare anche forme di condivisione dell’energia termica dalle fonti rinnovabili;  tutte le Comunità Energetiche possono realizzare anche consorzi di acquisto, oppure possono prestare servizi di efficientamento energetico e/o di ricarica dei veicoli elettrici; possono operare come società di vendita di energia elettrica (gestendo anche le operazioni di compravendita dell’energia elettrica al loro interno), oppure come Balance Service Provider (BSP) erogando servizi ancillari di flessibilità per il sistema elettrico.

Sarà dunque cura del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica la prossima definizione degli incentivi volti a promuovere la realizzazione di impianti inseriti in Comunità Energetiche, sistemi di autoconsumo collettivo e sistemi di autoconsumo individuale ed a favorire dinamiche di realizzazione degli impianti con processi partecipativi dei territori e con logica bottom-up.

[1]Comunicato Stampa ARERA, Elettricità: nuovo testo integrato sull’autoconsumo diffuso per edifici, condomini e comunità energetiche accessibile al seguente link: https://www.arera.it/it/com_stampa/23/230104.htm
[2]Il GSE – Gestore dei Servizi Energetici è la Società che ha per oggetto l’esercizio delle funzioni di natura pubblicistica del settore elettrico e in particolare in materia di promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, comprese le attività di carattere regolamentare, sulla base degli indirizzi di organi istituzionali quali il Ministero dello Sviluppo Economico e l’Autorità di regolazione per energie reti e ambiente.
[3]Cfr. Comunicato Stampa ARERA: Elettricità: nuovo testo integrato sull’autoconsumo diffuso per edifici, condomini e comunità energetiche, disponibile al seguente link: https://www.arera.it/it/com_stampa/23/230104.htm
[4]Per un maggiore approfondimento sulle caratteristiche del modello regolatorio virtuale si rinvia al documento di RSE intitolato “Gli Schemi di Autoconsumo collettivo e le Comunità dell’Energia”. Le Direttive europee consentono, invero, agli Stati Membri di accordare alle C.E.R. il diritto di gestire la rete di distribuzione locale e di conseguenza, la “fisicità” o la “virtualità” del modello da adottare (il modello fisico prevede l’utilizzo di una rete propria da parte della Comunità per scambiare l’energia tra i membri; il modello virtuale, invece, prevede l’utilizzo della rete pubblica e la necessità di definire quale sia l’energia effettivamente condivisa in ciascun intervallo temporale di misura).

 

CER: la Seconda Conferenza Nazionale Un importante momento di confronto verso la costituzione delle Comunità Energetiche di seconda generazione.

Martedì 22 novembre 2022, a Napoli,si è svoltala Seconda Conferenza Nazionale delle Comunità Energetiche sul tema “Governance ed innovazione tecnologica nelle Comunità Energetiche: dalla fase sperimentale al nuovo regime”.
Tanti i professori universitari, i professionisti e di rappresentanti di istituzioni ed Enti locali intervenuti per confrontarsi e condividere riflessioni sulle opportunità e le sfide rappresentate dalle Comunità Energetiche di nuova generazione, in attesa dell’imminente pubblicazione dei Decreti attuativi del D. Lgs. n. 199 del 2021.
Il dibattito multi-stakeholder si è articolato in quattro sessioni tematiche, sviluppate in collaborazione con operatori del settore (Cleanwatts, Maps Group, EnGreen e Unem) e dedicate all’evoluzione della governance delle CER, alla digitalizzazione dei processi di gestione delle future Comunità ed alle piattaforme già attive, oltre all’analisi di alcuni esempi virtuosi di CER.
La necessità di conoscere la rete italiana delle c.d. “cabine primarie” o “cabine di alta tensione” (CAT: gli impianti dislocati sul territorio italiano la cui funzione è quella di trasformare l’energia in ingresso ad alta tensione in energia a media tensione)costituisce uno dei temi attualmente più sentiti dagli operatori di settore.
Il D.Lgs. n. 199 del 2021, infatti, ha previsto la possibilità di costituire nuove “CER di cabina primaria” (con impianti fino ad 1 Mw/h), superando così le attuali conformazioni tecnico-giuridiche di “CER di cabina secondaria”(con impianti fino ad 200 Kw/h)e garantendo conseguentemente la possibilità di costituire Comunità Energetiche in grado di coinvolgere aree territoriali più vaste, con una capacità produttiva ed economica di grande importanza.
Simili opportunità, come precisato nel corso della Conferenza, si possono concretizzare solo con il superamento di due distinti ordini di problemi: quello giuridico, relativo alla necessità di individuare le forme societarie più idonee a sviluppare le nuove CER in armonia con le norme che saranno introdotte dagli attesi Decreti attuativi, e quello tecnico, derivante dall’attuale impossibilità per gli operatori di conoscere la collocazione delle cabine primarie (a breve dovrebbe essere pubblicata una piattaforma digitale in grado di far conoscere, in modo semplice ed immediato, le aree afferenti a ciascuna cabina primaria).
E’ stata condivisibilmente evidenziata la fragilità del modello prescelto per la costituzione delle prime CER: l’associazione senza scopo di lucro non riconosciuta. Tra le principali criticità sollevate: l’assenza di personalità giuridica e la conseguente impossibilità di garantire un’autonomia patrimoniale perfetta agli associati.
Inoltre, è stata presentata alla Corte dei Conti una richiesta di parere diretta ad accertare la (dubbia) legittimità del ricorso alla forma associativa da parte degli Enti locali nella costituzione delle CER.
La Comunità Collinare del Friuli, Ente locale promotore del progetto “RECOCER” per la transizione ecologica e l’efficientamento energetico, ha segnalato la necessità di chiarire quali siano i vantaggi economici ottenuti dai soggetti privati che partecipano alla CER: il disequilibrio nel soddisfacimento delle aspettative economiche dei partecipanti alla CER incide negativamente sulla corretta governante della Comunità e sulla sua stessa sopravvivenza.
ENER.BIT S.r.l., Società ESCo in house di cui lo Studio Legale DAL PIAZ è partner, condividendo le idee già sviluppate dal Prof. Ing. Sergio OLIVERO, Head of Business & Finance Innovation dell’Energy Center del Politecnico di Torino,intende costituire una prima Comunità Energetica “di territorio” (c.d. “C.E.T.”), che consenta agli operatori economici ed alle Amministrazioni di svincolarsi dal mercato regolamentato dell’energia.
E’ stato quindi discusso il tema delle piattaforme digitali destinate a facilitare la costituzione e lo sviluppo delle Comunità Energetiche attraverso la gestione informatica ed automatizzata dei flussi di dati da e verso il GSE,anche per la corretta suddivisione degli attesi incentivi economici: per consentire lo sviluppo delle CER di nuova generazione è infatti necessario implementare gli strumenti digitali che dovranno essere messi a disposizione, a costi accessibili, dei soggetti che assumeranno la gestione delle Comunità Energetiche.
Lo sviluppo di Comunità Energetiche “particolari”, quali quelle portuali, permetterà inoltre la sperimentazione innovativa di fonti energetiche rinnovabili quali l’idrogeno e l’eolico offshore, necessarie per fronteggiare i consumi che caratterizzano il sistema energetico portuale. Le aree portuali, quali avamposti tra le città e il resto del mondo, possono quindi diventare una grande occasione per accrescere la transizione energetica, dando vita ad un vero e proprio nucleo di economia circolare, che richiede la capacità di saper affrontare, combinandole, le peculiarità della normativa sulle CER con le norme di diritto marittimo.
Importanti anche le potenzialità delle stazioni di servizio e delle infrastrutture di ricarica elettrica nel contesto dello sviluppo delle CER. Il progetto di modernizzazione della rete italiana dovrebbe basarsi, infatti, sulla costituzione di veri e propri hub energetici in grado di diffondere le infrastrutture di ricarica elettrica veloce ed ultraveloce, attraverso cui utilizzare energia elettrica e cederla nell’ambito di Comunità Energetiche Rinnovabili: le cd. “multiservice stations” rappresentano una soluzione per la mobilità alimentata da carburanti, biocarburanti, elettricità generata da idrogeno e pensiline fotovoltaiche.
Fondamentale in tal senso è l’esperienza di GOCER S.r.l. di cui lo Studio Legale DAL PIAZ è partner: attraverso l’unione di competenze multidisciplinari sta dando vita ad una serie composita di Comunità Energetiche operative.
La Seconda Conferenza Nazionale sulle Comunità Energetiche ha dunque rappresentato un momento di confronto importante per conoscere ed approfondire esperienze all’avanguardia, a livello nazionale ed europeo, in ordine alla costituzione di CER di nuova generazione, aprendo scenari inediti e nuovi spunti di riflessione.

Evento, in presenza e webinar<br>Un focus sulle C.E.R. (Comunità di Energia Rinnovabile) da cabina primaria, sulle normative più recenti e sul caso Magliano Alpi

La seconda edizione del seminario, promossa su iniziativa del Collegio dei Geometri di Torino e Provincia visto il successo del primo appuntamento, è nata dall’esigenza di rispondere con prontezza alle numerose problematiche applicative e giuridiche riscontrate da privati e amministratori locali nella realizzazione delle Comunità Energetiche.

Configurare modelli di produzione e consumo di energia “inediti” richiede infatti creatività e immaginazione per indagare le possibili soluzioni legali a problemi finora inesplorati, che attraversano tutti i rami del diritto (societario, civile ed amministrativo, oltre che ambientale) e richiedono competenze trasversali.

E’ stata quindi proposta un’analisi comparata dei primi modelli di Comunità Energetiche promosse dalle Pubbliche Amministrazioni (a partire dal modello virtuoso realizzato dal Comune di Magliano d’Alpi) e dai soggetti privati.

Tale comparazione riveste particolare interesse poiché consente di mettere in rilievo sia le funzioni di pianificazione e programmazione che rivestono le Pubbliche Amministrazioni per guidare la transizione energetica sia il ruolo rivestito dal Mercato e dagli operatori economici privati chiamati, inevitabilmente, a svolgere una funzione trainante per la creazione delle prime Comunità Energetiche da “cabina primaria”.

E’ stata rivolta particolare attenzione alle possibilità che le Comunità offrono ai privati ed al settore industriale nonché al recente interessamento delle big utilities: la cooperazione tra imprese è, invero, fondamentale per affrontare le sfide legate alla sostenibilità promossa, oltre che dal PNRR, dalle agende europee e internazionali.

Oltre agli aspetti giuridici, hanno costituito oggetto di specifica analisi gli aspetti economici e finanziari inerenti le Comunità di Energia Rinnovabile, con particolare riferimento ai meccanismi fiscali e di incentivazione economica esistenti, ed i profili tecnici e gestionali che i pionieri dei progetti in corso di realizzazione stanno tuttora affrontando.

COMUNITA’ ENERGETICHE E GRUPPI DI AUTOCONSUMO. LE NUOVE SFIDE DELLA TRANSIZIONE ENERGETICA ED IL RUOLO DEGLI ENTI LOCALI SEMINARIO DEL 21 OTTOBRE 2022

Per iscrizioni: https://bit.ly/3cXHRTd o info@studiolegaledalpiaz.it

 In data 21 ottobre 2022, dalle ore 9 alle ore 13, presso il Collegio dei Geometri di Torino ed in modalità webinar si terrà la seconda edizione del seminario gratuito organizzato dallo Studio Legale Dal Piaz e da Legislazione Tecnica, dedicato al tema “Comunità energetiche e gruppi di autoconsumo. Le nuove sfide della transizione energetica ed il ruolo degli Enti locali”.

Dopo il successo dell’evento del 13 luglio scorso (che ha visto la partecipazione di oltre 350 auditori), l’appuntamento per l’approfondimento multidisciplinare sulle più recenti novità in tema di energy è rinnovato su iniziativa del Collegio dei Geometri di Torino e provincia.

Il seminario è accreditato presso il Collegio, l’Ordine dei Commercialisti di Torino e l’Ordine degli Avvocati di Torino e vedrà come relatori l’Avv. Francesco DAL PIAZ, l’Avv. Claudio VIVANI, l’Ing. Sergio OLIVERO, il Dott. Franco GRANDE ed il Dott. Benedetto Damiano RICCI.

Nel seminario verranno proseguite le riflessioni sul tema delle C.E.R., della produzione di energia da fonti rinnovabili e della transizione ecologica, stante l’emergenza energetica dovuta (anche) al proseguire del conflitto tra Russia e Ucraina, con il conseguente inasprimento dei prezzi delle forniture di gas e di energia.

Il taglio del seminario sarà, come per la precedente edizione, operativo e multidisciplinare, volto a fornire gli strumenti per comprendere ed indagare gli aspetti giuridici, tecnici ed economico-finanziari inerenti le C.E.R, con uno sguardo di particolare attenzione alle possibilità che le Comunità offrono per i privati e per il settore industriale, ed al recente interessamento (ed il prossimo intervento) delle big utilities.

Nell’ambito di una vera e propria rivoluzione del mercato energetico, ora solo agli inizi, è infatti indispensabile analizzare sotto molteplici punti di vista ed in chiave operativa i modelli di Comunità Energetiche in via di creazione e di affermazione nel nostro Paese, secondo una logica che sappia coniugare competitività e sostenibilità.

Oggetto di studio e comparazione saranno le opportunità rappresentate dalle energy communities nei Comuni (prendendo a riferimento l’esempio virtuoso rappresentato dalla Comunità Energetica di Magliano Alpi) e per i privati nei distretti industriali, dove i grandi operatori del mercato energetico sono chiamati a svolgere un ruolo cruciale nella transizione energetica.

IL MODELLO “MAGLIANO ALPI”: IL RUOLO STRATEGICO DELLA P.A. NELLA REALIZZAZIONE DELLE C.E.R.

 I più recenti interventi normativi (da ultimo, le novità introdotte con gli ultimi Decreti Aiuti[1]) valorizzano in misura crescente il ruolo che lo Stato, in tutte le sue articolazioni territoriali, è chiamato a rivestire nella realizzazione delle Comunità Energetiche.

Tale impostazione è, del resto, coerente con quanto disposto dall’art. 15, par. 3, della Direttiva cd. RED II, secondo cui “gli Stati membri provvedono affinché le autorità competenti a livello nazionale, regionale e locale, inseriscano disposizioni volte all’integrazione e alla diffusione delle energie rinnovabili, anche per l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili e le comunità di energia rinnovabile  (…) in sede di pianificazione, compresa la pianificazione precoce del territorio, progettazione, costruzione e ristrutturazione di infrastrutture urbane, aree industriali, commerciali o residenziali e infrastrutture energetiche , comprese le reti di energia elettrica, teleriscaldamento e teleraffrescamento, gas naturale e combustibili alternativi. (…)”.

Secondo una logica di sussidiarietà verticale (art. 118 Cost), tutte le amministrazioni locali ed in primo luogo i Comuni, quali Enti più prossimi al cittadino, sono, in altre parole, chiamati a “creare” le condizioni per la transizione energetica verso l’uso delle energie rinnovabili, attraverso procedimenti amministrativi ispirati a logiche di semplificazione e di accelerazione.

Allo scopo di contribuire alla crescita sostenibile del Paese, è stata recentemente introdotta la possibilità, per il Ministero della Difesa, per il Ministero dell’Interno e per le Autorità di sistema portuale, di utilizzare i beni del demanio, considerati ex lege come “aree idonee”, per costituire Comunità energetiche nazionali, anche con altre pubbliche amministrazioni centrali e locali per impianti superiori a 1 MW.

A seguito delle modifiche al D.Lgs. n. 199/2021 attuate con i cd. Decreti Aiuti, è stato inoltre ampliato il novero delle aree qualificate per legge “idonee” all’installazione di impianti alimentati da energie rinnovabili, nelle more dell’adozione delle Leggi Regionali, tuttora in corso.

Accanto ad un importante lavoro di pianificazione territoriale, il Legislatore nazionale ha recentemente introdotto meccanismi di semplificazione e di razionalizzazione dei procedimenti amministrativi finalizzati al rilascio delle autorizzazioni di impianti da fonti rinnovabili che, secondo quanto sarà oggetto di discussione nel seminario, hanno come obiettivo quello di costruire un quadro normativo che garantisca di “eliminare gli ostacoli normativi e amministrativi ingiustificati per le comunità di energia rinnovabile” (art. 22, par. 4).

Negli interventi dei relatori si valorizzerà lo studio delle Comunità di energia rinnovabile anche in un’ottica integrata e “di sistema”, dando rilievo alla possibilità di erogare servizi ulteriori rispetto agli scopi di autoproduzione e di condivisione dell’energia prodotta dai propri impianti, come, ad esempio, i servizi di ricarica dei veicoli elettrici, esaminando anche le novità concernenti i procedimenti autorizzativi delle infrastrutture di ricarica.

Durante il seminario si analizzerà quale case study la C.E.R. di Magliano d’Alpi.

Per realizzare la Comunità Energetica di Magliano Alpi, il Comune ha messo a disposizione un impianto fotovoltaico da 20 kwp, installato sul tetto del Palazzo Comunale e collegato al POD del Municipio. L’energia prodotta e non autoconsumata viene condivisa con la C.E.R. attualmente formata dalle utenze della biblioteca, della palestra e delle scuole, oltre che dei residenti che per primi hanno aderito al nucleo di partenza. Allo stesso impianto fotovoltaico sono collegate anche delle colonnine per la ricarica delle auto elettriche, utilizzabili gratuitamente dai residenti.

Da tale prima esperienza sono nati alcuni cluster di progettisti, installatori, manutentori e PMI locali, che si propongono di esportare il modello di Magliano anche in altre realtà locali, attraverso gli accordi di collaborazione tra Comuni previsti dall’art. 15 L. 241/1990 per usufruire in modo efficiente dei fondi del PNRR.

Tali progetti valorizzano il ruolo della comunità come capacità di aggregazione a livello locale, per offrire servizi ai propri membri  e portare benefici ambientali, sociali ed economici a livello locale. Oggetto di studio sarà, dunque, l’analisi di un modello replicabile in altri Comuni, capace di operare come catalizzatore di sinergie fra Comuni a livello nazionale, nel quale la P.A. esercita un ruolo attivo nello sviluppo di modelli innovativi per il rilancio del territorio.

C.E.R. E DISTRETTI INDUSTRIALI, TRA COMPETITIVITA’ E SOSTENIBILITA’

 E’ inoltre particolarmente rilevante, nel contesto dell’attuale crisi energetica, lo studio e l’analisi delle Comunità Energetiche nei distretti industriali (in una logica di sussidiarietà cd. “orizzontale” ai sensi dell’art. 118 Cost.).

Il contrasto alla povertà energetica è divenuto prioritario anche per le imprese, soprattutto per quelle “energivore”, chiamate a fare fronte a costi dell’energia insostenibili. Con i recenti interventi approvati con i cd. Decreti Aiuti sono state adottate alcune misure per fronteggiare l’aumento dei prezzi dell’energia e del gas naturale “a breve termine” (attraverso il riconoscimento di contributi straordinari sotto forma di crediti di imposta per le imprese energivore e gasivore), anche se l’entità di una crisi senza precedenti richiede necessariamente interventi ascrivibili ad una progettualità di lungo periodo.

Parallelamente, sul fronte ambientale, il settore industriale è chiamato a fare passi enormi per raggiungere gli obiettivi climatici previsti a livello europeo. In particolare, il Green Deal europeo prevede la decarbonizzazione di intere filiere e settori industriali per conseguire la neutralità in termini di emissioni di carbonio entro il 2050.

A tal fine, la politica energetica dell’Unione Europea mira a costruire sistemi energetici interconnessi per sostenere le fonti energetiche rinnovabili, promuovere tecnologie innovative ed infrastrutture energetiche moderne, decarbonizzare il settore del gas e promuovere la progettazione eco-compatibile dei prodotti, responsabilizzare i consumatori ed aiutare gli Stati membri ad affrontare la povertà energetica[2].

Per tali ragioni, la cooperazione tra imprese è fondamentale per affrontare le sfide legate alla sostenibilità promossa, oltre che dal PNRR, dalle agende europee e internazionali.

A seguito delle novità apportate dal D.Lgs. n. 199/2021, sebbene ancora in attesa dei decreti attuativi di prossima pubblicazione, è stata introdotta la possibilità di costituire impianti fino a 1 MW di potenza elettrica e si è compiuto il passaggio dalla cabina secondaria alla cabina primaria, con conseguente notevole ampliamento dell’estensione territoriale che può assumere una Comunità Energetica.

Tali modifiche hanno suscitato indubbio interesse per le imprese, che hanno ora la possibilità di creare impianti in grado di generare vere e proprie economie di scala.

Le C.E.R. possono quindi costituire una forma di cooperazione tra imprese operanti nel medesimo distretto industriale, al fine di soddisfare reciproche esigenze “energivore” caratterizzate da alti consumi energetici e da una bassa disponibilità di superfici per l’installazione di impianti di produzione di energia, coinvolgendo anche imprese a basso consumo di energia dotate, viceversa, di ampie superfici utilizzabili per l’installazione di impianti da fonti rinnovabili.

Alla luce di tali considerazioni, come si vedrà nel corso del seminario, è stimolante (nonché ormai necessario) ragionare sulle possibili vesti giuridiche che possono assumere le C.E.R. nei distretti industriali. La Comunità di Energia Rinnovabile deve infatti costituirsi come soggetto giuridico autonomo (ad esempio: associazione, ente del terzo settore, cooperativa, cooperativa benefit, consorzio, organizzazione senza scopo di lucro) che, agendo a proprio nome, possa esercitare diritti ed essere soggetto ad obblighi: pertanto, particolare attenzione sarà rivolta ai consorzi (ai sensi dell’art 2602 c.c. due o più operatori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o lo svolgimento di determinate fasi dell’attività di impresa) ed alle società consortili di cui all’art. 2615 – ter c.c..

La costituzione delle Comunità Energetiche può passare per la capacità di valorizzare le aree di crisi industriale presenti nel nostro Paese, ovvero di quei territori che, pur disponendo delle risorse essenziali alla transizione energetica, sono stati dismessi, e sono quindi soggetti a recessione economica e perdita occupazionale.

In questo modello il ruolo dello Stato non verte tanto sulla “pianificazione” quanto, piuttosto, sulla predisposizione di una struttura efficiente di incentivazione economica, che consenta di valorizzare e di premiare l’adozione delle tecnologie rinnovabili e favorire la diffusione di Comunità Energetiche (alterando la logica costi-benefici che finora ha supportato l’attuale modello di produzione energetica).

Quindi, nel corso del seminario, fondamentale importanza rivestirà l’analisi del ruolo che i grandi operatori del mercato possono giocare all’interno delle cd. energy communities. La disciplina introdotta dalle Direttive europee (UE) 2019/944 (cd. IEMD) e (UE) 2018/2001 (cd. RED II) stabilisce un quadro particolarmente preciso e dettagliato, disponendo che i gestori dei sistemi di distribuzione sono comunque chiamati a cooperare con le Comunità di Energia Rinnovabile per facilitare i trasferimenti di energia al loro interno (art. 22, par. 4, lett. c)).

Dal punto di vista normativo, la sfida è sicuramente inedita e consiste nel fondare le basi e le interconnessioni di un nuovo paradigma di mercato energetico, in cui ciascun attore è titolare di precisi diritti e doveri.

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Questi e molti altri temi essenziali per il futuro sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili saranno oggetto degli interventi programmati nel seminario gratuito del 21 ottobre p.v..

LE MISURE DI RESILIENZA ENERGETICA NAZIONALE E DI SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE INTRODOTTE DAI “DECRETI AIUTI”

In data 23 settembre 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n. 144 (cd. “Aiuti Ter”) che segue, in una logica di continuità e coerenza, l’adozione dei precedenti D.L. 17 maggio 2022 n. 50 (cd. “Aiuti”) e D.L. 9 agosto 2022 n. 115 (cd. “Aiuti Bis”).

Le disposizioni introdotte con tali Decreti, lungi dal potere essere considerate in maniera frammentaria e isolata, devono essere analizzate seguendo una visione “di insieme” e di reciproca integrazione; esse includono misure contingenti, finalizzate ad aiutare famiglie ed imprese a fronteggiare gli aumenti eccezionali dei costi dell’energia elettrica e del gas nell’attuale difficile congiuntura politico-economica internazionale, ed al tempo stesso misure che, in un’ottica di lungo periodo, sono destinate a trasformare profondamente il modello di produzione dell’energia elettrica in ambito nazionale, favorendo il ricorso alle energie rinnovabili.

Alla luce dei più recenti interventi legislativi (l’ultimo dei quali adottato con il Decreto Aiuti Ter) è dunque opportuno soffermarsi, in particolare, sul quadro normativo emergente in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili e Comunità Energetiche Rinnovabili, destinato ad incidere in maniera dirompente sulle scelte operate da Amministrazioni, imprese e privati.

IMPIANTI DI PRODUZIONE DI ENERGIA RINNOVABILE E COMUNITA’ ENERGETICHE RINNOVABILI

Nella prospettiva di rafforzare la resilienza energetica nazionale, i Decreti Aiuti hanno introdotto modifiche alla disciplina sulle Comunità Energetiche e sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, in un percorso di graduale perfezionamento della normativa già introdotta dal D.Lgs. 8 novembre 2021 n. 199 recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili.”

L’articolo 10, comma 1, del D.L. Aiuti Ter dispone, anzitutto, che il Ministero dell’Interno possa utilizzare direttamente o affidare in concessione, in tutto o in parte, i beni demaniali o a qualunque titolo in uso al medesimo Ministero per installare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, eventualmente ricorrendo alle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). 

In connessione con tale previsione, il comma 2 del medesimo articolo prevede che il Ministero dell’Interno ed i terzi concessionari dei beni possano costituire Comunità Energetiche Rinnovabili nazionali con altre pubbliche amministrazioni centrali e locali, per impianti superiori a 1MW, anche in deroga ai requisiti di cui al D.Lgs. 199/2021 (cfr. art. 31, comma 2, lett. b) e c)), con facoltà di accedere ai regimi di sostegno del medesimo Decreto anche per la quota di energia condivisa da impianti ed utenze di consumo non connesse sotto la stessa cabina primaria, previo pagamento degli oneri di rete riconosciuti per l’illuminazione pubblica. 

Inoltre,  i beni demaniali o a qualunque titolo in uso al Ministero dell’Interno (di cui al comma 1) sono considerati “di diritto” superfici ed aree idonee ai sensi dell’articolo 20 del D.Lgs. n. 199 del 2021 e sono assoggettati alle procedure autorizzative semplificate di cui all’articolo 22 del medesimo D.Lgs. n.  199  del  2021.  

Le novità previste dal D.L. Aiuti Ter devono essere considerate in una logica di continuità rispetto a quanto già disposto, in particolare, con il primo D.L. Aiuti 17 maggio 2022 n. 50. 

Significativamente, l’articolo 9 di tale Decreto ha introdotto la possibilità anche per il Ministero della Difesa ed i terzi concessionari dei beni del demanio militare o a qualunque titolo in uso al medesimo Ministero di costituire Comunità Energetiche Rinnovabili nazionali anche con altre pubbliche amministrazioni centrali e locali per impianti superiori a 1 MW, in deroga ai requisiti del D.Lgs. 199/2021 (art. 31, comma 2, lett. b) e c)) e con facoltà di accedere ai regimi di sostegno anche per la quota di energia  condivisa  da  impianti  e utenze di consumo non  connesse  sotto  la  stessa  cabina  primaria, previo pagamento degli oneri di rete riconosciuti per l’illuminazione pubblica.

Allo scopo di contribuire alla crescita sostenibile del Paese, alla decarbonizzazione del sistema energetico ed al perseguimento della  resilienza  energetica  nazionale, un importante ruolo è stato riconosciuto anche alle Autorità di sistema portuale attraverso la possibilità di costituire  una  o più Comunità Energetiche Rinnovabili ai sensi dell’articolo 31  del D.Lgs.  n.  199 del 2021, con facoltà di accedere agli incentivi previsti dal medesimo Decreto anche per gli impianti di potenza superiore a 1 MW.

Alla luce di tali importanti novità normative, il ruolo della pubblica amministrazione, sia a livello centrale sia a livello locale, nella costituzione delle Comunità di Energia Rinnovabile risulta indubbiamente rafforzato ed acquisisce una nuova centralità.

LA P.A. AL CENTRO DELLA REALIZZAZIONE DELLE COMUNITA’ DI ENERGIA RINNOVABILE (C.E.R.)

Le disposizioni introdotte con il D.L. Aiuti Ter costituiscono l’esito di un percorso normativo che ha condotto ad un progressivo ampliamento dei poteri autorizzatori di titolarità delle pubbliche amministrazioni finalizzati, in una logica di semplificazione e di accelerazione sempre più accentuate, alla costituzione delle Comunità Energetiche ed alla diffusione degli impianti alimentati da energie rinnovabili sull’intero territorio nazionale.

1. Ampliamento delle Aree per legge “idonee” all’installazione di impianti alimentati da energie rinnovabili.

La possibilità per il Ministero dell’Interno, per il Ministero della Difesa, e per le Autorità portuali di utilizzare i beni del demanio pubblico, considerati ex lege come “aree idonee” per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili, dimostra l’importanza davvero strategica che il tema ha assunto nel contesto dell’attuale crisi energetica, ancor più di quanto non sia avvenuto in sede di recepimento della Direttiva europea RED II mediante il D.Lgs. n. 199/2021.

Del resto, tra le misure introdotte con il primo Decreto Aiuti (di cui il D.L. Aiuti Ter costituisce integrazione), particolare rilevanza hanno assunto proprio quelle volte all’ampliamento delle superfici e delle aree considerate idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili. 

Ai sensi dell’articolo 6 di tale Decreto è stato previsto che, in funzione di raccordo tra Ministeri competenti e Regioni, il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri possa esercitare funzioni di impulso, anche ai fini dell’esercizio del potere sostitutivo statale, per il caso di mancata adozione delle Leggi Regionali (ovvero mancata ottemperanza ai principi, ai criteri ed agli obiettivi stabiliti dai Decreti Ministeriali) volte ad individuare le superfici e le aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili.

Significativamente, è stato ampliato il novero delle aree considerate come “idonee” per legge, nelle more dell’adozione delle Leggi Regionali: sono stati inclusi i siti in cui sono già presenti impianti fotovoltaici sui cui vengano eseguiti interventi di modifica sostanziale, per rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione, anche con l’aggiunta di sistemi di accumulo di capacità non superiore a 8 MWh per ogni MW di potenza dell’impianto fotovoltaico (prima dell’approvazione del Decreto Aiuti era previsto un limite pari a 3 MW, ora appunto innalzato a 8 MW). 

La qualificazione di “aree idonee” è stata estesa, anche per l’installazione di impianti di produzione di biometano in assenza di vincoli, alle aree agricole entro i 500 metri da zone artigianali, industriali e commerciali, SIN, cave e miniere, nonché alle aree interne o entro i 500 metri dagli impianti industriali e dagli stabilimenti ed alle aree adiacenti entro 300 metri dalla rete autostradale. Sono considerate per legge “idonee” all’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica a fonti rinnovabili anche le porzioni di cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate in condizioni di degrado ambientale non suscettibili di ulteriore sfruttamento.

Infine, sono state aggiunte le aree che non ricadono nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e paesaggistici né ricadenti nella fascia di rispetto dei Beni culturali oppure nelle aree e negli immobili di notevole interesse pubblico.

2. Semplificazione procedimentale per l’autorizzazione di impianti da fonti rinnovabili.

In una logica di accelerazione delle procedure autorizzatorie, interessante (considerato l’ostacolo spesso rappresentato dai pareri espressi dalle Soprintendenze) è la previsione secondo cui la Direzione generale del Ministero della Cultura stabilisce, con proprio atto, criteri uniformi di valutazione dei  progetti  di  impianti  di  produzione  di  energia   da   fonti rinnovabili, idonei a facilitare  la  conclusione  dei  procedimenti, assicurando che la motivazione delle eventuali  valutazioni  negative dia adeguata evidenza della sussistenza di stringenti,  comprovate  e puntuali   esigenze   di   tutela   degli   interessi   culturali   o paesaggistici, nel rispetto della specificità delle  caratteristiche dei diversi territori. 

Tale disposizione deve essere letta, a sua volta, in stretta connessione con le semplificazioni dei procedimenti di autorizzazione introdotte dall’art. 7 del primo D.L. Aiuti 17 maggio 2022 n. 50.

Invero, proprio al fine di superare eventuali valutazioni contrastanti da parte delle amministrazioni chiamate ad esprimersi nei procedimenti di autorizzazione di impianti di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, qualora il progetto sia sottoposto a Valutazione  di  Impatto  Ambientale (VIA) di competenza statale,  si prevede che le eventuali Deliberazioni del Consiglio dei ministri sostituiscano ad ogni effetto il provvedimento di VIA. Alle  riunioni  del  Consiglio  dei  Ministri   convocate   per l’adozione di tali Deliberazioni possono  essere invitati, senza diritto di voto, i Presidenti delle Regioni  e  delle Province  autonome  interessate,  che  esprimono  definitivamente  la posizione dell’amministrazione di riferimento e delle amministrazioni non statali che abbiano partecipato al procedimento autorizzatorio. 

Ad un ampio coinvolgimento delle amministrazioni interessate si coniuga la previsione secondo cui le Deliberazioni assunte dal Consiglio dei Ministri confluiscono nel procedimento autorizzatorio unico, che è perentoriamente concluso dall’amministrazione competente entro i successivi  sessanta  giorni. A conferma della logica acceleratoria che ispira le novità introdotte con il Decreto Aiuti, si prevede espressamente che, se il Consiglio dei Ministri si  esprime  per  il  rilascio  del provvedimento di VIA, decorso inutilmente il  prescritto  termine  di sessanta giorni l’autorizzazione si intende rilasciata.

Nell’ambito dei procedimenti di autorizzazione, infine, fondamentale è il disposto dell’articolo 7, comma 3 bis, del D.L. Aiuti, secondo cui per la realizzazione di tutti gli impianti a fonti rinnovabili (diversi da impianti alimentati a biomassa, biogas, biometano di nuova costruzione e impianti fotovoltaici) il proponente, al momento della presentazione della domanda di autorizzazione, può richiedere la dichiarazione di pubblica utilità e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio delle aree interessante dalla realizzazione dell’impianto e delle opere connesse.

3. Semplificazioni in materia di autorizzazione delle infrastrutture di ricarica.

Considerato che le Comunità di Energia Rinnovabile possono avere come scopo non soltanto l’autoproduzione e condivisione dell’energia prodotta dai propri impianti, potendo prevedibilmente erogare anche altri servizi (tra cui, ad esempio, i servizi di ricarica dei veicoli elettrici), particolare interesse rivestono le novità concernenti i procedimenti autorizzativi delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici.

L’art. 57 del D.L. 16 luglio 2020 n. 76 (conv. in Legge 11 settembre 2020 n. 120), recante “Semplificazione delle norme per la realizzazione di punti e stazioni di ricarica di veicoli elettrici”, a seguito delle modifiche introdotte con il D.Lgs. 199/2021 già conferiva ai Comuni il potere di disciplinare, con propri provvedimenti, la programmazione dell’installazione, della realizzazione e della gestione delle infrastrutture di ricarica a pubblico accesso.

A tal fine, si disponeva che  i  Comuni  potessero   consentire,  anche  a  titolo  non  oneroso,  la  realizzazione  e la  gestione di infrastrutture  di  ricarica  a  soggetti  pubblici  e   privati, anche prevedendo una eventuale suddivisione in lotti  da   assegnare  mediante  procedure  competitive,  trasparenti  e   non   discriminatorie. 

In tale previgente quadro regolatorio, l’articolo 23 del D.L. Aiuti Ter ha introdotto nuove misure in materia di fornitura di energia elettrica per  la  ricarica  dei veicoli elettrici, disponendo che “nel caso in cui  l’infrastruttura  di  ricarica,  per  cui  è  richiesta l’autorizzazione, insista sul  suolo  pubblico  o  su  suolo  privato gravato da un  diritto  di  servitù  pubblica,  il  comune  pubblica l’avvenuto ricevimento dell’istanza  di  autorizzazione  sul  proprio sito istituzionale nonché sulla Piattaforma unica nazionale  di  cui all’articolo 8, comma 5, del decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257, dal momento della  sua  operatività.  Decorsi  quindici  giorni dalla data di pubblicazione, l’autorizzazione può essere  rilasciata al soggetto istante. Nel caso in cui più soggetti abbiano presentato istanza e il rilascio dell’autorizzazione a  più  soggetti  non  sia possibile  ovvero  compatibile  con  la  programmazione  degli  spazi pubblici destinati alla ricarica dei veicoli elettrici  adottata  dal comune, l’ottenimento della medesima autorizzazione avviene all’esito di una procedura valutativa trasparente che assicuri il rispetto  dei principi   di   imparzialità,   parità   di   trattamento   e   non discriminazione tra gli operatori.” 

All’esito di tali novità normative è possibile osservare come, coerentemente con gli obiettivi di efficientamento energetico previsti dal legislatore, le procedure di autorizzazione vengano particolarmente accelerate e sia prevista la possibilità di esperire vere e proprie procedure concorrenziali solo qualora il rilascio dell’autorizzazione a più soggetti si riveli incompatibile con una corretta programmazione e gestione degli spazi pubblici.

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All’esito di una breve disamina delle novità più significative introdotte dai Decreti Aiuti, è possibile constatare come la disciplina di attuazione della Direttiva (UE) 2018/2011 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, di cui al D.Lgs. 199/2021, sia in continuo divenire. Cruciale è il ruolo rivestito dalle pubbliche amministrazioni che sono ora chiamate a ‘creare’ le condizioni per la transizione energetica verso l’uso delle energie rinnovabili, attraverso procedimenti amministrativi ispirati a logiche di semplificazione e di accelerazione innovative. Nell’attuale grave contesto di crisi energetica, sociale e ambientale, la sfida rappresentata dalle Comunità Energetiche e dalla diffusione su tutto il territorio nazionale degli impianti di energia rinnovabile si coniuga, oltre che con un intervento statale (sotteso alla logica degli “aiuti”), con un approccio cd. “bottom up” che, attraverso la cooperazione di cittadini e imprese, consenta di trasformare in maniera dirompente gli attuali modelli di produzione e consumo di energia.

COMUNITÀ ENERGETICHE (C.E.R.) E GRUPPI DI AUTOCONSUMO.

Il 13 luglio, presso la “Sala Grande” del Circolo dei Lettori di Torino, si è tenuto il seminario gratuito in materia di Comunità Energetiche e Gruppi di Autoconsumo, organizzato da Legislazione Tecnica con il contributo scientifico dello Studio Legale DAL PIAZ.

Il tema delle C.E.R. e, più in generale, della produzione di energia da fonti rinnovabili e della transizione ecologica, è tornato a rivestire particolare importanza: oltre alla perdurante necessità di ridurre le emissioni di CO₂  per contrastare il fenomeno del cambiamento climatico e le conseguenze derivanti dalla pandemia, il conflitto in corso tra Russia ed Ucraina ha portato ad un aumento notevole dei prezzi delle forniture di gas e, conseguentemente, delle materie prime: tutte gravi ripercussioni negative per famiglie ed aziende, che hanno nuovamente evidenziato la necessità di incentivare il ricorso ad energie prodotte da fonti rinnovabili e di ridurre il più possibile la dipendenza energetica del Paese dall’estero e dalle fonti energetiche fossili tradizionali.  

Nel corso del seminario, al quale hanno partecipato, sia in presenza che con modalità webinar, oltre 350 persone tra professionisti, tecnici pubblici funzionari, si sono avvicendati gli interventi dell’Avv. Francesco DAL PIAZ, dell’Avv. Claudio VIVANI, dell’Ing. Sergio OLIVERO, del Dott. Franco GRANDE e del Dott. Benedetto Damiano RICCI, e sono stati esaminati tutti gli aspetti giuridici, tecnici ed economico-finanziari inerenti le C.E.R.

1.Il quadro normativo europeo e nazionale.

La normativa di riferimento a livello Europeo, tra le altre, è quella dettata dalla Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento Europeo e del Consiglio in data 11 dicembre 2018 (cd. «Direttiva RED II»): rientra tra le otto Direttive emanate nell’ambito del pacchetto “ENERGIA PULITA PER TUTTI GLI EUROPEI” (CEP – Clean Energy Package) in materia energetica (tra cui prestazioni energetiche negli edifici, efficienza energetica, energie rinnovabili e mercato elettrico), in cui sono specificate le definizioni di autoconsumo collettivo e di Comunità di Energia Rinnovabile nonchè la disciplina dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili.

Con il D.Lgs. 8.11.2021 n. 199, entrato in vigore in data 15.12.2021, l’Italia ha recepito la citata Direttiva, da cui ha mutuato le definizioni di “C.E.R.”[1] e di “autoconsumatore”[2]: l’obiettivo finale perseguito dalla normativa è quello di accelerare il percorso di crescita sostenibile e di transizione energetica italiano verso il perseguimento degli obiettivi comunitari di decarbonizzazione entro il 2030 (-55% di emissioni climalteranti rispetto al 1990) ed il 2050 (net-zero).

Nel corso del seminario è stata sottolineata la particolare importanza del ruolo di imprese, cittadini e Comuni per la costituzione delle C.E.R., cui ricorrere per perseguire al meglio gli interessi della popolazione in materia riduzione dei consumi, abbattimento dei costi energetici, efficientamento e transizione ecologica.

Anche gli Enti locali, quali soggetti “aggregatori”, sono chiamati a farsi promotori di iniziative per la costituzione di C.E.R.: a tal fine, devono necessariamente ricorrere a procedure ad evidenza pubblica per l’installazione di sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili in concessione su aree di proprietà pubblica: dunque sono state delineate le caratteristiche principali delle formule di Partenariato Pubblico Privato (P.P.P.), tra cui la disciplina dell’art. 183, comma 15, D.Lgs. n. 50/2016, che consente agli operatori privati di proporre alla Pubblica Amministrazione la realizzazione di infrastrutture di interesse pubblico, sostenendone i rischi ed il costo, a fronte della concessione del bene realizzato per un tempo congruo a garantire la sostenibilità economico-finanziaria dell’investimento.

2.Transizione energetica e P.N.R.R.: la Seconda Missione.

La transizione energetica è intesa come trasformazione radicale di un sistema di generazione, distribuzione e uso dell’energia: un cambiamento profondo e complesso, coinvolgente vari settori (industriale, terziario, residenziale e pubblico) verso un modello più sostenibile ed efficiente.

Gli obiettivi della transizione energetica hanno acquisito particolare rilevanza nell’ambito della Seconda Missione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (P.N.R.R.), le cui principali norme di riferimento sono:

  • il D.L. n. 59/2021, convertito con modificazioni dalla L. n. 101/2021, con cui è stato approvato il Piano Nazionale per gli Investimenti Complementari, finalizzato ad integrare, con risorse nazionali, gli interventi del P.N.R.R.;
  • il D.L. n. 77/2021, convertito con modificazioni dalla L. n. 108/2021, con cui il Consiglio dei Ministri ha approvato le semplificazioni necessarie per favorire la transizione energetica e digitale dettando norme per la «Governance del piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure».

Il P.N.R.R. si compone infatti di sei “missioni”, delle quali la Seconda è destinata alla “Rivoluzione verde e transizione ecologica” articolandosi in quattro componenti: la componente M2-C2 verte specificatamente su energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile, cui sono destinati 23,78 miliardi di Euro, con l’obiettivo di incrementare l’utilizzo delle energie da fonti rinnovabili (F.E.R.) tramite soluzioni decentralizzate e utility scale (incluse quelle innovative e off-shore).

La componente M2-C2, a sua volta, prevede quattro “linee di investimento”: la seconda (Investimento 1.2) riguarda le comunità energetiche e le strutture collettive di autoproduzione, e mira a garantire le risorse necessarie (2,20 miliardi di euro PER I Comuni fino a 5.000 abitanti) per l’installazione di circa 2.000 MW di nuova capacità di generazione elettrica in configurazione distribuita da parte di Comunità di Energie Rinnovabili ed autoconsumatori di energie rinnovabili che agiscono congiuntamente.

3.Costituzione di una C.E.R.: soggetti partecipanti, forme giuridiche ed adempimenti.

L’art. 31 del D.Lgs. n. 199/2021 prevede che una C.E.R. può essere costituita da: singoli cittadini o nuclei familiari, quali utenti finali domestici intestatari di un punto di prelievo o POD; piccole-medie imprese, purché la loro partecipazione ad una C.E.R. non rappresenti l’attività principale, Enti territoriali e Autorità locali (quali Regioni, Province, Città Metropolitane, Comunità Montane, Unioni di Comuni o i singoli Comuni), le Università, gli Enti di ricerca e di formazione, gli Enti Religiosi, gli Enti del Terzo settore e di protezione ambientale. Non possono costituire o far parte di un C.E.R., invece, le società di persone e di capitali poichè le Comunità Energetiche non possono avere scopo di lucro.

La normativa non impone una determinata forma giuridica per la C.E.R. che, dunque, può essere costituita come associazione (riconosciuta e non riconosciuta), consorzio o società consortile, cooperativa o fondazione di partecipazione. Gli statuti Comunitari devono prevedere espressamente: la fornitura di benefici ambientali, economici o sociali, l’oggetto sociale (che deve corrispondere a quanto prescritto dalle specifiche norme), il diritto di partecipare alla C.E.R. per tutti i possessori dei requisiti localizzati nella zona rilevante per la Comunità, le condizioni economiche di ingresso e partecipazione, ossia le quote associative, ed il mantenimento dei diritti di cliente finale e di recesso in ogni momento.

Sono previsti, infine, determinati adempimenti pratici per la costituzione di una Comunità Energetica, quali:

  • la trasmissione del documento al Gestore dei Servizi Energetici (G.S.E.) con il quale si richiede la valorizzazione economica e l’incentivazione dell’energia condivisa;
  • la redazione dello statuto, con la previsione dell’assetto giuridico;
  • la redazione dell’elenco dei clienti finali membri della Comunità;
  • la predisposizione della dichiarazione di conformità relativa al possesso, da parte di tutti i partecipanti, dei requisiti per essere membri di una Comunità Energetica Rinnovabile;
  • la predisposizione di una dichiarazione di conformità relativa agli impianti di produzione;
  • la redazione di una dichiarazione circa la compatibilità della Comunità con gli incentivi per l’autoconsumo collettivo.

4.Vantaggi delle C.E.R..

La costituzione di una Comunità Energetica apporta, prima di tutto, notevoli benefici ambientali, contribuendo alla lotta al cambiamento climatico mediante l’abbattimento delle emissioni di CO₂ o di altri gas clima alteranti[3].

Particolarmente rilevanti, inoltre, sono i benefici di natura sociale. Infatti, le Comunità Energetiche possono sperimentare: i) ruoli innovativi in ambito sociale, etico e civico, strutturandosi attraverso una governance locale a responsabilità diretta, alla base della quale cittadini, associazioni e realtà imprenditoriali condividono un insieme di principi, regole e procedure che riguardano la gestione e il governo delle Comunità, verso obiettivi di autogestione e condivisione delle risorse (c.d. SHARING RESOURCES); ii) un sistema economico principalmente costruito su reti collegate di individui, organizzazioni o comunità che si fondano sulla collaborazione, la condivisione, lo scambio, il commercio di prodotti e/o servizi (c.d. “SHARING ECONOMY”); iii) la produzione e la diffusione di nuove regole all’interno della Comunità che facilitino gli scambi di beni e servizi tra i partecipanti.

Infine, se ben progettate e concepite su scala territoriale adeguata, le C.E.R. rappresentano uno strumento efficace per raggiungere anche vantaggi di natura economica da parte dell’autoconsumatore, alcuni anche nel breve periodo, quali: il risparmio in bolletta (più energia si autoconsuma direttamente e più si riducono i costi delle componenti variabili della bolletta come quota energia, oneri di rete e relative imposte); il guadagno sull’energia prodotta (produrre energia con un impianto di energia rinnovabile può rappresentare una fonte di guadagno grazie ai meccanismi incentivanti; le agevolazioni fiscali (detrazioni o superammortamento) per i privati e per le imprese che realizzano un impianto; a seguito dell’emanazione (prevista dopo l’estate) dei Decreti attuativi di cui al D.Lgs. n. 199/2021, la possibilità di installare impianti di produzione energetica “di cabina primaria” fino ad 1 MW (le C.E.R. di cabina primaria consentono quindi l’installazione di impianti di dimensioni rilevanti ed un conseguente buon ritorno dell’investimento) e di produrre energia “pulita” per l’alimentazione delle batterie delle auto elettriche, che costituisce certamente un problema per l’immediato futuro e dunque un ulteriore opzione di business per gli operatori economici.

5.Esempi virtuosi di Comunità esistenti.

In Italia operano già Comunità Energetiche che dimostrano la bontà di tale metodo di produzione/distribuzione di energia e rappresentano esempi virtuosi da seguire.

La rivoluzione energetica è partita dalla periferia est di Napoli, nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, con un progetto che ha richiesto un finanziamento di circa 100.000 Euro erogato da Fondazione per il Sud. Al servizio della Comunità Energetica è stato realizzato un piccolo impianto fotovoltaico da 53 kW sulla copertura della Fondazione Famiglia di Maria, in grado di produrre circa 65mila kWh/a di energia elettrica, in parte consumata dalla struttura stessa e in parte condivisa con le 40 famiglie coinvolte: si stima che sia in grado di generare un risparmio reale, in termini di minor energia elettrica consumata da tutti gli aderenti alla C.E.R., pari a circa 300.000 Euro in 25 anni.

Di particolare importanza è la C.E.R. costituita dal Comune di Magliano Alpi (CN) che, aderendo al “Manifesto delle Comunità Energetiche per una centralità attiva del Cittadino nel nuovo mercato dell’energia” promosso dall’Energy Center del Politecnico di Torino, è stata registrata come associazione presso l’Agenzia delle Entrate con il nome di “Comunità Energetica Rinnovabile Energy City Hall”. La C.E.R. si sviluppa intorno a un impianto solare fotovoltaico da 20 kW installato sul tetto del Palazzo comunale che, collegato al POD del Municipio, è finalizzato a garantire l’autosufficienza dell’edificio stesso, della biblioteca, della palestra e delle scuole comunali, oltre che a scambiare l’energia in surplus con 5 famiglie partecipanti.

Peraltro, dal progetto del Comune di Magliano Alpi è nato il network “Magliano&Friends”, un ecosistema territoriale nel quale sono attive e giuridicamente costituite C.E.R. con Comuni, cittadini e P.M.I. attivamente coinvolti in tutta la penisola: si tratta di pilot site per creare conoscenza, fare sperimentazioni, definire modelli di business, costruire una narrazione e condividere strumenti, criteri e metodologie.

Attualmente il più grande progetto di C.E.R. in Italia è costituito dalla Comunità Collinare del Friuli (Progetto RECOCER) e coinvolge circa 50.000 abitanti, ed è da segnalare anche il Progetto RECAP (Renewable Energy Communities for the Alpine Pearls) delle “Perle Alpine”, un network di località alpine italiane che intende promuovere le C.E.R. per rendere disponibile energia verde prodotta localmente per la mobilità dolce (eCar, eBike, eShuttle).

La Cooperativa pubblica ACEA PINEROLESE, forse la prima in Italia che ha investito con convinzione nella creazione di C.E.R., ha in corso di realizzazione una ventina di C.E.R. condominiali, ed altre sono in progetto.

Considerata dunque l’opportunità di realizzare C.E.R. di cabina primaria (che quindi può comprendere un territorio vasto, anche di più Comuni) fino ad 1 MW, certamente si moltiplicheranno l’interesse e gli esempi per una modalità di produzione di energia da fonti rinnovabili alla diretta portata di imprese, di comunità di cittadini e di Enti Locali, che consente: una minore spesa per l’energia (beneficio oggi fondamentale per famiglie ed imprese), una maggiore consapevolezza dell’importanza di “staccare la spina” dalle fonti energetiche fossili e tradizionali per motivi ambientali ed economici sempre più impellenti, ed anche una opportunità di investimento.

[1]Artt. 2 e 31: C.E.R., ovvero il soggetto giuridico che si pone l’obiettivo principale di fornire benefici ambientali, economici o sociali ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la Comunità e non quello di realizzare profitti finanziari, ed il cui esercizio dei poteri di controllo fa capo esclusivamente a persone fisiche, PMI, enti territoriali e autorità locali, ivi incluse le amministrazioni comunali, gli enti di ricerca e di formazione, gli enti religiosi, del terzo settore e di protezione ambientale nonché le amministrazioni locali contenute nell’elenco delle amministrazioni pubbliche.
[2]Artt. 2 e 30: Autoconsumatore, ovvero il cliente finale che realizza un impianto con il quale produce energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo e può immagazzinare o vendere l’energia elettrica rinnovabile autoprodotta.
[3]
Secondo i calcoli del Gestore Servizi Energetici, un gruppo di autoconsumatori o una Comunità Energetica Rinnovabile che installi un impianto fotovoltaico da 200 kW, producendo 244 MWh/anno, evita di riversare nell’atmosfera emissioni equivalenti alla combustione di 300 barili di petrolio, pari a 121 tonnellate di CO₂.

Evento, in presenza e webinar<br>Un seminario per sviluppare una visione d’insieme sulle più attuali opportunità in tema di energie rinnovabili

Nella prima edizione del seminario è stato fornito un primo inquadramento giuridico dei concetti di autoconsumo e di Comunità di Energia Rinnovabile, alla luce delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 199/2021, in recepimento delle Direttive Europee (UE) 2018/2001 cd. RED II  e 2019/944 cd. IEMD. 

Centrale rilevanza è stata attribuita allo studio dei modelli legali (associazioni, enti senza scopo di lucro, società consortili etc.) che possono assumere le Comunità di Energia Rinnovabile, unitamente all’analisi delle forme di partenariato pubblico-privato che possono supportare la realizzazione degli impianti di produzione energetica.

Particolare attenzione è stata dedicata agli equilibri economico-finanziari che devono essere garantiti in caso di partenariato tra Enti ed operatori economici, agli studi di fattibilità finalizzati alla costituzione delle Comunità Energetiche ed alle diverse fonti di energia che possono essere prese in considerazione per rispondere, al meglio, alle vocazioni ed alle esigenze dei singoli territori e delle comunità locali. 

E’ stata proposta, inoltre, una panoramica generale sulle opportunità in arrivo grazie ai finanziamenti previsti dal PNRR a favore della transizione energetica.

All’analisi giuridica delle Comunità di Energia Rinnovabile, curata  dall’Avv. Francesco DAL PIAZ e dall’Avv. Claudio VIVANI (esperti nel settore dell’energy), sono seguiti  gli interventi di professionisti in materia contabile e finanziaria (Dott. Franco GRANDE e Dott. Benedetto Damiano RICCI). 

Hanno partecipato l’Ing. Sergio OLIVERO dell’Energy Center del Politecnico di TORINO, esperto di Comunità Energetiche e di autoconsumo, l’Ing. Francesco CARCIOFFO, Amministratore delegato di ACEA Pinerolese, il Dott. Emanuel GIRAUDO, Presidente di ATS Pinerolese, ed il Dott. Sergio CALIFANO, Presidente Fondazione ITS, chiamati a confrontarsi sulle prime esperienze di realizzazione delle C.E.R..

COMUNITÀ ENERGETICHE (C.E.R.) E GRUPPI DI AUTOCONSUMO. LE NUOVE SFIDE DELLA TRANSIZIONE ENERGETICA ED IL RUOLO DEGLI ENTI LOCALI.

SEMINARIO DEL 13 LUGLIO 2022

In data 13 luglio 2022, dalle 9 alle 13, presso il Circolo dei Lettori di Torino ed in modalità webinar si terrà il seminario gratuito, organizzato dallo Studio Legale Dal Piaz e da Legislazione Tecnica, dedicato al tema “Comunità energetiche e gruppi di autoconsumo. Le nuove sfide della transizione energetica ed il ruolo degli Enti locali”.

Il seminario intende affrontare temi di stretta attualità in considerazione dell’esigenza sempre più incombente, non solo per le Pubbliche Amministrazioni ma anche per i cittadini, di investire nello sviluppo di fonti di energia rinnovabile per rispondere agli obiettivi di decarbonizzazione imposti dall’Unione Europea, ma anche per fronteggiare il recente aggravamento della crisi energetica, accelerata dall’esplosione della guerra in Ucraina e causa  dei (gravi) rincari dei costi dell’energia per le famiglie e per le imprese, con conseguente, ulteriore, peggioramento dello stato di incertezza economico, sociale e politico già in atto a livello mondiale, nonché della crisi finanziaria (ed anche climatica) di questi ultimi anni.

Tra le misure più importanti che troveranno sempre maggiore diffusione per perseguire i menzionati obiettivi vi sono, senza dubbio, le Comunità Energetiche Rinnovabili (Renewable Energy Communities o “Rec”), inizialmente disciplinate in Italia con il D.L. 30 dicembre 2019 n. 162 (Decreto Milleproroghe) ed oggetto di successivi interventi da parte del legislatore europeo e nazionale.

Proprio al tema delle Energie Rinnovabili e delle Comunità Energetiche sarà dedicato il seminario del 13 luglio 2022, che prevede la partecipazione di professionisti esperti.

In particolare, i relatori affronteranno i temi più rilevanti in merito alle potenzialità che caratterizzeranno l’azione delle Pubbliche Amministrazioni e degli Enti Locali nella costituzione delle Comunità Energetiche, mediante le tipiche forme giuridiche (ad esempio di Partenariato Pubblico Privato) cui possono fare ricorso per la realizzazione degli impianti di produzione energetica.

A seguire, sono previsti interventi di professionisti del settore dell’energy, esperti in materia contabile e finanziaria, giuristi e rappresentanti dell’Università per approfondire l’argomento e fornire indicazioni di carattere “pratico”.

“DECRETO AIUTI” D.L. n. 50/2022 Nuove forme di sostegno per le imprese negli appalti pubblici Ulteriore spinta per l’uso di energia rinnovabile

Lo scorso 17 maggio è stato pubblicato il Decreto Legge n. 50 recante “Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina”, conosciuto come “Decreto Aiuti”.

Lo scopo del Decreto è contrastare gli effetti derivanti dalla crisi militare in Ucraina, mediante la creazione di nuovi strumenti (ed il potenziamento di quelli esistenti) volti a salvaguardare l’economia italiana dall’aumento dei prezzi di materie prime, energia e carburanti.

Le misure predisposte dall’Esecutivo si articolano in bonus fiscali che promuovono l’uso di energia derivante da fonti rinnovabili, politiche sociali in favore di lavoratori dipendenti, pensionati, percettori NaSPI e famiglie e misure diversificate in favore delle imprese, anche negli appalti pubblici.

Misure in materia di ripresa economica e di sostegno della liquidità delle imprese

Tra gli strumenti predisposti a sostegno delle imprese e della ripresa economica (articoli 15 – 30) meritano particolare attenzione gli articoli 26 e 27, che dettano specifiche disposizioni in materia di appalti pubblici di lavori e di concessioni di lavori, finalizzate a fronteggiare gli eccezionali aumenti dei prezzi dei materiali da costruzione, dei carburanti e dei prodotti energetici causati, da ultimo, dal conflitto in atto in Ucraina.

L’articolo 26 stabilisce che i SAL per le lavorazioni eseguite e contabilizzate dal Direttore dei Lavori o annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure dal 1 gennaio 2022 al 31 dicembre 2022 siano adottati, anche in deroga alle specifiche previsioni contrattuali, “applicando i prezziari aggiornati ai sensi del comma 2 ovvero, nelle more del predetto aggiornamento, quelli previsti dal comma 3”, utilizzando somme già accantonate per imprevisti in relazione a ciascun affidamento o, tra l’altro, derivanti dai ribassi d’asta.

Nello specifico, il comma 2 dispone che le Regioni sono tenute, limitatamente all’anno 2022, ad aggiornare i prezzari in uso al momento di entrata in vigore del D.L. n. 50/2022 entro il 31 luglio 2022; i prezzari così aggiornati troveranno applicazione anche per le procedure di affidamento di opere pubbliche avviate tra la data di entrata in vigore del Decreto Aiuti ed il 31 dicembre 2022. In caso di inadempimento delle Regioni, sarà compito del MIMS, entro la metà di agosto 2022, sentite le stesse Regioni inadempienti (sic!), aggiornare i prezzari.

Per i soli contratti relativi a lavori, il comma 3 prevede che le Stazioni Appaltanti applichino, nelle more della revisione dei prezzari da parte delle Regioni, “ai fini della determinazione del costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni, ai sensi dell’articolo 23, comma 16, del decreto legislativo n. 50 del 2016”, le risultanze dei prezzari regionali aggiornati alla data del 31 dicembre 2021 incrementati fino al 20%: stante l’esplicito richiamo effettuato all’art. 23 del vigente Codice dei contratti pubblici (relativo ai livelli di progettazione), tale comma sembra applicabile solo per l’adeguamento dei prezzi delle gare pubblicate successivamente alla data di entrata in vigore del Decreto Aiuti, e non alle gare ed ai contratti già in corso di esecuzione (per i quali bisognerà attendere l’aggiornamento dei prezzari regionali). E’ quindi senz’altro necessario che il Governo chiarisca la portata interpretativa del comma 3 dell’art. 26 del Decreto Aiuti, onde non determinare ulteriori disagi al mondo imprenditoriale e lavorativo.

Peraltro, è da segnalare il particolare beneficio assicurato esclusivamente ai contraenti di lavori, in corso alla data di entrata in vigore del Decreto Aiuti, affidati da ANAS o da FERROVIE DELLO STATO; infatti, il comma 12 del medesimo art. 26 stabilisce che: “In relazione ai contratti affidati a contraente generale dalle societa’ del gruppo Ferrovie dello Stato e da ANAS S.p.A. in essere alla  data di entrata in vigore del presente decreto le cui opere siano in corso di esecuzione, si applica un incremento del 20 per cento agli importi delle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei  lavori dal 1° gennaio 2022 fino al 31 dicembre 2022”.

Analoga previsione potrebbe essere estesa a beneficio di qualsivoglia appalto di lavori pubblici in corso alla data del 17 maggio 2022, anche se bisognerebbe affrontare il problema relativo alla disponibilità delle necessarie risorse finanziarie da parte di enti e/o società pubblici non statali.

Nell’ipotesi in cui dall’aggiornamento dei prezzari operato dalle Regioni risulti, per l’anno 2022, una variazione superiore o inferiore al 20% rispetto ai prezzari aggiornati al 31 dicembre 2021, le Stazioni Appaltanti provvederanno al conguaglio degli importi riconosciuti a titolo di pagamento dei SAL per le lavorazioni eseguite e contabilizzate dal Direttore dei Lavori o annotate nel libretto delle misure successivamente all’adozione del prezzario aggiornato.

Il successivo articolo 27 dispone che i concessionari autostradali ex art. 142, comma 4, D.Lgs. n. 163/2006 ed art. 164, comma 5, D.Lgs. n. 50/2016 possono aggiornare il quadro economico del progetto esecutivo utilizzando il prezzario di riferimento più aggiornato purché, alla data di entrata in vigore del Decreto Aiuti, il quadro economico del progetto esecutivo sia approvato o in corso di approvazione e l’avvio delle procedure di affidamento sia previsto entro il 31 dicembre 2023. Il quadro economico del progetto esecutivo rideterminato ai sensi del comma 1 deve essere sottoposto all’approvazione del concedente e gli eventuali maggiori oneri derivanti dall’adeguamento operato dai concessionari non concorrono alla determinazione della remunerazione del capitale investito netto, né incidono sulla durata della concessione.

Misure in materia di energia

Tra le numerose disposizioni in materia energetica (articoli 1 – 14) sono previste in particolare: l’introduzione di benefici fiscali in favore di privati ed imprese per l’acquisto ed il consumo di energia elettrica e gas, e la promozione dello sviluppo delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), ossia di persone giuridiche composte da una pluralità di soggetti privati o pubblici/privati che, mediante la dotazione di impianti condivisi, provvedono alla produzione ed all’autoconsumo di energia derivante da fonti rinnovabili.

In particolare, l’articolo 2 stabilisce un incremento del credito di imposta in favore delle imprese che acquistano energia elettrica e gas naturale, già riconosciuto con i precedenti Decreti Legge n. 17/2022 e n. 21/2022, rispettivamente rideterminato dal 12% al 15% e dal 20% al 25%.

L’articolo 9, dedicato alle Comunità Energetiche Rinnovabili, modifica il comma 2 dell’articolo 20 D.L. n. 17/2022 (convertito in Legge n. 34/2022), accrescendo  la potenza degli impianti installabili: pertanto, il Ministero della Difesa ed i concessionari di cui all’articolo 20, comma 1, D.L. n. 17/2022 “possono costituire comunità energetiche rinnovabili nazionali anche con altre pubbliche amministrazioni centrali e locali anche per impianti superiori a 1 MW”, con facoltà di accedere ai regimi di sostegno applicati all’energia prodotta da fonti rinnovabili (ex D.Lgs. n. 199/2021), tra cui figurano specifici meccanismi di incentivazione volti ad assicurare un’equa remunerazione dei costi di investimento ed esercizio delle stesse CER.

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L’incertezza generata dal periodo pandemico e dal conflitto Russo-Ucraino, che ha comportato una minore disponibilità – ed il parallelo aumento dei prezzi – di molteplici tipologie di prodotti, anche energetici e di carburanti, ha giustamente alimentato la sensibilità verso le tematiche della sostenibilità dei contratti di appalto pubblici (e non solo) e dell’utilizzo di energia derivante da fonti rinnovabili, nell’ottica del graduale raggiungimento della cd “indipendenza energetica”.

Non è assolutamente detto, però, che le misure introdotte con il Decreto Aiuti siano sufficienti a far fronte al caro-prezzi (di materie prime e di energia) tuttora in corso, e la prevedibile crisi economica che ne deriverà.