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LO STUDIO LEGALE DAL PIAZ NEL PROCEDIMENTO AUTORIZZATORIO PER LA REALIZZAZIONE DEL RIGASSIFICATORE “ALTO TIRRENO”

Lo Studio legale Dal Piaz, specializzato in materia, segue i Comuni di Savona e di Quilianonell’ambito Conferenza di Servizi per la realizzazione del nuovo rigassificatore “Alto Tirreno”.

Il Comune di Savona, non essendo stato coinvolto nella Conferenza, si avvale dell’assistenza dello Studio per valutare le azioni da intraprendere a tutela dei propri interessi. Il Comune di Quiliano, con l’aiuto dello Studio e di Terra S.r.l., ha presentato richiesta di chiarimenti ed osservazioni per richiedere una modificazione della proposta progettuale.

Il progetto

La Società SNAM FSRU Italia S.r.l. ha presentato in data 26.06.2023, ai sensi dell’art. 46, comma 1, del D.L. 159/2007,istanza di autorizzazione al Commissario Straordinario di Governo, in persona del Presidente della Regione Liguria, per la realizzazione del progetto di ricollocazione nell’Alto Tirreno della nave rigassificatrice FSRU (Floating Storage & Regasification Unit) Golar Tundra (attualmente operante nel porto di Piombino) e del nuovo collegamento alla rete nazionale di trasporto del gas naturale.

Con Ordinanza n. 2 del 01.08.2023 il Commissario ha dato avvio al procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica, ex art. 5 D.L. 50/2022, al progetto finalizzato ad incrementare la capacità di rigassificazione nazionale per un periodo di 22 anni a far data dalla entrata in esercizio e, per tale ragione, qualificato agli atti come “intervento strategico di pubblica utilità, indifferibile e urgente”.

In data 21.08.2023 è stato pubblicato l’Avviso denominato “Avviso al pubblico di avvio del procedimento unico ai sensi dell’art. 5 del d.l. 50/2022 e dell’art. 46 del d.l. 159/2007 per il progetto denominato “Emergenza gas – Incremento della capacità di rigassificazione: progetto di ricollocazione nell’alto Tirreno della FSRU Golar Tundra e del nuovo collegamento alla rete nazionale di trasporto del gas naturale”.

Secondo quanto indicato nell’Avviso pubblico e rappresentato da SNAM il progetto prevede: la realizzazione di un sistema di ormeggio a torretta a circa 2 miglia nautiche (circa 4 km) dalla costa ligure di ponente di fronte a Vado Ligure (SV); l’ormeggio di un mezzo navale tipo FSRU in corrispondenza del sistema a torretta; la realizzazione delle connesse infrastrutture per l’allacciamento, dell’impianto PDE (sito nel territorio di Quiliano) contenente le apparecchiature di filtraggio e di misura del gas naturale e del relativo collegamento con l’approdo costiero, del collegamento dall’impianto PDE alla esistente Rete Nazionale Gasdotti (RNG) tramite una nuova condotta. La lunghezza complessiva delle condotte è di circa 32,8 km di cui 4,2 km a mare. Inoltre, la nave rigassificatrice FSRU assicurerà un flusso annuo di almeno 5 miliardi di standard metri cubi di gas naturale nella rete nazionale.

Il procedimento autorizzatorio oggetto dell’Avviso pubblico è regolato dal combinato disposto dell’46 D.L. 159/2007 (conv. in L. n. 222/2007), che delinea le procedure di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, secondo il modulo del procedimento unico, e dell’art. 5 D.L. n. 50/2022 (conv. in L. n. 91/2022), che detta le disposizioni per la realizzazione di nuove capacità di rigassificazione. Concorre a delineare il procedimento autorizzatorio l’art. 3 D.L. 57/2023 (conv. in L. n. 95/2023) che dispone ulteriori integrazioni alla disciplina in materia.

Secondo la nuova disciplina, l’autorizzazione per la costruzione o per l’esercizio, anche a seguito di ricollocazione, delle opere e delle infrastrutture di cui all’art. 5, comma 1, del D.L. 50/2022, è rilasciata dal Commissario straordinario di Governo competente a seguito di svolgimento di un procedimento unico, comprensivo delle valutazioni ambientali di cui al D.L.152/2006, della durata massima di duecento giorni dalla data di ricezione dell’istanza di SNAM, svolto ai sensi del medesimo art. 5D.L. 50 del 2022.

Il termine per la conclusione del procedimento è, quindi, fissato in data 12.01.2024 (salvo sospensione dei termini secondo le disposizioni di legge), data entro la quale il Commissario dovrebbe sottoscrivere il provvedimento autorizzatorio per il trasferimento della nave. Tale termine è stato appositamente esteso da 120 giorni (come in precedenza previsto dall’art. 5 D.L. n. 50/2022) a 200 giorni proprio per tenere conto di tale adempimento, in quanto la disciplina precedente aveva previsto l’esenzione dalla V.I.A. mentre il progetto in corso è soggetto a V.I.A. nazionale in quanto ricadente nella categoria “1) Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal  petrolio  greggio),  nonche’ impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate  al  giorno di  carbone  o   di   scisti   bituminosi, nonche’ terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto” (di cui all’Allegato II della Parte II del D.Lgs. 152/2006).

Inoltre, il progetto rientra tra quelli indicati all’Allegato I-bis della Parte II del D.Lgs. 152/2006 (“Opere e infrastrutture finalizzate all’incremento della capacità di rigassificazione nazionale mediante unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione”) per i quali è prevista una V.I.A. cd. “fast track”, con termini dimezzati stimati in circa 175 giorni invece che un anno (cfr. art. 25, comma 2-bis, D.Lgs. 152/2006).Pertanto, in base a tale procedura “accelerata”, l’istruttoria è di competenza di una Commissione istituita ad hoc(Commissione Tecnica PNRR-PNIEC– cfr. art. 8, comma 2-bis, D.Lgs. 152/2006), che predisporrà lo schema di provvedimento di V.I.A., di successiva adozione da parte del Direttore Generale del Ministero della Transizione Ecologica. Il Ministero dell’Ambiente ha di recente pubblicato la documentazione inerente il procedimento di V.I.A., che dovrà ora essere soggetta al vaglio delle Amministrazioni e di chiunque abbia interesse a presentare proprie osservazioni.

In applicazione di tali disposizioni, al fine di acquisire i pareri necessari per il rilascio dell’autorizzazione unica, in data 11.08.2023 è stata indetta la Conferenza di Servizi ai sensi dell’art. 14 bis L. 241/1990 (in forma semplificata ed in modalità asincrona), nell’ambito della quale le Amministrazioni comunali interessate dalle opere hanno presentato richieste di chiarimenti ed osservazioni.

Le valutazioni degli impatti ambientali e sanitari guideranno ora l’evolversi dell’iter ed è, comprensibilmente, su questi aspetti che si focalizzerà la massima attenzione degli Enti coinvolti.

Nel frattempo, risulterà fondamentale per i Comuni del comprensorio savonese operare in sinergia, con reciproca collaborazione, al fine di analizzare puntualmente i riflessi che il progetto avrà sui territori sia della fascia costiera che dell’entroterra.

Dal “FESTIVAL DEI FUTURI POSSIBILI” al convegno “Progetto RECOCER, la più grande Comunità Energetica Rinnovabile d’Italia” in Friuli-Venezia Giulia

Nelle giornate del 15-16-17 giugno 2023 l’evento organizzato dal Comune di Sangano (TO) dal titolo “DESTINAZIONE TERRA 2100 – IL FESTIVAL DEI FUTURI POSSIBILI” ha avuto al centro una importante riflessione sulle tematiche giuridiche, tecniche ed economiche che interessano le Comunità Energetiche, in una prospettiva volta alla condivisione delle conoscenze più avanzate in materia.

Le tematiche saranno oggetto di ulteriore approfondimento nel convegno cui prenderà parte l’Avv. Francesco DAL PIAZ dedicato al “Progetto RECOCER” della Comunità Collinare del Friuli, che avrà luogo il 1 luglio 2023presso il castello di Colloredo di Monte Albano alla presenza del Viceministro del MASE Vannia GAVA, di importanti autorità e di RSE, GSE ed ENEA.

Presso il FESTIVAL DEI FUTURI POSSIBILI di Sangano, in cui è stata costituita, appunto con la forma di società cooperativa, la prima “Comunità Energetica Cooperativa” del Piemonte, l’Avv. Francesco DAL PIAZ ha evidenziato alcune criticità proprie del contesto normativo attuale, soprattutto alla luce della recente Deliberazione della Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Toscana, n. 77/2023/PASP. E’ stato rilevato come le disposizioni contenute nel TUSP – Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (articolo 4, comma 7, D.Lgs. n. 175/2016) debbano essere necessariamente lette in chiave coordinata con le norme del D.Lgs. n. 199/2021 (di attuazione della Direttiva cd. “RED II”), nonchè l’importanza di individuare un quadro regolatorio chiaro, che consenta, da un lato, di preservare la finalità sociale ed ambientale delle Comunità di Energia Rinnovabile, valorizzando al tempo stesso la C.E.R come “utility” cui la Legge (art. 31 D.Lgs. n. 199/2021) consente di svolgere attività che vanno oltre la produzione di energia (interventi di domotica, efficientamento energetico, servizi di ricarica dei veicoli elettrici, vendita di energia, ecc.).

Inoltre, è stata approfondita la “visione” degli amministratori locali (in particolare, attraverso gli interventi dell’Avv. Alessia CERCHIA, responsabile del team di Spazio Energia dello Studio Legale Dal Piaz ed assessore del Comune di Sangano)secondo cui le C.E.R. costituiscono un modello nuovo che deve essere configurato, anche sotto il profilo delle regole di governance, per rispondere alle esigenze della comunità territoriale di riferimento. Nelle C.E.R. caratterizzate dalla partecipazione degli Enti locali il controllo della Corte dei Conti (i cui aspetti tecnici sono stati chiariti, nel dettaglio, dalla relazione della Dott.ssa Laura ALESIANI, Magistrato referendario della Corte dei Conti del Piemonte) si rivela, del resto, essenziale proprio per garantire il perseguimento della mission pubblica, anche attraverso l’incisivo strumento del controllo di legalità finanziaria.

Di qui il ruolo fondamentale della forma giuridica della cooperativa quale strumento per promuovere processi di aggregazione di area vasta (si pensi al PAESC, Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile ed il Clima) che possono rispondere agli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione previsti dall’Unione Europea ed agire per il contrasto alla crisi climatica. Proprio l’esigenza impellente di individuare un modello di sviluppo alternativo porta ad indicare i Comuni come risorsa da cui può partire un cambio di visione, attraverso una classe dirigente locale in grado di cambiare i paradigmi senza “attendere” interventi legislativi provenienti dall’alto, secondo un approccio cd. “ bottom up” (grande interesse, in questa chiave, ha rivestito la prospettiva del cd. “localismo strategico”, approfondito negli interventi del Sindaco di Sangano, Alessandro MERLETTI, del Dott. Giancarlo BUFFO, Amministratore delegato di C.I.S.L.A. S.r.l., del Dott. Roberto COLOMBERO, Presidente UNCEM PIEMONTE, del Dott. Rocco BALLACCHINO, Direttore tecnico Zona Ovest di Torino).

Nel corso del convegno è stato inoltre analizzato lo studio della regolazione economica e finanziaria delle C.E.R.; in particolare, sono stati trattati gli aspetti contabili, fiscali e attinenti gli incentivi attualmente previsti dalla normativa per le Comunità di Energia Rinnovabile (illustrati dai relatori Dott. Filippo RAITERI e Dott. Davide di RUSSO), anche alla luce dei recenti interventi del Testo Integrato sull’Autoconsumo Diffuso e del Decreto del Ministero dell’Ambiente (finora ancora in bozza).

Nel quadro della regolazione economica di tali iniziative è stato approfondito il ruolo del sistema bancario nella transizione energetica (come chiarito dall’Ing. Perla GIANNOTTI dell’Istituto Banco Azzoaglio); le banche e gli intermediari finanziari sono infatti chiamati ad una gestione dei rischi climatici e ambientali, nonché ad una verifica della rispondenza dei finanziamenti erogati alle imprese ai criteri di sostenibilità fissati dalla Tassonomia europea.

Infine, grande interesse ha rivestito l’approfondimento degli aspetti più tecnici e innovativi delle C.E.R., con un tavolo di confronto interamente dedicato alle diverse fonti di energia che possono alimentare una Comunità Energetica, con riguardo al solare termico (Ing. Riccardo BATTISTI, Senior Project Manager di Ambiente Italia S.r.l., Ing. Stefano PERASSI, Energy Manager), alle biomasse ed alle possibilità offerte dall’utilizzo dell’idrogeno in ambito civile (Dott. Marco CHIAPPERO), anche attraverso l’esempio rappresentato da progetti pilota avviati in alcuni Paesi europei.

Le strategie di decarbonizzazione devono essere progettate a livello locale e fondarsi su un approccio integrato dal basso, in grado di creare sinergie tra tutti i soggetti interessati ed integrare le fonti energetiche sul territorio, anche attraverso interventi ispirati alla valorizzazione del patrimonio storico esistente (come sottolineato dalle Professoresse e ricercatrici del Politecnico di Torino Diana ROLANDO, Alice BARRECA, Giorgia MALAVASI) unitamente alle potenzialità che possono essere tratte dalla decarbonizzazione del settore edilizio.

“DESTINAZIONE TERRA 2100 – IL FESTIVAL DEI FUTURI POSSIBILI” ha quindi rappresentato un importante momento di riflessione sull’evoluzione giuridica e tecnica delle Comunità Energetiche in una prospettiva di lungo periodo, che continuerà nel convegno dedicato al “Progetto RECOCER” della Comunità Collinare del Friuli il 1 luglio 2023. Le relazioni degli esperti dimostrano infatti che contrastare la povertà energetica ed i cambiamenti climatici, creando valore aggiunto per il territorio attraverso l’innovazione nel modo di produrre e consumare energia, è possibile solo in presenza di “visione” da parte delle istituzioni locali e delle imprese, unite nel desiderio di realizzare un cambiamento davvero rivoluzionario.

Gli Avv.ti DAL PIAZ e CERCHIA parlano dell’innovativa CER da cabina primaria di Sangano a “DESTINAZIONE TERRA 2100 – IL FESTIVAL DEI FUTURI POSSIBILI”

Da tempo lo Studio Legale Dal Piaz si occupa, con attenzione e vivo interesse, di tematiche sempre più attuali e rilevanti per il futuro del Pianeta quali: le fonti di energia rinnovabile, le Comunità Energetiche, la tutela dell’ambiente.

In tale prospettiva “DESTINAZIONE TERRA 2100 – IL FESTIVAL DEI FUTURI POSSIBILI” rappresenta uno degli appuntamenti più importanti in cui lo Studio sarà impegnato: il Festival si svolgerà nelle giornate del 15-16-17 giugno2023 ed avrà l’obiettivo di condividere le conoscenze e le esperienze che le amministrazioni comunali, i professionisti e gli appassionati hanno maturato al fine di facilitare la realizzazione delle Comunità di Energia Rinnovabile (CER).

L’iniziativa nasce dall’esperienza del Comune di Sangano, il quale, insieme al Presidente dell’AGCI Piemonte, agli imprenditori e dai cittadini, ha costituito la prima “Comunità Energetica Cooperativa” in Piemonte.

Le CER, come ormai noto ai lettori dei contributi scientifici dello Studio, sono un modello locale di Comunità finalizzate alla produzione ed all’autoconsumo di energia prodotta da fonti rinnovabili, e per questo sono poste al centro di una strategia finalizzata a raggiungere gli obiettivi europei di decarbonizzazione (entro il 2030) e di autonomia energetica.

La scelta del Comune di Sangano di ricorrere alla forma giuridica “Cooperativa” per la costituzione della CER non è casuale: la Cooperativa può infatti rappresentare il modello ideale per dare slancio alle Comunità di Energia Rinnovabile di iniziativa pubblica e di futura costituzione, valorizzando l’aspetto della cooperazione e della responsabilizzazione dei cittadini.

Il Comune di Sangano, quindi, ha scelto di farsi esempio virtuoso di una nuova forma di Comunità di Energia Rinnovabile, puntando sulla collaborazione attiva dei propri cittadini.

Nel corso del Festival interverranno numerosi relatori, portavoce di realtà e problematiche diverse che interessano la realizzazione di una CER, tra i quali: il Sindaco del Comune di Sangano Alessandro MERLETTI, l’Assessore del Comune di Sangano e responsabile del team Spazio Energia dello Studio Legale Dal Piaz Avv. Alessia CERCHIA, il Magistrato referendario della Corte dei Conti Piemonte Dott.ssa Laura ALESIANI, l’Head of Business&FinanceInnovation dell’Energy Center del Politecnico di Torino Prof. Sergio OLIVERO, il Presidente di CIDIU Servizi Avv. Stefano TIZZANI, e molti Sindaci del territorio e specialisti del settore.

L’Avv. Francesco DAL PIAZ approfondirà in particolare il tema riguardante il rapporto tra il soggetto pubblico e quello privato nei grandi distretti produttivi che intendono costituire una Comunità di Energia Rinnovabile da cabina primaria.

PRIMA “ROAD MAP” DELLA CORTE DEI CONTI (TOSCANA) PER LA COSTITUZIONE DI C.E.R. SOTTO FORMA DI SOCIETÀ PUBBLICHE O PARTECIPATE<br> Corte dei Conti, Sez. Reg. di Controllo per la Toscana, Deliberazione n. 77/2023/PASP

Con la Deliberazione n. 77/2023/PASP, la Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Toscana, traccia una prima “road map” per i Comuni che intendono costituire una Comunità di Energia Rinnovabile (C.E.R.) sotto forma di società pubblica o partecipata, ovvero acquistare quote di società già costituite.

La pronuncia prende in esame, nello specifico, la Deliberazione n. 5 in data 26.01.2023 avente ad oggetto la costituzione della nuova società consortile a responsabilità limitata denominata “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO SCARL”, adottata dal Consiglio comunale di Montevarchi e trasmessa alla Corte nel rispetto di quanto disposto dall’art. 5, comma 3, D. Lgs. n. 175/2016 (T.U.S.P.), unitamente alla bozza di Statuto e dell’Atto costitutivo.

In dettaglio, l’Ente ha deliberato: “… 1) DI COSTITUIRE, nel Comune di Montevarchi, la nuova società consortile a responsabilità limitata denominata “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO Scarl”, ai sensi dell’articolo 2615-ter e dell’articolo 2462 c.c., per le finalità di cui all’art. 31 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 ed in particolare per raggiungere l’obiettivo principale di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità e non quello di realizzare profitti finanziari; 2) DI APPROVARE lo Statuto e l’Atto costitutivo della “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO Scarl (omissis). 3) di PRENDERE ATTO che soci fondatori della società consortile a responsabilità limitata denominata “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO Scarl” risultano essere l’Amministrazione comunale di Montevarchi e la Società Concessionaria – come risultante dall’aggiudicazione definitiva efficace della procedura di gara di evidenza pubblica – che sottoscriveranno l’atto costitutivo ed avranno la proprietà dell’impianto di produzione di energia rinnovabile messo nella disponibilità della Comunità Energetica. 4) DI DEMANDARE al Sindaco del Comune di Montevarchi, quale socio fondatore la sottoscrizione dell’Atto costitutivo della Società consortile “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO Scarl. 5) DI PRENDERE ATTO che il capitale sociale della Società consortile “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO Scarl è di euro 10.000 (diecimila) integralmente versato all’atto della costituzione dai Soci Fondatori (omissis)” (così Deliberazione del Consiglio comunale n. 5/2023).

L’esito della disamina, di ben quaranta pagine, è risultato “parzialmente negativo” rispetto all’adeguatezza delle motivazioni offerte dalla Deliberazione al vaglio dei magistrati contabili, pur assumendo particolare valore quale riferimento da seguire per future iniziative con le medesime finalità.

In particolare, la Corte, pur riconoscendo l’indiscutibile meritevolezza delle finalità generali cui le Comunità Energetiche sono volte, ha ritenuto che le stesse non possono essere considerate di per sé sufficienti “a suffragare le ragioni fondanti la costituzione della società in esame; difatti, nell’esercizio della funzione di controllo sull’atto deliberativo de quo viene in rilievo non la scelta in sé dell’Ente di partecipare ad una comunità energetica rinnovabile, quanto la decisione di conseguire tale obiettivo mediante il ricorso ad un modulo organizzativo di tipo societario”.

I rilievi sollevati nei confronti della Deliberazione del Comune di Montevarchi si sono concentrati, in particolare, sui seguenti punti:

  1. non essendo rinvenibile, nella legislazione europea e nazionale, alcuna disposizione che imponga l’adozione della forma societaria per le Comunità Energetiche, ovvero che esoneri l’Amministrazione procedente dall’onere motivazionale rafforzato di cui agli artt. 5, comma 1 e 4,T.U.S.P.,l’Ente avrebbe dovuto fondare la propria scelta di costituire una Comunità Energetica in forma di società consortile a r.l. “su un analitico scrutinio di coerenza della partecipazione con le proprie finalità istituzionali e sulla necessità del ricorso al modulo societario per il loro perseguimento, evidenziando, altresì, le ragioni giustificative anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria;
  2. l’atto deliberativo avrebbe dovuto offrire idonee motivazioni per ciascuno dei parametri giuridici ed economico-finanziari ex art. 5, comma 1, T.U.S.P. ed in relazione alle caratteristiche proprie delle Comunità Energetiche rinnovabili (es.: natura di soggetto autonomo, libertà delle forme, partecipazione aperta e volontaria, ecc.);
  3. l’oggetto sociale della costituenda società contempla “lo svolgimento anche di attività non immediatamente riconducibili alle finalità istituzionali di un ente comunale” (ad esempio, attività di ricerca); conseguentemente solo alcune attività della C.E.R. sono state ritenute ricollegabili alle funzioni comunali;
  4. è stata rilevata l’assenza integrale di un business plan(o di altra documentazione similare) sulla specifica vicenda di costituzione della C.E.R., con conseguente impossibilità della Corte di compiere qualsiasi valutazione circa la ragionevolezza, la completezza e l’attendibilità dell’operazione, sotto il profilo della sostenibilità finanziaria oggettiva e soggettiva dell’operazione.

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Pertanto, è opportuno ripercorrere le diverse fasi normative e procedimentali previste dal T.U.S.P., e richiamate dalla Corte, per la costituzione di nuovi soggetti societari da parte delle Amministrazioni Pubbliche, da applicarsi anche in caso di istituzione e gestione delle Comunità Energetiche Rinnovabili.

Il procedimento innanzi alla Corte dei Conti trova la propria disciplina nell’art. 5 del D. Lgs. n. 175/2016, come recentemente modificato dall’art. 11, comma 1, lett. a), L. n. 118/2022 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza), secondo cui l’atto deliberativo di costituzione di una società o di acquisizione di una partecipazione (diretta o indiretta) in una società già costituita deve essere trasmesso dall’Amministrazione Pubblica all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che può esercitare i poteri attribuiti dall’articolo 21-bis della Legge 10 ottobre 1990 n. 287, ed alla Corte dei Conti, che deve deliberare, entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento, in ordine alla conformità dell’atto a quanto disposto dai commi 1 e 2 del medesimo art. 5, nonché dagli artt. 4, 7 e 8, con particolare riguardo alla sostenibilità finanziaria ed alla compatibilità della scelta pubblica con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa.

Il vaglio della magistratura contabile è stato introdotto, in particolare, per soddisfare l’esigenza di “sottoporre a scrutinio i presupposti giuridici ed economici della scelta dell’amministrazione, prima che la stessa venga attuata mediante gli strumenti del diritto privato; ciò in ragione delle rilevanti conseguenze che la nascita di un nuovo soggetto societario o l’intervento pubblico in una realtà già esistente determina sotto molteplici profili” (Deliberazione n. 16/SSRRCO/QMIG/22).

Ai sensi dell’art. 5, commi 1 e 2, T.U.S.P., in particolare, la Corte dei Conti è tenuta a verificare che il provvedimento adottato dall’Amministrazione contenga un’analitica motivazione con riferimento ai seguenti presupposti:

  1. la necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali (cfr. art. 4 T.U.S.P.);
  2. le ragioni e le finalità che giustificano la scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, nonché della gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato;
  3. la compatibilità con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa;
  4. l’assenza di contrasto con le norme dei Trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese.

Inoltre, la magistratura contabile deve valutare che l’atto deliberativo sia stato adottato con le modalità e i contenuti prescritti dagli artt. 7 e 8 del T.U.S.P.

Trattandosi di un parere obbligatorio ma non vincolante, in caso di mancato pronunciamento della Corte entro sessanta giorni l’Amministrazione può procedere alla costituzione o all’acquisizione della società, mentre, in caso di parere in tutto o in parte negativo, ove scelga comunque di procedere, l’Amministrazione è tenuta a rispettare l’onere di motivare analiticamente le ragioni per le quali intende discostarsi dal parere negativo della magistratura contabile e di dare pubblicità, nel proprio sito internet istituzionale, a tali motivazioni.

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1.L’approvazione della deliberazione consiliare. Accertamenti preliminari.

1.1. La consultazione pubblica sullo schema di atto deliberativo e la compatibilità dell’intervento con le norme dei Trattati europei (art. 5, commi 1 e 2, T.U.S.P.).

Nel caso di specie, il vaglio della Corte dei Conti si è concentrato, in via preliminare, sulla valutazione delle modalità seguite dal comune per l’approvazione della Deliberazione consiliare di costituzione della nuova Società, con particolare riferimento a quanto previsto dall’art. 5, comma 2, seconda parte, del T.U.S.P. secondo cui “Gli enti locali sottopongono lo schema di atto deliberativo a forme di consultazione pubblica, secondo modalità da essi stessi disciplinate”.

Sul punto, la Corte ha precisato che oggetto di valutazione non può essere la semplice “conoscibilità” da parte della cittadinanza del progetto di costituzione di una Comunità Energetica sul territorio comunale (che il Comune ha realizzato mediante la pubblicazione di articoli sulla stampa locale e nazionale e la condivisione sui canali social), quanto l’espletamento della consultazione pubblica su uno specifico atto individuato dal legislatore, ossia lo schema di atto deliberativo di costituzione della società.

Tale previsione è in linea, secondo i magistrati toscani, con la tendenza legislativa (anche europea) di introdurre – per progetti aventi un potenziale impatto sulle comunità amministrate – momenti istituzionalizzati di confronto, dando maggiore effettività al coinvolgimento dei cittadini e dei portatori di interessi rispetto alla realizzazione dello specifico intervento pubblico.

Le modalità attraverso le quali la consultazione pubblica deve avvenire possono essere stabilite a livello nazionale, demandando ad una specifica Autorità/Ministero il compito di adottarle (vedi, ad esempio, il dibattito pubblico ex art. 22 del D. Lgs. n. 50/2016), ovvero rimesse all’autonomia organizzativa e regolamentare degli enti (come in questo caso).

Il Comune, dunque, avrebbe dovuto attivare, con modalità dallo stesso liberamente individuate, forme di consultazione della comunità amministrata sullo schema di atto deliberativo e avrebbe, quindi, dovuto darne piena conoscenza al Consiglio Comunale ed alla Giunta per le valutazioni conseguenti, nonché ai cittadini mediante pubblici avvisi.

Il secondo profilo richiamato dalla Corte dei Conti, con riferimento agli accertamenti prodromici all’approvazione della Deliberazione consiliare in esame, è riferito al rispetto della disciplina prevista dall’art. 5, comma 2, prima parte, del T.U.S.P. secondo cui: “L’atto deliberativo di cui al comma 1 dà atto della compatibilità dell’intervento finanziario previsto con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese”.

Per l’effetto, la valutazione dell’Amministrazione in merito alla compatibilità dell’intervento con le norme dei Trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese (artt. 107 e 108 TFUE) avrebbe dovuto essere supportata da un’adeguata attività istruttoria, “tesa ad evidenziare l’assenza di potenziali rischi di lesione della concorrenza che il legislatore intende presidiare” (cfr., ad esempio, Corte Cost.n. 142/2018).

1.2.  L’accertamento della necessità del ricorso alla forma societaria per il perseguimento delle finalità istituzionali (artt. 4 e 5 T.U.S.P.).

Ai sensi dell’art. 5, comma 1, T.U.S.P. l’atto deliberativo di costituzione di una società ovvero di acquisto di partecipazioni, anche indirette, in società già costituite deve essere analiticamente motivato con riferimento alla necessità della società di perseguire le finalità istituzionali di cui all’art. 4 T.U.S.P. evidenziando, altresì, le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta. Sul punto, la Corte Costituzionale nella sentenza n. 201/2022 ha chiarito che “tale articolata previsione, che impone all’ente di esporre – con un onere “rafforzato” di motivazione soggetto al sindacato giurisdizionale – le ragioni della partecipazione (anche minoritaria), è infatti indicativa di un’ulteriore «cautela verso la costituzione e l’acquisto di partecipazioni di società pubbliche»” (cfr. anche Corte Cost. n. 100/2020).

In particolare, l’art. 4, commi 1 e 2, T.U.S.P. stabilisce che le “amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società”.

La norma statuisce, dunque, che la costituzione di società da parte di soggetti pubblici ovvero l’acquisizione o il mantenimento di partecipazioni societarie sia giustificabile solo se l’oggetto dell’attività sociale – la produzione di beni e servizi – è strettamente necessario al perseguimento delle finalità istituzionali dell’Ente.

A tale vincolo segue, poi, quello introdotto con l’art. 4, comma 2, secondo cui  le società a costituzione e partecipazione pubblica possono svolgere «esclusivamente» le attività ivi espressamente indicate, ovvero: a) produzione di un servizio di interesse generale; b) progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra P.A.; c) realizzazione e gestione di un’opera pubblica o di un servizio d’interesse generale, attraverso un contratto di partenariato; d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti, o allo svolgimento delle loro funzioni; e) servizi di committenza. A tali espresse finalità si aggiunge anche l’espressa ammissibilità di partecipazioni in società aventi per oggetto sociale prevalente la produzione di energia da fonti rinnovabili (art. 4, comma 7).

Quindi, ai fini dell’assolvimento dell’onere motivazionale di cui all’art. 5, comma 1, T.U.S.P., il Comune è tenuto, anzitutto, a valutare e motivare analiticamente la coerenza della partecipazione societaria con le proprie finalità istituzionali (c.d. “principio della funzionalizzazione”) oltre all’indispensabilità dello strumento societario per il conseguimento di tali fini.

La carenza di motivazione contestata, nel caso de quo, al Comune di Montevarchi riguarda la non rinvenibilità di una motivazione analitica riferita al perseguimento delle finalità istituzionali di cui all’art. 4 T.U.S.P.

Invero, l’Ente si sarebbe limitato a richiamare gli obiettivi climatici ed energetici e la disciplina europea e nazionale (legislativa e amministrativa) di settore, affermando che  “il ruolo delle amministrazioni locali assume estrema rilevanza all’interno delle CER, come punto di riferimento iniziale per la nascita della CER, per essere considerati enti aggregatori di tutta la comunità territoriale”, senza offrire, ad avviso dei magistrati contabili “alcun puntuale ancoraggio della decisione di costituire la società alle finalità enucleate nell’art. 4 del T.U.S.P.”.

Sul punto, la Corte ha riconosciuto che la partecipazione dei cittadini, degli operatori economici privati e delle autorità locali a progetti nell’ambito delle energie rinnovabili attraverso le Comunità Energetiche può comportare un notevole valore aggiunto in termini di diffusione di tali fonti di produzione a livello locale e di accesso a capitali privati aggiuntivi, con incremento degli investimenti sul territorio, delle possibilità di scelta per i consumatori, nonché di una maggiore partecipazione dei cittadini alla transizione energetica (cfr. anche il Considerando n. 70 della Direttiva (Ue) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio in data 11 dicembre 2018).

Ciononostante, i magistrati contabili hanno precisato che “le finalità meritorie, cui le comunità energetiche sono volte, non possono tuttavia ritenersi di per sé sufficienti a suffragare le ragioni relative alla costituzione della società in esame. A conforto di ciò milita, in primo luogo, il dato testuale: nessuna previsione della legislazione europea e nazionale, né il T.U.S.P. esonerano l’Amministrazione procedente dall’onere motivazionale rafforzato di cui all’art. 5, comma 1, e all’art. 4 T.U.S.P. Le valutazioni devono essere quindi condotte avendo riguardo allo specifico oggetto sociale della società costituenda e non al “modello astratto” di comunità energetica, coniato dal legislatore.”.

Inoltre, dalla disamina dello Statuto della società è stato rilevato che la C.E.R. Montevarchi – Valdarno S.c.a.r.l. avrebbe previsto lo svolgimento di attività ulteriori rispetto a quelle proprie delle Comunità Energetiche (“La Società consortile potrà svolgere anche le seguenti attività, sia direttamente che mediante terzi: la promozione e la collaborazione nell’ambito di attività di ricerca, anche in collaborazione con istituzioni scientifiche e accademiche, su tematiche coerenti con il proprio oggetto sociale; (omissis) il supporto alle attività di ricerca nel settore delle fonti energetiche rinnovabili, anche in collaborazione con enti e istituzioni pubblici e privati; la pianificazione territoriale per l’energia, anche a beneficio di altri enti territoriali, azioni per la promozione di politica energetica sui territori, messa in opera e assistenza di progetti pilota per la valorizzazione delle Fonti Energetiche Rinnovabili (F.E.R.)”. Veniva sottolineato altresì che l’assenza di una chiara distinzione tra le attività principali (o prevalenti) e quelle sussidiarie non consentiva di sussumere con un sufficiente grado di certezza l’operazione in una delle attività di cui all’art. 4 del T.U.S.P., richiamando, a titolo esemplificativo, alcune previsioni statutarie.”).

Sul punto, la Corte dei Conti chiarisce che, sebbene l’art. 31 del D. Lgs. n. 199/2021 non richieda una “distinzione tra attività principali e sussidiarie”, il vaglio della stessa Corte deve essere finalizzato a ricostruire l’iter logico-motivazionale dell’Ente “ai fini della sussunzione dell’operazione societaria in una delle fattispecie normative di cui all’art. 4 del T.U.S.P, tra le quali figura anche quella di cui al comma 7, 2° parte. Quest’ultima fattispecie, però, si ritiene integrata solo qualora la produzione di energia da fonti rinnovabili costituisca l’oggetto sociale prevalente della società; da qui, l’importanza di comprendere se lo Statuto disponesse una gradazione della rilevanza delle attività in esso elencate”.

Per l’effetto, è stato rilevato che la produzione di energia da fonti rinnovabili – qualificata in giurisprudenza come attività d’interesse pubblico (cfr., Cons. St., sez. VI, n. 1201/2016; Cons. St., sez. IV, n. 2983/2021; Cons. St., sez. IV, n. 2242/2022) – la condivisione, l’accumulo e la vendita della stessa – purché avvenga nel rispetto dell’art. 31 del D. Lgs. n. 199/2021 – ed alcune attività connesse (quali: gestire i rapporti con il GSE; monitorare produzione e consumi dei propri soci con finalità di verifica e rendicontazione; accedere agli incentivi e ai rimborsi connessi alla condivisione dell’energia tra i soci) sono da ritenersi tendenzialmente in linea con le attività delle Comunità Energetiche ex art. 31 D. Lgs. n. 199/2021.

Invero, tali attività ben possono assolvere ad una finalità pubblica purché la motivazione dimostri “che si tratta di attività di produzione e fornitura di un bene (nel caso di specie, l’energia elettrica) che, in relazione al territorio di riferimento, non sarebbe svolta dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbe espletata a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, e che il Comune, nell’ambito delle competenze attribuite dalla legge (cfr. art. 3 e 13 del d.lgs. n. 267 del 2000), assume come necessaria per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento” (es. Corte dei Conti, Sez.Reg. di Controllo per la Lombardia, Deliberazione n. 201/2017/PAR).

A diversa conclusione è, invece, pervenuta la Corte con riguardo allo svolgimento delle attività di ricerca (e quelle ad essa connesse), previste dallo Statuto della C.E.R. Montevarchi – Valdarno S.c.a.r.l., poiché tali attività non risulterebbero immediatamente riconducibili alle finalità istituzionali di un Ente comunale.

Criticità sono emerse, in sede istruttoria, anche in ordine alla necessaria motivazione analitica circa l’infungibilità dello strumento societario e, in particolare, del tipo “società consortile a responsabilità limitata” rispetto ad altri moduli organizzativi previsti per Legge, oltre che sulla “partecipazione pulviscolare” da parte dell’Ente locale alla costituenda C.E.R., in quanto inidonea a consentire all’Ente di incidere sugli indirizzi gestionali, con conseguenti dubbi sulla compatibilità di tali partecipazioni con l’impianto del D. Lgs. n. 175/2016 in termini di stretta necessità del modulo societario.

La complessità della scelta di una forma giuridica coerente con le finalità di Comunità Energetiche caratterizzate dalla partecipazione di Enti locali è certamente aggravata dal quadro regolamentare di riferimento, caratterizzato dalla sovrapposizione di una pluralità di disposizioni legislative di cui alcune riferibili alle caratteristiche proprie del modello astratto “Comunità Energetiche Rinnovabili”, altre di portata generale prescritte dal T.U.S.P., ma tutte cogenti per le Amministrazioni procedenti non essendo previsto alcun regime derogatorio delineato dal legislatore.

In particolare, nel caso de quo è stato rilevato che il Comune si sarebbe limitato a ritenere che “la forma associativa società consortile a responsabilità limitata Scarl sia lo strumento idoneo a rispondere alla duplice esigenza di unitarietà d’azione fra soci e miglior coordinamento e sinergia nelle attività di indirizzo e controllo, nonché di agevolare il reperimento di risorse finanziarie senza gravare sulla finanza pubblica”.

Secondo i magistrati, tuttavia, l’esigenza di garantire (e motivare analiticamente) il rispetto della disciplina di settore in materia di C.E.R. (es. art. 31 D. Lgs. n. 199/2021) così come di quella generale in materia di società pubbliche (es.D. Lgs. n. 175/2016) rende necessario l’esperimento di una valutazione volta ad accertare se il modulo organizzativo societario sia il modello strettamente necessario per la Comunità Energetica (anche considerato il  principio di neutralità della “forma” coniato dalla legislazione europea e replicato in quella nazionale),e quindi ad individuare il “tipo” societario – tra quelli consentiti dall’art. 3, comma 1, T.U.S.P. – più funzionale alle esigenze emergenti nel caso concreto (ossia, nella fattispecie, le caratteristiche proprie di una Comunità Energetica), in base alla normativa di settore (ad esempio, autonomo soggetto giuridico, principio di libera entrata e uscita dei membri della Comunità, ecc.).

Tali valutazioni dell’Ente, devono, inoltre, essere integralmente riportate nell’atto deliberativo, eventualmente anche attraverso la tecnica della motivazione per relationem.

1.3. La scelta della veste giuridica delle C.E.R. e le criticità della forma consortile prescelta dal Comune di Montevarchi.

Al fine di procedere alla necessaria valutazione circa l’indispensabilità della partecipazione societaria, la Corte dei Conti ha ritenuto opportuno muovere dalla considerazione che la disciplina europea, nazionale e regionale in materia non hanno indicato espressamente alcuna “veste giuridica” da attribuire alle C.E.R., lasciando così libertà di forme, ma determinando, al contempo, un onere di motivazione particolarmente stringente in capo alle Pubbliche Amministrazioni.

Secondo il Collegio, peraltro, la scelta adottata dal Comune di Montevarchi di ricorrere alla forma della Società consortile a responsabilità limitata (S.c.a.r.l.) solleverebbe vari dubbi di ammissibilità, proprio in considerazione delle caratteristiche strutturali tipiche del prototipo “Comunità Energetica Rinnovabile”.

Invero, i magistrati contabili hanno sottolineato le criticità della forma societaria consortile nel garantire la partecipazione libera e volontaria dei membri della comunità, considerato che ai sensi dell’art. 2615-ter c.c. tali forme societarie hanno, come scopo sociale, quello tipico del contratto di consorzio ex art. 2602 c.c. (es. l’istituzione di un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese) e che l’atto costitutivo può stabilire l’obbligo dei soci di versare contributi in denaro (cfr. art. 2615-ter, comma 2, c.c.).

Il Collegio ha osservato che le società consortili ex art. 2615 ter c.c., in forma di S.r.l. o di società azionaria, sono strutture societarie cd. “a capitale fisso”. In queste fattispecie, l’ingresso dei nuovi soci può avere luogo solo attraverso (i) il trasferimento della partecipazione già in circolazione in quanto detenuta da un socio, ovvero (ii) la delibera di aumento di capitale anche mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi e sottoscrizione dello stesso (o di una parte) ad opera del nuovo socio, da liberarsi mediante conferimento in denaro o natura, con modifica dell’atto costitutivo. In tale ultimo caso e con specifico riguardo alla società a responsabilità limitata, l’ingresso di nuovi soci nella compagine sociale potrebbe trovare un ostacolo nell’esercizio, da parte di uno o più quotisti, del diritto di opzione (diritto di sottoscrizione) riconosciuto dall’art. 2481-bis c.c. a tutela del carattere personalistico della società a responsabilità limitata.

Le regole di “ingresso” di nuovi soci nella compagine sociale dettate per le società a capitale fisso non sembrano, dunque, per i magistrati contabili, idonee a garantire il principio della partecipazione aperta e volontaria prevista, nel quadro delineato dal legislatore nazionale ed europeo, per il modello delle C.E.R. concepite espressamente come “un’entità giuridica autonoma caratterizzata da un alto livello di fluidità in ingresso e uscita dei soci, con una significativa riduzione degli oneri amministrativi”.

Quindi, secondo la Corte, il Comune avrebbe dovuto effettuare un’analisi comparata con altri modelli organizzativi, potenzialmente più funzionali rispetto alle caratteristiche della costituenda Comunità Energetica. Al contrario, il Comune ha cercato di “piegare” la forma tipica della società cortile prescelta alla natura delle Comunità Energetiche, mediante l’introduzione di norme tipiche dei modelli propri delle società cd. a capitale variabile, quali le società cooperative che hanno scopo mutualistico. Per queste ultime, in particolare, l’art. 2528 c.c. disciplina le modalità d’ingresso dei nuovi soci, informandole al principio delle cd. “porte aperte”.

Nelle forme della cooperativa, invero, la mancanza di una determinazione fissa del capitale sociale consente l’ingresso di un nuovo socio nella compagine sociale senza dover procedere ad una modifica dell’atto costitutivo, essendo allo scopo sufficiente l’adozione di apposita deliberazione da parte degli amministratori, a seguito della domanda dell’interessato.

L’art. 2528 c.c., tuttavia, non può trovare applicazione alla società consortile ex art. 2615-ter c.c., che rinvia espressamente alla disciplina del tipo prescelto (S.r.l. o società azionaria). L’inserimento nello Statuto di clausole tipiche di differenti forme societarie, dunque, porta a “snaturare” i connotati fondamentali del tipo societario prescelto, rendendone dubbia la riconoscibilità rispetto al corrispondente modello legale.

Analoghe considerazioni sono state svolte dai magistrati contabili con riferimento alle previsioni statutarie che introducono un regime di responsabilità dei soci non in linea con la struttura del “tipo” prescelto, dotato di personalità giuridica e di autonomia patrimoniale perfetta. Il riferimento è, in particolare, alla previsione statutaria secondo cui “Per le obbligazioni assunte dagli organi sociali per conto dei singoli soci, questi ultimi ne rispondono in proprio in via esclusiva”.

Da ultimo, il Collegio ha osservato che al Comune è stato riservato, a livello statutario, l’acquisto di una partecipazione “pulviscolare” nella C.E.R. Montevarchi-Valdarno S.c.a.r.l., posto che la società è sottoposta al controllo di diritto dell’altro socio Energy Montevarchi S.r.l. per il 99,99% delle quote.

Sebbene la titolarità di una simile partecipazione pulviscolare sia stata ritenuta ammissibile dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale(sul punto cfr. Corte Cost., sentenza n. 201/2022), la scelta impone di motivare in modo ancora più rigoroso la determinazione assunta dall’Ente, posto che l’esiguità della partecipazione renderebbe impossibile qualunque intervento concreto sulle decisioni della società ed una reale influenza per il conseguimento del c.d. fine pubblico; né potrebbe essere sanata, secondo la Corte, dalle previsioni statutarie che attribuiscono al Comune la designazione di due componenti del Consiglio di Amministrazione (Presidente e consigliere di amministrazione).

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2. I parametri “economici” del controllo ed il perimetro di sindacato della Corte dei Conti (art. 5, commi 1 e 3, T.U.S.P.).

Tra i profili di carattere economico-finanziario che, in base all’art. 5, commi 1 e 3, T.U.S.P. devono integrare il tessuto motivazionale degli atti in questione, un ruolo centrale è rivestito dai principi di sostenibilità finanziaria e convenienza economica, cui si collegano le valutazioni relative alle possibilità alternative della gestione diretta o esternalizzata e alla compatibilità della scelta comunale con i principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa. Rispetto a tali requisiti l’Amministrazione è chiamata ad effettuare i necessari approfondimenti istruttori, che devono sorreggere la scelta e confluire nella motivazione analitica dell’atto deliberativo conclusivo.

Il Collegio ha rilevato che, in tali ambiti, l’Amministrazione esercita un potere caratterizzato da “discrezionalità tecnica”, essendo chiamata a fare applicazione di criteri, regole e canoni propri di conoscenze specialistiche diverse dalla scienza giuridica, richiamati in modo diretto dalle norme. Nel caso di specie, in particolare, è stato ritenuto necessario fare riferimento ai giudizi tecnici basati su competenze del settore aziendalistico e finanziario, caratterizzati da margini di opinabilità in quanto non suffragati da scienze esatte o da relazioni universalmente accettate.

Con particolare riguardo al sindacato della magistratura contabile sui parametri economici, le Sezioni Riunite in sede di Controllo, nella Deliberazione n. 16/SSRRCO/2022/QMIG, hanno enunciato il seguente principio di diritto: “nell’esame previsto dall’art. 5, comma 3, del TUSP sui parametri della sostenibilità finanziaria e della compatibilità della scelta con i princìpi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa, la competente Sezione della Corte dei conti verifica la completezza e l’adeguatezza degli approfondimenti condotti dall’amministrazione, anche in ragione della complessità dell’operazione sottoposta ad esame, nonché l’affidabilità e attendibilità delle stime effettuate, ai fini di una valutazione complessiva di coerenza, ragionevolezza e compatibilità delle conclusioni cui perviene l’amministrazione”.

2.1. Onere analitico di motivazione della sostenibilità finanziaria (art. 5, commi 1 e 3, TUSP).

Con riferimento al parametro della “sostenibilità finanziaria”, le Sezioni Riunite in sede di Controllo, con Deliberazione n. 16/SSRRCO/2022/QMIG, hanno affermato che “il concetto di sostenibilità finanziaria assume una duplice accezione: una di tipo oggettivo, concernente le caratteristiche proprie dell’operazione di investimento societario che l’amministrazione intende effettuare; l’altra di carattere soggettivo, tesa a ponderarne gli effetti in relazione alla situazione finanziaria specifica dell’ente pubblico interessato”.

La sostenibilità finanziaria oggettiva si riferisce alla capacità della società di garantire, in via autonoma ed in un adeguato lasso temporale di previsione, l’equilibrio economico-finanziario attraverso l’esercizio delle attività che ne costituiscono l’oggetto sociale.

Tra gli strumenti cui l’Amministrazione pubblica, nell’ambito del proprio iter istruttorio, deve fare ricorso rientra, senza dubbio, la realizzazione di un approfondito business plan(o forme analoghe di analisi di fattibilità) dell’attività di impresa che si intende avviare o proseguire.

Nel documento devono essere riportati, in particolare, tutti gli elementi descrittivi dell’operazione societaria che si intende eseguire: nel caso di acquisto di partecipazioni, è necessario un quadro della società in cui si intende investire, con l’evoluzione operativa ed economica degli ultimi esercizi; nel caso di costituzione di nuova società, è richiesta la definizione delle linee generali del progetto, con particolare riferimento al contesto del mercato di riferimento in termini di domanda potenziale e di offerta già esistente, ed al posizionamento strategico che la società si prefigge di conseguire.

Le Sezioni Riunite in sede di Controllo, con Deliberazione n. 16/SSRRCO/2022/QMIG, hanno precisato che “tali elementi costituiscono le ipotesi di fondo sulla base delle quali devono essere sviluppate le previsioni finanziarie, sia di conto economico (quindi riportando le stime dei costi e dei ricavi) sia relative ai cash flow complessivi, ossia ai flussi finanziari derivanti dalle varie aree gestionali (attività operativa, attività di investimento e attività di finanziamento come definiti nel principio contabile OIC 10 “Rendiconto finanziario”). Parimenti, l’esercizio di previsione deve riguardare la situazione patrimoniale prospettica della società che ci si accinge a costituire o partecipare, delineandone l’evoluzione delle attività (liquide, correnti o immobilizzate) e delle relative fonti di finanziamento (passività e patrimonio netto)”.

Le previsioni dello studio di fattibilità devono essere accompagnate da apposite note esplicative che, nel rispetto dei principi di trasparenza e chiarezza, ne espongono le ipotesi di sviluppo. In particolare, la Corte ritiene che debba essere esplicitata la natura dei ricavi (es. se consistenti in trasferimenti pubblici o ricavi da prestazioni di beni e servizi) e la relativa struttura (es. le ipotesi circa la determinazione del fatturato in termini di volumi ed i prezzi dei prodotti/servizi resi) e descritta la composizione ed evoluzione dei costi, sia variabili sia fissi, con specifico riguardo a quelli strutturali, quali le esigenze di personale e gli oneri finanziari, anche al fine di mettere in luce il momento di pareggio aziendale (c.d. “break even point”) in cui il flusso atteso di ricavi sia in grado di garantire la copertura dei costi complessivi stimati.

Nella prospettiva della trasparenza e della semplificazione, le proiezioni economico-finanziarie del business plan possono essere, inoltre, accompagnate dall’elaborazione di alcuni indicatori di bilancio, idonei ad offrire informazioni sui principali aspetti gestionali, tra cui la redditività, la liquidità e l’indebitamento, oltre ad individuare i rischi principali legati all’iniziativa in grado di incidere sulle proiezioni finanziarie sviluppate.

La verifica realizzata dalla Corte dei Conti sul piano finanziario sviluppato dall’Amministrazione deve valutarne espressamente la completezza e l’adeguatezza di approfondimento.

Sul punto, le Sezioni Riunite in sede di Controllo, con Deliberazione n. 16/SSRRCO/2022/QMIG, hanno precisato che “il requisito della completezza implica la verifica che l’istruttoria condotta dall’amministrazione contenga tutti gli elementi informativi per la comprensione del progetto deliberato. Il parametro dell’adeguatezza, invece, si riferisce alla valutazione dell’intensità degli approfondimenti istruttori richiesti, da modularsi in chiave proporzionale rispetto al grado di complessità dell’operazione societaria deliberata. Ulteriori profili di scrutinio ad opera della competente sezione di controllo della Corte dei conti attengono all’affidabilità e attendibilità del Business Plan o di altra documentazione istruttoria relativa alla fattibilità economico-finanziaria dell’operazione. Il criterio dell’affidabilità attiene al 31 procedimento per la formulazione delle proiezioni del piano, sotto il profilo dei dati utilizzati e del metodo di elaborazione; quello dell’attendibilità, invece, postula una valutazione complessiva di coerenza, ragionevolezza e compatibilità delle conclusioni che l’amministrazione trae in merito alla sostenibilità finanziaria dell’operazione. Nel caso di acquisizione di partecipazioni in realtà societarie già esistenti, il giudizio di attendibilità dovrà altresì tenere in considerazione la coerenza delle previsioni formulate con i dati di bilancio disponibili per il passato”.

A partire dalla menzionata pronuncia, i magistrati contabili toscani hanno rilevato che il Comune di Montevarchi non sarebbe stato in grado di offrire alcuna documentazione finanziaria sulla fattibilità economica dell’operazione e, conseguentemente, hanno ritenuto che l’atto deliberativo fosse privo anche dei minimi elementi motivazionali circa la sostenibilità finanziaria dell’operazione di costituzione della Comunità Energetica.

Né è stato ritenuto possibile ovviare alla carenza delle predette valutazioni con il richiamo fatto dal Comune alla documentazione relativa alla procedura di affidamento mediante Partenariato Pubblico Privato ex art. 180 e ss. D. Lgs. n. 50/2016 disposta per “la realizzazione di impianti di produzione da fonti energetiche rinnovabili e di una comunità energetica rinnovabile nel Comune di Montevarchi” e, in particolare, alla Relazione al Piano Economico Finanziario (cd. PEF).

In tale documento, infatti, non è previsto alcuno studio di fattibilità specifico sulla costituzione della C.E.R. Montevarchi Valdarno S.c.a.r.l. né alcuna valutazione economica: i riferimenti alla Comunità Energetica sono stati effettuati solo da un punto di vista tecnico-operativo, prescindendo dalle specifiche caratteristiche economico-finanziarie della società.

Pertanto, il Collegio ha ritenuto opportuno porre  l’attenzione degli operatori sull’imprescindibile rilevanza che lo studio di fattibilità assume, in quanto perno centrale di ogni valutazione sulla sostenibilità finanziaria di un’operazione societaria, e sulla necessità che lo stesso sia tale da consentire all’Amministrazione interessata di acquisire ogni elemento utile per l’assunzione di decisioni ben ponderate, anche in ordine al contesto del mercato di riferimento, in termini di domanda potenziale e di offerta già esistente,  al posizionamento strategico che la società si prefigge di conseguire, ai “ricavi” e ai ”costi”; elementi che non possono essere sottovalutati anche al fine di garantire l’adeguata capitalizzazione della società, nel rispetto del dibattuto principio della “congruità del capitale sociale” per il conseguimento dell’oggetto sociale.

Invero, sebbene l’evoluzione giurisprudenziale e normativa abbiano progressivamente portato a ritenere che l’entità del capitale sociale iniziale non costituisca, di per sé, un indice decisivo per valutare la possibilità di conseguimento dell’oggetto sociale, nel caso di società pubbliche – anche in considerazione dei peculiari regimi cui ogni finanziamento deve essere informato (es. disciplina in materia di aiuti di stato, divieto di soccorso finanziario, ecc.) -occorre ritenere  che “un elemento da cui ex ante può desumersi un difetto di motivazione sotto il profilo della adeguata valutazione sulla sostenibilità finanziaria, è quello di una evidente sottocapitalizzazione della società che l’ente intende costituire. Una società c.d. sottocapitalizzata ha in sé il rischio che la stessa, per esercitare la sua attività d’impresa, dovrà ricorrere a indebitamento presso soggetti terzi che, a loro volta, erogheranno il finanziamento solo a fronte di rilascio di garanzie personali e/o reali da parte dell’Amministrazione socia” (cfr., Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia, Deliberazioni nn. 215/2022/PASP e 161/2022/PASP).

Sulla base delle menzionate considerazioni, dunque, la Corte dei Conti ha richiamato l’attenzione degli operatori sulla necessità di dare piena applicazione alla previsione dell’art. 5 T.U.S.P., ponendo alla base delle eventuali decisioni di acquisizione di partecipazioni o di costituzione di nuove società una robusta analisi economico-finanziaria sulla fattibilità dell’operazione.

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La sostenibilità finanziaria soggettiva dell’operazione di costituzione o di acquisto di partecipazioni societarie deve essere valutata con riguardo alla situazione specifica dell’Amministrazione procedente.

Nel caso de quo, in particolare, il Collegio ha rilevato che l’operazione prevista dal Comune produrrebbe un esborso esiguo a carico del bilancio dell’ente, posto che la partecipazione detenuta dallo stesso è stata quantificata nello 0,01 per cento. Ciononostante, i magistrati hanno ritenuto che l’istruttoria condotta dal Comune non consenta di escludere effetti finanziari indiretti per l’Ente, dovuti all’applicazione di alcune clausole statutarie non pienamente in linea con i principi di sana gestione finanziaria, tra cui – ad esempio – la possibilità prevista dallo Statuto che la società richieda ai propri soci contributi annuali, determinati dall’Assemblea dei Soci su proposta del Consiglio di Amministrazione.

Sebbene lo statuto preveda che per i soggetti pubblici tali contributi siano determinati nei limiti previsti dalla legge e dai rispettivi ordinamenti e bilanci, la Corte ha osservato che nel caso di società pubbliche tale clausola dovrebbe essere accompagnata dall’opportuna fissazione, da parte del socio pubblico, di preventivi limiti alla possibilità di una contribuzione in corso d’esercizio. Invero, tali contributi, seppur legittimi, potrebbero comportare un’ulteriore esposizione finanziaria dell’Ente socio e risultare potenzialmente elusivi del principio di divieto del c.d. “soccorso finanziario” di cui all’art. 14, comma 5, T.U.S.P.; inoltre se “l’entità del contributo non sia ancorata a criteri predeterminati, ma venga deliberata dall’Assemblea dei soci su proposta del Consiglio di Amministrazione(la stessa – n.d.r.) genera ulteriori incertezze sull’esposizione dell’Ente e potrebbe, in ultima istanza, alterare il principio dell’autonomia patrimoniale perfetta”.

Allo stesso modo, la Corte ha rilevato l’assenza di qualsiasi valutazione in ordine alla potenziale esposizione del socio (pubblico) in caso di perdita di esercizio che riduca il capitale sociale di oltre 1/3 ovvero in caso di perdite superiori al capitale sociale, nella parte in cui lo Statuto della C.E.R. prevede che al verificarsi di simili perdite vi provvedano “i due soci fondatori in maniera proporzionale alla propria quota di capitale sociale”.

Sebbene il Comune di Montevarchi detenga una partecipazione esigua, ad avviso della Corte l’inserimento di una simile clausola non sarebbe in linea con il principio del divieto di soccorso finanziario, posto che  le operazioni di ricapitalizzazione per coprire perdite societarie strutturali potrebbero influire negativamente sui bilanci pubblici, compromettendone la sana gestione finanziaria, oltre che confliggere con le disposizioni dei Trattati europei (art. 106 TFUE) che escludono che soggetti operanti nel mercato comune possano beneficiare di diritti speciali o esclusivi, o comunque di privilegi in grado di alterare la concorrenza “nel mercato”.

2.2. Onere analitico di motivazione della convenienza economica e di compatibilità della scelta con i principi di efficienza, efficacia ed economicità.

La motivazione analitica dell’atto deliberativo deve offrire le ragioni di convenienza economica poste a fondamento della scelta di fare ricorso allo strumento societario, anche in ipotesi di costituzione di C.E.R., e deve essere idonea a spiegare sia la funzionalità della soluzione prescelta rispetto alle esigenze ed agli obiettivi dell’Amministrazione (efficacia) sia il corretto impiego delle risorse pubbliche (efficienza ed economicità).

Rispetto al principio dell’efficacia, in particolare, la motivazione deve rendere note le finalità perseguite mediante lo strumento societario, non solo sotto il profilo della redditività del capitale investito espressa nello studio di fattibilità ma anche con riguardo ai vantaggi conseguibili in termini di obiettivi di policy, “eventualmente sintetizzabili in indicatori di output e outcome”.

Per i profili di efficienza ed economicità, l’art. 5, comma 1, T.U.S.P. stabilisce espressamente che la valutazione realizzata dal Comune deve avere ad oggetto il confronto con altre soluzioni gestionali, come la gestione diretta o la completa esternalizzazione mediante affidamento del servizio, ove tali strade siano percorribili, anche mediante la comparazione tra i benefici ed i costi attualizzati delle singole soluzioni possibili.

Nella direzione della valutazione di convenienza economica, dunque, lo scrutinio dell’atto deliberativo deve essere finalizzato ad accertare che l’istruttoria dell’Amministrazione abbia confrontato i risultati economici prevedibilmente derivanti dalle varie forme di gestione possibili, tenendo conto della qualità del servizio erogato e del diverso grado di efficienza nello svolgimento attraverso l’uno o l’altro strumento, mediante un calcolo dettagliato dei costi e dei benefici di ciascuno di essi.

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Le valutazioni offerte dalla Corte dei Conti, Sez. Reg. di Controllo per la Toscana, nella Deliberazione n. 77/2023/PASP aprono, certamente, scenari non rassicuranti per gli operatori del settore e per tutte le Amministrazioni Pubbliche, in primis gli Enti locali, che intendano farsi promotori, in via diretta, della costituzione di nuove Comunità Energetiche.

Certamente, non può che ritenersi indispensabile un intervento legislativo finalizzato a chiarire gli spazi di intervento per le Amministrazioni e, ove la loro presenza all’interno delle forme societarie costituite per la gestione delle C.E.R., sia ritenuta auspicabile se non necessaria (come sembrerebbe desumersi dalle posizioni assunte dal legislatore nazionale ed europeo), potrebbe rendersi necessario un intervento normativo finalizzato ad alleggerire gli oneri motivazionali richiesti dal T.U.S.P. o, in ogni caso, ad offrire chiarimenti espressi in merito alla forma giuridica da ritenersi più congrua alle costituente Comunità Energetiche ed agli obiettivi pubblici da perseguire.

IL DECRETO M.A.S.E.:L’ “AUSPICATA” DIROMPENTE DIFFUSIONE DELLE COMUNITA’ ENERGETICHE RINNOVABILI

In data 23 febbraio 2023 il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (M.A.S.E.) ha comunicato di aver avviato l’iter con l’Unione Europea sulla proposta di Decreto che incentiva la diffusione di forme di autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. La proposta dovrà ora attendere il via libera della Commissione UE necessario per la sua entrata in vigore[1].

Si tratta di un provvedimento molto atteso che, nelle intenzioni del Ministero dell’Ambiente, si propone di promuovere la diffusione sull’intero territorio nazionale delle Comunità di Energia Rinnovabile (C.E.R.), considerate fonte di sviluppo economico sostenibile e di coesione sociale, ponendole al centro di una strategia finalizzata a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione (entro il 2030) e di autonomia energetica.

Al fine di perseguire tali obiettivi, il Decreto istituisce un regime di aiuto per il sostegno, nell’intero territorio nazionale, delle C.E.R. e delle configurazioni di autoconsumo singolo e collettivo.

Pertanto, in attuazione del disposto dell’art. 8 e dell’art. 14, comma 1, lett. e) del D.Lgs. n. 199/2021, sono state definite le modalità di incentivazione per sostenere l’energia elettrica prodotta da impianti a fonti rinnovabili inseriti in configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell’energia rinnovabile, nonché i criteri e le modalità per la concessione dei contributi previsti dalla Missione 2, Componente 2, Investimento 1.2 (Promozione rinnovabili per le comunità energetiche e l’autoconsumo) del PNRR.

I contenuti della proposta di Decreto del M.A.S.E.

La proposta è incentrata su due misure: un incentivo in tariffa sulla quota di energia condivisa da impianti a fonti rinnovabili (con potenza massima agevolabile di 5GW entro il 31 dicembre 2027) e un contributo a fondo perduto fino al 40% dei costi ammissibili per lo sviluppo delle Comunità Energetiche, attraverso la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili nei Comuni fino a 5.000 abitanti (potenza agevolabile almeno pari a 2GW fino al 30 giugno 2026).

I benefici previsti riguardano tutte le tecnologie rinnovabili, quali ad esempio il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e le biomasse.

I soggetti beneficiari degli incentivi in tariffa sono le configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell’energia rinnovabile[2], tra cui rientrano le Comunità Energetiche Rinnovabili. Gli impianti a fonti rinnovabili, inclusi i potenziamenti, inseriti nelle predette configurazioni devono possedere una potenza nominale massima del singolo impianto o dell’intervento di potenziamento non superiore a 1 MW (limite derogabile per le sole C.E.R. costituite dal Ministero della Difesa, dal Ministero dell’Interno, dal Ministero della Giustizia e dagli Uffici Giudiziari, nonché dalle Autorità di Sistema Portuale). Inoltre, gli impianti di produzione ed i punti di prelievo inclusi nelle configurazioni devono essere connessi alla rete di distribuzione tramite punti di connessione facenti parte dell’area sottesa alla medesima cabina primaria. Con riferimento ai requisiti di accesso agli incentivi, la proposta di Decreto specifica che le Comunità Energetiche Rinnovabili devono risultare regolarmente costituite alla data di presentazione della domanda di accesso agli incentivi.

Non è consentito l’accesso agli incentivi, in particolare, alle imprese in difficoltà secondo la definizione riportata nella Comunicazione della Commissione Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà.

Alla quota di energia condivisa nell’ambito delle configurazioni di autoconsumo attraverso la porzione di rete di distribuzione sottesa alla medesima cabina primaria è attribuita una tariffa incentivante in forma di tariffa premio. La proposta di decreto prevede tre fasce di incentivi: per gli impianti di potenza superiore a 600 kW la tariffa è composta da un importo fisso di 60 euro per megawattora più una parte variabile che non può eccedere il valore di 100 €/MWh; per gli impianti di potenza maggiore di 200 kW e fino a 600 kW l’importo fisso è di 70 euro più un premio che non può eccedere il valore di 110 €/MWh; infine, per gli impianti di potenza minore o uguale a 200 kW l’importo fisso è di 80 euro più un premio che non può eccedere il valore di 120 €/MWh.

Inoltre, è previsto un fattore di correzione della tariffa per impianti fotovoltaici per tenere conto dei diversi livelli di insolazione, in base all’area geografica: 4€/MWh in più per le Regioni del Centro (Lazio, Marche, Toscana, Umbria e Abruzzo) e 10€/MWh in più per quelle del Nord (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto).

Gli incentivi possono essere cumulati con contributi in conto capitale nella misura massima del 40 %. Nei casi in cui è prevista l’erogazione di un contributo in conto capitale la tariffa spettante subirà una decurtazione, con applicazione di uno specifico fattore di riduzione[3].

Il periodo di diritto alla tariffa incentivante decorre dalla data di entrata in esercizio commerciale dell’impianto ed è pari a 20 anni.

La domanda di accesso alle tariffe incentivanti è presentata entro i 90 giorni successivi alla data di entrata in esercizio degli impianti esclusivamente tramite il sito del GSE (Gestore dei Servizi Energetici). La domanda deve essere corredata dalla documentazione prevista per la verifica del rispetto dei requisiti di accesso sulla base delle regole operative che saranno fissate con un Decreto del Ministero da approvare entro 30 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento. Il GSE, accertata la completezza della documentazione trasmessa, ed in caso di esito positivo della verifica del rispetto dei requisiti di accesso, attribuisce la tariffa incentivante.

I beneficiari della misura PNRR prevista dall’art. 14, comma 1, lett. e) del D. Lgs. n. 199/2021 sono le Comunità Energetiche Rinnovabili ed i sistemi di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili ubicati in Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. Tale misura permette l’erogazione di contributi in conto capitale fino al 40 % dei costi ammissibili per lo sviluppo delle Comunità Energetiche attraverso la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili.

Condizione per beneficiare del contributo in conto capitale è che l’avvio dei lavori per gli impianti a fonti rinnovabili, inclusi i potenziamenti, inseriti all’interno delle configurazioni sia successivo alla data di presentazione della domanda di contributo da parte del soggetto beneficiario. Gli impianti ammessi al contributo devono entrare in esercizio entro 18 mesi dalla data di presentazione della richiesta e comunque non oltre il 30 giugno 2026.

Il GSE eroga il beneficio fino al 90 % del contributo massimo accordato, suddividendolo in più quote, in relazione allo stato di avanzamento dei lavori, sulla base delle spese effettivamente sostenute e documentate. La prima quota è erogata al completamento del 30% dei lavori. La quota a saldo, pari al 10% del contributo totale, è erogata sulla base della presentazione al GSE della richiesta di rimborso finale, che attesti la conclusione dei progetti agevolati nonché il raggiungimento dei target per la quota parte di competenza.

Sono ammissibili le seguenti spese per:

1) realizzazione di impianti a fonti rinnovabili (es. componenti, inverter, strutture per il montaggio, componentistica elettrica);

2) fornitura e posa in opera dei sistemi di accumulo;

3) acquisto ed installazione di macchinari, impianti ed attrezzature hardware e software, comprese le spese per la loro installazione e messa in esercizio;

4) opere edili strettamente necessarie alla realizzazione dell’intervento;

5) connessione alla rete elettrica nazionale;

6) studi di prefattibilità e spese necessarie per attività preliminari, incluse le spese necessarie alla costituzione delle configurazioni;

7) progettazioni, indagini geologiche e geotecniche il cui onere è a carico del progettista per la definizione progettuale dell’opera;

8) direzioni lavori e sicurezza;

9) collaudi tecnici e/o tecnico-amministrativi, consulenze e/o supporto tecnico-amministrativo essenziali all’attuazione del progetto.

Le spese sono finanziabili in misura non superiore al 10% dell’importo ammesso a finanziamento. Il costo di investimento massimo di riferimento per l’erogazione del finanziamento è posto pari a: 1.500 €/kW per impianti fino a 20 kW, 1.200 €/kW per impianti di potenza superiore a 20 kW e fino a 200 kW, 1.100 €/kW per potenze superiori a 200 kW e fino a 600 kW, e 1.050 €/kW per impianti di potenza superiore a 600 kW e fino a 1.000 kW.

L’accesso ai contributi avviene attraverso la presentazione delle domande tramite il sito del GSE. Secondo quanto indicato nella proposta di Decreto, il GSE aprirà lo sportello ai fondi per la presentazione delle richieste entro 60 giorni dalla data di pubblicazione del Decreto. Il termine ultimo per la presentazione delle richieste è fissato al 31 marzo 2025, fatto salvo il previo esaurimento delle risorse disponibili.

Inoltre, è prevista la possibilità di richiedere al GSE una verifica preliminare di ammissibilità dei progetti rispetto alle disposizioni del Decreto; si tratta di una verifica richiesta su base volontaria e che, pertanto, non costituisce condizione necessaria per l’accesso agli incentivi per la condivisione di energia e/o per i contributi PNRR. All’esito, il GSE può esprimere un parere preliminare positivo per l’ammissibilità del progetto ai benefici ovvero suggerire le prescrizioni da seguire per pervenire alla predetta ammissibilità.

Mappe delle cabine primarie

Gruppi di cittadini, condomini, piccole e medie imprese, ma anche enti locali, cooperative, associazioni ed enti religiosi: chi sceglierà di associarsi ad una Comunità, dovrà innanzitutto individuare sia un’area dove realizzare l’impianto con tecnologie rinnovabili che altri utenti connessi alla stessa cabina primaria[4].

Le cabine primarie sono una parte fondamentale della rete elettrica: hanno infatti la funzione di trasformare energia in alta tensione (AT) in energia a media tensione (MT), mettendola così a disposizione dei cittadini e dei loro dispositivi.

Ai fini della valorizzazione dell’energia autoconsumata, l’art. 10 del TIAD (Testo Integrato Autoconsumo Diffuso, approvato con Delibera ARERA 727/2022/R/EEL) ha previsto che le imprese distributrici individuino, sulla base dei criteri indicati, l’area sottesa alla stessa cabina primaria. In particolare, è stata disposta la pubblicazione sui siti internet delle imprese distributrici della prima versione delle aree sottese alle singole cabine primarie entro il 28 febbraio 2023, con la possibilità per i soggetti interessati di presentare le proprie osservazioni entro il 31 maggio 2023. A seguito del ricevimento delle osservazioni, le singole imprese distributrici potranno prevedere opportune modifiche funzionali alla nuova identificazione delle aree sottese alle singole cabine primarie.

In attuazione delle prescrizioni del TIAD, sul sito di una delle compagnie di distribuzione elettrica[5] sono state pubblicate le mappe georeferenziate che consentono di individuare le aree convenzionali afferenti alle cabine primarie sul territorio nazionale.

La pubblicazione di strumenti che consentono l’individuazione dell’area geografica convenzionale di appartenenza della propria comunità energetica costituisce dunque una novità rilevante che consentirà di procedere alla concreta realizzazione di ambiziosi progetti di C.E.R. nelle grandi città[6] come nei comuni sotto i cinquemila abitanti, creando le premesse per una dirompente trasformazione del sistema energetico.

***

A seguito della recente pubblicazione del Sesto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici (AR6) e del relativo rapporto di Sintesi da parte del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici dell’ONU (IPCC)[7], che conferma[8] come la prima misura da adottare per arginare la gravità della crisi climatica in atto consista nella diminuzione delle emissioni e nel taglio delle fonti fossili, promuovere e diffondere la realizzazione delle Comunità Energetiche Rinnovabili costituisce un cambiamento essenziale per uno sviluppo sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico.

La velocità ed il ritmo della trasformazione saranno, comprensibilmente, decisivi per conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione previsti dalle politiche ambientali nazionali, europee ed internazionali.

[1]https://www.mase.gov.it/comunicati/mase-avvia-iter-con-ue-su-proposta-decreto-cer
[2]Definite come una delle configurazioni di cui alle lettere e) (sistemi di autoconsumo individuale di energia rinnovabile a distanza), f) (sistemi di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili), g) (Comunità Energetiche Rinnovabili), che utilizzano la rete di distribuzione esistente per condividere l’energia prodotta da impianti a fonti rinnovabili.
[3]Tale fattore di riduzione, secondo quanto specificato nell’Allegato alla proposta di Decreto, non trova applicazione in relazione all’energia elettrica condivisa da punti di prelievo nella titolarità di enti territoriali e autorità locali, enti religiosi, enti del terzo settore e di protezione ambientale.
[4]https://www.mase.gov.it/comunicati/mase-avvia-iter-con-ue-su-proposta-decreto-cer
[5]Il link per verificare il codice della cabina primaria di appartenenza è: https://www.e-distribuzione.it/a-chi-ci-rivolgiamo/casa-e-piccole-imprese/comunita-energetiche.html
[6]Cfr. articolo de Il Sole24Ore del 15.03.2023 “Comunità energetiche, ecco la mappa dei progetti nelle principali città italiane”, https://www.ilsole24ore.com/art/comunita-energetiche-ecco-mappa-progetti-principali-citta-italiane-AEh0Y54C
[7]Disponibile al seguente link: https://www.ipcc.ch/report/sixth-assessment-report-cycle/
[8]Cfr. Green&Blue “Il rapporto IPCC: “Adottare subito tutte le misure a disposizione per arginare le emissioni” del 20.03.2023 in https://www.repubblica.it/green-and-blue/2023/03/20/news/ipcc_report_riscaldamento_globale-392967260/

IL TESTO INTEGRATO SULL’AUTOCONSUMO DIFFUSO – TIAD

L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) con la Deliberazione 727/2022/R/EEL ha approvato il “Testo Integrato Autoconsumo Diffuso – TIAD”, che disciplina le modalità e la regolazione economica relative all’energia elettrica oggetto di autoconsumo diffuso ai sensi dei Decreti Legislativi n. 199/2021 e n. 210/2021.

Il TIAD sostituisce la precedente Deliberazione 318/2020/R/EEL e sarà applicabile a decorrere dall’ultima data tra il 1° marzo 2023 e la data di entrata in vigore del Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica previsto dall’articolo 8 del Decreto Legislativo n. 199/2021, recante le disposizioni in merito agli incentivi per la condivisione dell’energia elettrica.

Secondo quanto annunciato dalla stessa Autorità, “Il provvedimento fornisce il quadro delle regole che contribuiranno a rispondere alle sfide della transizione energetica tramite la diffusione degli impianti alimentati dalle fonti rinnovabili e, poiché essi saranno realizzati in contesti di autoconsumo, contribuirà alla riduzione della spesa energetica dei clienti finali[1].

In particolare, i gruppi di autoconsumatori che agiscono collettivamente in edifici e condomini e le Comunità Energetiche erano già state oggetto di una prima regolazione transitoria (Deliberazione 318/2020/R/EEL) basata su un modello regolatorio virtuale, con limitato riferimento all’autoconsumo derivante da nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza fino a 200 kW e ubicati sotto la medesima cabina secondaria a cui sono collegati i clienti finali della configurazione.

Il TIAD nasce dall’esigenza di innovare la regolazione economica in precedenza vigente per la valorizzazione dell’autoconsumo diffuso dell’energia elettrica realizzato tramite gruppi di utenti in edifici o condomini o nell’ambito delle Comunità Energetiche, per tenere conto delle nuove definizioni e dei nuovi perimetri introdotti dai D.Lgs. 199/2021 e D.Lgs. 210/2021.

Il servizio per l’autoconsumo diffuso

Ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. n) del TIAD costituiscono configurazioni per l’autoconsumo diffuso quelle rientranti in una delle seguenti tipologie:

  • gruppo di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente;
  • gruppo di clienti attivi che agiscono collettivamente;
  • Comunità Energetica Rinnovabile o Comunità di Energia Rinnovabile(C.E.R.);
  • comunità energetica dei cittadini;
  • autoconsumatore individuale di energia rinnovabile “a distanza” con linea diretta;
  • autoconsumatore individuale di energia rinnovabile “a distanza” che utilizza la rete di distribuzione;
  • cliente attivo “a distanza” che utilizza la rete di distribuzione.

Fondamentale rilievo ai fini della regolazione economica relativa all’energia elettrica oggetto di autoconsumo diffuso rivestono altresì le definizioni (Art. 1 TIAD) di energia elettrica condivisa, di energia elettrica autoconsumata e di energia elettrica oggetto di incentivazione.

L’energia elettrica condivisa è, in ogni ora e per l’insieme dei punti di connessione ubicati nella stessa zona di mercato che rilevano ai fini di una configurazione per l’autoconsumo diffuso, il minimo tra l’energia elettrica immessa ai fini della condivisione e l’energia elettrica prelevata ai fini della condivisione.

L’energia elettrica autoconsumata rappresenta, per ogni ora, l’energia elettrica condivisa afferente ai soli punti di connessione ubicati nella porzione della rete di distribuzione sottesa alla stessa cabina primaria ed individuata secondo quanto previsto dall’art. 10.

L’energia elettrica oggetto di incentivazione è definita come l’energia elettrica incentivata ai sensi e secondo le disposizioni del Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica di cui all’articolo 8 del Decreto Legislativo n.199/2021 ovvero del Decreto Ministeriale 16 settembre 2020.

Invero, la regolazione economica delle configurazioni di autoconsumo diffuso avviene mediante il Servizio per l’Autoconsumo Diffuso erogato dal GSE e finalizzato alla determinazione dell’energia elettrica condivisa ed alla determinazione e valorizzazione dell’energia autoconsumata e di quella incentivata.

Il GSE[2], verificato il rispetto di tutti i requisiti necessari per l’accesso al servizio, stipula con il referente della configurazione un contratto, sulla cui base viene erogato il contributo per la valorizzazione dell’energia elettrica autoconsumata  ed il contributo per l’energia elettrica oggetto di incentivazione.

Per ciascuna configurazione per l’autoconsumo diffuso, ai sensi degli artt. 6 e 7 del TIAD, il GSE quantifica l’energia elettrica autoconsumata su base oraria e mensile; ove necessario, ripartisce l’energia elettrica autoconsumata per ciascun impianto di produzione afferente alla configurazione per l’autoconsumo diffuso; determina la valorizzazione dell’energia elettrica autoconsumata (non necessariamente applicata a tutta l’energia elettrica autoconsumata)e, infine, determina l’incentivo ove spettante (non necessariamente applicato a tutta l’energia elettrica autoconsumata).

Nel caso di Comunità Energetiche Rinnovabili il GSE calcola su base mensile il contributo per la valorizzazione dell’energia elettrica autoconsumata. Inoltre, il GSE, nell’ambito del contratto sottoscritto con il referente della configurazione, riconosce altresì il contributo per l’energia elettrica oggetto di incentivazione, calcolato secondo le modalità di cui all’art. 7.

Differenze e analogie rispetto al regime transitorio: i punti essenziali del testo integrato autoconsumo diffuso

La modifica più rilevante rispetto all’assetto precedente consiste nel fatto che la valorizzazione dell’energia elettrica autoconsumata per le Comunità Energetiche è ora riferita all’area sottesa alla cabina primaria (e non più alla cabina secondaria), con possibilità di includere anche impianti di potenza superiore a 200 kW, a fronte di una lieve riduzione del contributo di valorizzazione dell’autoconsumo (che perde la restituzione della parte variabile della tariffa di distribuzione, pari a 0,59 €/MWh su un totale di 8,37 €/MWh secondo i valori dell’anno 2022)[3].

Poiché la valorizzazione dell’autoconsumo diffuso ora è riferita all’area sottesa alla cabina primaria (e non più alla cabina secondaria), vengono delineati i criteri sulla base dei quali i gestori di rete individuano, in modo convenzionale, le aree sottese a ciascuna cabina primaria a partire dalla reale configurazione delle reti elettriche ed introducendo correttivi di carattere geografico. In attuazione di tali criteri, l’art. 10 TIAD prevede che le imprese distributrici che dispongono di cabine primarie, ciascuna per l’ambito territoriale di competenza, a partire dalla reale configurazione delle proprie reti elettriche, individuino soluzioni atte a identificare l’area sottesa a ogni cabina primaria.

A tal fine si è scelto dunque di adottare una metodologia semplificata e flessibile, individuando dei criteri che tengano conto della struttura delle reti elettriche e degli assetti di funzionamento.

E’ prevista, inoltre, l’attivazione di forme di coordinamento tra le imprese distributrici interessate, per il tramite delle rispettive associazioni di categoria, per addivenire all’identificazione di soluzioni analoghe.

Una volta realizzati i layer georeferenziati delle aree sottese a ogni cabina primaria, le imprese distributrici li mettono a disposizione del GSE per la pubblicazione mediante un’unica interfaccia che assembli i layer georeferenziati di tutte le imprese distributrici operanti nel territorio nazionale, realizzando delle vere e proprie mappe da utilizzare come unico riferimento geografico per la perimetrazione delle configurazioni per l’autoconsumo diffuso.

In linea di continuità con l’assetto delineato dalla Deliberazione ARERA 318/2020/R/EEL, viene confermato il modello regolatorio virtuale, adattandolo alle nuove disposizioni normative (tale scelta è espressamente confermata nella Deliberazione ARERA 727/2022/R/EEEL del 27.12.2022 di approvazione del TIAD, pag. 5 ss.) . Esso consente[4] di valorizzare l’autoconsumo, nel caso di edifici o condomini e nel caso di comunità di energia rinnovabile, senza dover richiedere nuove connessioni o realizzare nuovi collegamenti elettrici o installare nuove apparecchiature di misura, ma sfruttando la rete di distribuzione pubblica esistente. Tale modello è stato ritenuto dall’Autorità efficiente ai fini della valorizzazione dell’autoconsumo, perché permette a ogni soggetto partecipante di modificare le proprie scelte con facilità, sia in relazione alla configurazione per l’autoconsumo sia (e indipendentemente) per effetto delle proprie scelte di approvvigionamento dell’energia elettrica, poiché non comporta l’esigenza di nuove connessioni o di nuovi collegamenti elettrici.

Pertanto, in attuazione di tale modello regolatorio virtuale, ogni cliente finale ed ogni produttore acquista e vende, rispettivamente, la propria energia elettrica prelevata e la propria energia elettrica immessa.

Rispetto al modello regolatorio virtuale già vigente sono state introdotte alcune innovazioni, semplificando le procedure operative per la costituzione e la gestione delle configurazioni.

Nel caso delle C.E.R., ad esempio, l’art. 1 del TIAD stabilisce che il referente possa essere la medesima C.E.R. o che la Comunità Energetica possa conferire ad un soggetto terzo mandato senza rappresentanza, di durata annuale, tacitamente rinnovabile e revocabile.

Inoltre, si prevede (art. 10 TIAD) che le aree sottese alla stessa cabina primaria siano fruibili on-line inizialmente sui siti internet dei singoli distributori e, a seguire, sul sito internet del GSE. In tal modo, si evita che i referenti delle configurazioni debbano interfacciarsi con i distributori come avvenuto nel periodo transitorio. Inoltre,  l’accesso alle configurazioni, da un punto di vista geografico, sarà effettuato e verificato sulla base dell’indirizzo di fornitura associato a ciascun POD (noto a tutti), e non sulla base dell’ubicazione del punto di connessione. Le verifiche di appartenenza geografica alle configurazioni per l’autoconsumo saranno gestite autonomamente dal GSE, eventualmente con il supporto dei distributori.

Infine, vengono definite (Art. 8 del TIAD) le modalità per la messa a disposizione dei dati di misura necessari per la quantificazione dell’energia elettrica autoconsumata e della relativa valorizzazione, nonché per l’erogazione degli eventuali incentivi spettanti, in modo analogo alla Deliberazione ARERA 318/2020/R/EEL. Tali modalità potranno essere oggetto di evoluzione, utilizzando il Sistema Informativo Integrato (SII), evitando, cioè, un canale comunicativo diretto tra imprese distributrici e GSE.

Dalla data da cui il Testo Integrato Autoconsumo Diffuso troverà applicazione, le configurazioni per l’autoconsumo collettivo in edifici e condomini e le Comunità Energetiche già esistenti (realizzate ai sensi dell’articolo 42-bis del D.L. 162/19) confluiranno nel TIAD. Nel caso delle C.E.R., come sopra precisato, questo comporta che venga rivisto, in lieve riduzione, il contributo per la valorizzazione dell’autoconsumo, a fronte della possibilità di estendersi all’interno di un’area più estesa (zona di mercato per energia condivisa e area sottesa a cabina primaria, senza più il limite della sola cabina secondaria) e di poter includere nella Comunità Energetica Rinnovabile anche impianti di potenza superiore a 200 kW.

***

Il TIAD anticipa il Decreto di incentivazione che sarà emanato nelle prossime settimane da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica in attuazione dell’art. 8 del D.Lgs. 199/2021. I due provvedimenti forniscono, insieme, il quadro generale della regolamentazione degli incentivi volti a promuovere la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili in regime di autoconsumo.

In relazione alle Comunità Energetiche (siano esse rinnovabili o di cittadini), il ruolo dell’Autorità, ai sensi del dettato normativo di cui Ai Decreti Legislativi N.199/2021 e n. 210/2021, è  limitato alla valorizzazione dell’autoconsumo di energia elettrica che rappresenta un sottoinsieme della potenzialmente più ampia condivisione dell’energia elettrica.

Tuttavia, si ricorda che tali Comunità possono avere finalità ben più ampie rispetto al solo autoconsumo di energia elettrica. A titolo di esempio non esaustivo: le Comunità Energetiche Rinnovabili possono realizzare anche forme di condivisione dell’energia termica dalle fonti rinnovabili;  tutte le Comunità Energetiche possono realizzare anche consorzi di acquisto, oppure possono prestare servizi di efficientamento energetico e/o di ricarica dei veicoli elettrici; possono operare come società di vendita di energia elettrica (gestendo anche le operazioni di compravendita dell’energia elettrica al loro interno), oppure come Balance Service Provider (BSP) erogando servizi ancillari di flessibilità per il sistema elettrico.

Sarà dunque cura del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica la prossima definizione degli incentivi volti a promuovere la realizzazione di impianti inseriti in Comunità Energetiche, sistemi di autoconsumo collettivo e sistemi di autoconsumo individuale ed a favorire dinamiche di realizzazione degli impianti con processi partecipativi dei territori e con logica bottom-up.

[1]Comunicato Stampa ARERA, Elettricità: nuovo testo integrato sull’autoconsumo diffuso per edifici, condomini e comunità energetiche accessibile al seguente link: https://www.arera.it/it/com_stampa/23/230104.htm
[2]Il GSE – Gestore dei Servizi Energetici è la Società che ha per oggetto l’esercizio delle funzioni di natura pubblicistica del settore elettrico e in particolare in materia di promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, comprese le attività di carattere regolamentare, sulla base degli indirizzi di organi istituzionali quali il Ministero dello Sviluppo Economico e l’Autorità di regolazione per energie reti e ambiente.
[3]Cfr. Comunicato Stampa ARERA: Elettricità: nuovo testo integrato sull’autoconsumo diffuso per edifici, condomini e comunità energetiche, disponibile al seguente link: https://www.arera.it/it/com_stampa/23/230104.htm
[4]Per un maggiore approfondimento sulle caratteristiche del modello regolatorio virtuale si rinvia al documento di RSE intitolato “Gli Schemi di Autoconsumo collettivo e le Comunità dell’Energia”. Le Direttive europee consentono, invero, agli Stati Membri di accordare alle C.E.R. il diritto di gestire la rete di distribuzione locale e di conseguenza, la “fisicità” o la “virtualità” del modello da adottare (il modello fisico prevede l’utilizzo di una rete propria da parte della Comunità per scambiare l’energia tra i membri; il modello virtuale, invece, prevede l’utilizzo della rete pubblica e la necessità di definire quale sia l’energia effettivamente condivisa in ciascun intervallo temporale di misura).

 

CER: la Seconda Conferenza Nazionale Un importante momento di confronto verso la costituzione delle Comunità Energetiche di seconda generazione.

Martedì 22 novembre 2022, a Napoli,si è svoltala Seconda Conferenza Nazionale delle Comunità Energetiche sul tema “Governance ed innovazione tecnologica nelle Comunità Energetiche: dalla fase sperimentale al nuovo regime”.
Tanti i professori universitari, i professionisti e di rappresentanti di istituzioni ed Enti locali intervenuti per confrontarsi e condividere riflessioni sulle opportunità e le sfide rappresentate dalle Comunità Energetiche di nuova generazione, in attesa dell’imminente pubblicazione dei Decreti attuativi del D. Lgs. n. 199 del 2021.
Il dibattito multi-stakeholder si è articolato in quattro sessioni tematiche, sviluppate in collaborazione con operatori del settore (Cleanwatts, Maps Group, EnGreen e Unem) e dedicate all’evoluzione della governance delle CER, alla digitalizzazione dei processi di gestione delle future Comunità ed alle piattaforme già attive, oltre all’analisi di alcuni esempi virtuosi di CER.
La necessità di conoscere la rete italiana delle c.d. “cabine primarie” o “cabine di alta tensione” (CAT: gli impianti dislocati sul territorio italiano la cui funzione è quella di trasformare l’energia in ingresso ad alta tensione in energia a media tensione)costituisce uno dei temi attualmente più sentiti dagli operatori di settore.
Il D.Lgs. n. 199 del 2021, infatti, ha previsto la possibilità di costituire nuove “CER di cabina primaria” (con impianti fino ad 1 Mw/h), superando così le attuali conformazioni tecnico-giuridiche di “CER di cabina secondaria”(con impianti fino ad 200 Kw/h)e garantendo conseguentemente la possibilità di costituire Comunità Energetiche in grado di coinvolgere aree territoriali più vaste, con una capacità produttiva ed economica di grande importanza.
Simili opportunità, come precisato nel corso della Conferenza, si possono concretizzare solo con il superamento di due distinti ordini di problemi: quello giuridico, relativo alla necessità di individuare le forme societarie più idonee a sviluppare le nuove CER in armonia con le norme che saranno introdotte dagli attesi Decreti attuativi, e quello tecnico, derivante dall’attuale impossibilità per gli operatori di conoscere la collocazione delle cabine primarie (a breve dovrebbe essere pubblicata una piattaforma digitale in grado di far conoscere, in modo semplice ed immediato, le aree afferenti a ciascuna cabina primaria).
E’ stata condivisibilmente evidenziata la fragilità del modello prescelto per la costituzione delle prime CER: l’associazione senza scopo di lucro non riconosciuta. Tra le principali criticità sollevate: l’assenza di personalità giuridica e la conseguente impossibilità di garantire un’autonomia patrimoniale perfetta agli associati.
Inoltre, è stata presentata alla Corte dei Conti una richiesta di parere diretta ad accertare la (dubbia) legittimità del ricorso alla forma associativa da parte degli Enti locali nella costituzione delle CER.
La Comunità Collinare del Friuli, Ente locale promotore del progetto “RECOCER” per la transizione ecologica e l’efficientamento energetico, ha segnalato la necessità di chiarire quali siano i vantaggi economici ottenuti dai soggetti privati che partecipano alla CER: il disequilibrio nel soddisfacimento delle aspettative economiche dei partecipanti alla CER incide negativamente sulla corretta governante della Comunità e sulla sua stessa sopravvivenza.
ENER.BIT S.r.l., Società ESCo in house di cui lo Studio Legale DAL PIAZ è partner, condividendo le idee già sviluppate dal Prof. Ing. Sergio OLIVERO, Head of Business & Finance Innovation dell’Energy Center del Politecnico di Torino,intende costituire una prima Comunità Energetica “di territorio” (c.d. “C.E.T.”), che consenta agli operatori economici ed alle Amministrazioni di svincolarsi dal mercato regolamentato dell’energia.
E’ stato quindi discusso il tema delle piattaforme digitali destinate a facilitare la costituzione e lo sviluppo delle Comunità Energetiche attraverso la gestione informatica ed automatizzata dei flussi di dati da e verso il GSE,anche per la corretta suddivisione degli attesi incentivi economici: per consentire lo sviluppo delle CER di nuova generazione è infatti necessario implementare gli strumenti digitali che dovranno essere messi a disposizione, a costi accessibili, dei soggetti che assumeranno la gestione delle Comunità Energetiche.
Lo sviluppo di Comunità Energetiche “particolari”, quali quelle portuali, permetterà inoltre la sperimentazione innovativa di fonti energetiche rinnovabili quali l’idrogeno e l’eolico offshore, necessarie per fronteggiare i consumi che caratterizzano il sistema energetico portuale. Le aree portuali, quali avamposti tra le città e il resto del mondo, possono quindi diventare una grande occasione per accrescere la transizione energetica, dando vita ad un vero e proprio nucleo di economia circolare, che richiede la capacità di saper affrontare, combinandole, le peculiarità della normativa sulle CER con le norme di diritto marittimo.
Importanti anche le potenzialità delle stazioni di servizio e delle infrastrutture di ricarica elettrica nel contesto dello sviluppo delle CER. Il progetto di modernizzazione della rete italiana dovrebbe basarsi, infatti, sulla costituzione di veri e propri hub energetici in grado di diffondere le infrastrutture di ricarica elettrica veloce ed ultraveloce, attraverso cui utilizzare energia elettrica e cederla nell’ambito di Comunità Energetiche Rinnovabili: le cd. “multiservice stations” rappresentano una soluzione per la mobilità alimentata da carburanti, biocarburanti, elettricità generata da idrogeno e pensiline fotovoltaiche.
Fondamentale in tal senso è l’esperienza di GOCER S.r.l. di cui lo Studio Legale DAL PIAZ è partner: attraverso l’unione di competenze multidisciplinari sta dando vita ad una serie composita di Comunità Energetiche operative.
La Seconda Conferenza Nazionale sulle Comunità Energetiche ha dunque rappresentato un momento di confronto importante per conoscere ed approfondire esperienze all’avanguardia, a livello nazionale ed europeo, in ordine alla costituzione di CER di nuova generazione, aprendo scenari inediti e nuovi spunti di riflessione.

Evento, in presenza e webinar<br>Un focus sulle C.E.R. (Comunità di Energia Rinnovabile) da cabina primaria, sulle normative più recenti e sul caso Magliano Alpi

La seconda edizione del seminario, promossa su iniziativa del Collegio dei Geometri di Torino e Provincia visto il successo del primo appuntamento, è nata dall’esigenza di rispondere con prontezza alle numerose problematiche applicative e giuridiche riscontrate da privati e amministratori locali nella realizzazione delle Comunità Energetiche.

Configurare modelli di produzione e consumo di energia “inediti” richiede infatti creatività e immaginazione per indagare le possibili soluzioni legali a problemi finora inesplorati, che attraversano tutti i rami del diritto (societario, civile ed amministrativo, oltre che ambientale) e richiedono competenze trasversali.

E’ stata quindi proposta un’analisi comparata dei primi modelli di Comunità Energetiche promosse dalle Pubbliche Amministrazioni (a partire dal modello virtuoso realizzato dal Comune di Magliano d’Alpi) e dai soggetti privati.

Tale comparazione riveste particolare interesse poiché consente di mettere in rilievo sia le funzioni di pianificazione e programmazione che rivestono le Pubbliche Amministrazioni per guidare la transizione energetica sia il ruolo rivestito dal Mercato e dagli operatori economici privati chiamati, inevitabilmente, a svolgere una funzione trainante per la creazione delle prime Comunità Energetiche da “cabina primaria”.

E’ stata rivolta particolare attenzione alle possibilità che le Comunità offrono ai privati ed al settore industriale nonché al recente interessamento delle big utilities: la cooperazione tra imprese è, invero, fondamentale per affrontare le sfide legate alla sostenibilità promossa, oltre che dal PNRR, dalle agende europee e internazionali.

Oltre agli aspetti giuridici, hanno costituito oggetto di specifica analisi gli aspetti economici e finanziari inerenti le Comunità di Energia Rinnovabile, con particolare riferimento ai meccanismi fiscali e di incentivazione economica esistenti, ed i profili tecnici e gestionali che i pionieri dei progetti in corso di realizzazione stanno tuttora affrontando.

COMUNITA’ ENERGETICHE E GRUPPI DI AUTOCONSUMO. LE NUOVE SFIDE DELLA TRANSIZIONE ENERGETICA ED IL RUOLO DEGLI ENTI LOCALI SEMINARIO DEL 21 OTTOBRE 2022

Per iscrizioni: https://bit.ly/3cXHRTd o info@studiolegaledalpiaz.it

 In data 21 ottobre 2022, dalle ore 9 alle ore 13, presso il Collegio dei Geometri di Torino ed in modalità webinar si terrà la seconda edizione del seminario gratuito organizzato dallo Studio Legale Dal Piaz e da Legislazione Tecnica, dedicato al tema “Comunità energetiche e gruppi di autoconsumo. Le nuove sfide della transizione energetica ed il ruolo degli Enti locali”.

Dopo il successo dell’evento del 13 luglio scorso (che ha visto la partecipazione di oltre 350 auditori), l’appuntamento per l’approfondimento multidisciplinare sulle più recenti novità in tema di energy è rinnovato su iniziativa del Collegio dei Geometri di Torino e provincia.

Il seminario è accreditato presso il Collegio, l’Ordine dei Commercialisti di Torino e l’Ordine degli Avvocati di Torino e vedrà come relatori l’Avv. Francesco DAL PIAZ, l’Avv. Claudio VIVANI, l’Ing. Sergio OLIVERO, il Dott. Franco GRANDE ed il Dott. Benedetto Damiano RICCI.

Nel seminario verranno proseguite le riflessioni sul tema delle C.E.R., della produzione di energia da fonti rinnovabili e della transizione ecologica, stante l’emergenza energetica dovuta (anche) al proseguire del conflitto tra Russia e Ucraina, con il conseguente inasprimento dei prezzi delle forniture di gas e di energia.

Il taglio del seminario sarà, come per la precedente edizione, operativo e multidisciplinare, volto a fornire gli strumenti per comprendere ed indagare gli aspetti giuridici, tecnici ed economico-finanziari inerenti le C.E.R, con uno sguardo di particolare attenzione alle possibilità che le Comunità offrono per i privati e per il settore industriale, ed al recente interessamento (ed il prossimo intervento) delle big utilities.

Nell’ambito di una vera e propria rivoluzione del mercato energetico, ora solo agli inizi, è infatti indispensabile analizzare sotto molteplici punti di vista ed in chiave operativa i modelli di Comunità Energetiche in via di creazione e di affermazione nel nostro Paese, secondo una logica che sappia coniugare competitività e sostenibilità.

Oggetto di studio e comparazione saranno le opportunità rappresentate dalle energy communities nei Comuni (prendendo a riferimento l’esempio virtuoso rappresentato dalla Comunità Energetica di Magliano Alpi) e per i privati nei distretti industriali, dove i grandi operatori del mercato energetico sono chiamati a svolgere un ruolo cruciale nella transizione energetica.

IL MODELLO “MAGLIANO ALPI”: IL RUOLO STRATEGICO DELLA P.A. NELLA REALIZZAZIONE DELLE C.E.R.

 I più recenti interventi normativi (da ultimo, le novità introdotte con gli ultimi Decreti Aiuti[1]) valorizzano in misura crescente il ruolo che lo Stato, in tutte le sue articolazioni territoriali, è chiamato a rivestire nella realizzazione delle Comunità Energetiche.

Tale impostazione è, del resto, coerente con quanto disposto dall’art. 15, par. 3, della Direttiva cd. RED II, secondo cui “gli Stati membri provvedono affinché le autorità competenti a livello nazionale, regionale e locale, inseriscano disposizioni volte all’integrazione e alla diffusione delle energie rinnovabili, anche per l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili e le comunità di energia rinnovabile  (…) in sede di pianificazione, compresa la pianificazione precoce del territorio, progettazione, costruzione e ristrutturazione di infrastrutture urbane, aree industriali, commerciali o residenziali e infrastrutture energetiche , comprese le reti di energia elettrica, teleriscaldamento e teleraffrescamento, gas naturale e combustibili alternativi. (…)”.

Secondo una logica di sussidiarietà verticale (art. 118 Cost), tutte le amministrazioni locali ed in primo luogo i Comuni, quali Enti più prossimi al cittadino, sono, in altre parole, chiamati a “creare” le condizioni per la transizione energetica verso l’uso delle energie rinnovabili, attraverso procedimenti amministrativi ispirati a logiche di semplificazione e di accelerazione.

Allo scopo di contribuire alla crescita sostenibile del Paese, è stata recentemente introdotta la possibilità, per il Ministero della Difesa, per il Ministero dell’Interno e per le Autorità di sistema portuale, di utilizzare i beni del demanio, considerati ex lege come “aree idonee”, per costituire Comunità energetiche nazionali, anche con altre pubbliche amministrazioni centrali e locali per impianti superiori a 1 MW.

A seguito delle modifiche al D.Lgs. n. 199/2021 attuate con i cd. Decreti Aiuti, è stato inoltre ampliato il novero delle aree qualificate per legge “idonee” all’installazione di impianti alimentati da energie rinnovabili, nelle more dell’adozione delle Leggi Regionali, tuttora in corso.

Accanto ad un importante lavoro di pianificazione territoriale, il Legislatore nazionale ha recentemente introdotto meccanismi di semplificazione e di razionalizzazione dei procedimenti amministrativi finalizzati al rilascio delle autorizzazioni di impianti da fonti rinnovabili che, secondo quanto sarà oggetto di discussione nel seminario, hanno come obiettivo quello di costruire un quadro normativo che garantisca di “eliminare gli ostacoli normativi e amministrativi ingiustificati per le comunità di energia rinnovabile” (art. 22, par. 4).

Negli interventi dei relatori si valorizzerà lo studio delle Comunità di energia rinnovabile anche in un’ottica integrata e “di sistema”, dando rilievo alla possibilità di erogare servizi ulteriori rispetto agli scopi di autoproduzione e di condivisione dell’energia prodotta dai propri impianti, come, ad esempio, i servizi di ricarica dei veicoli elettrici, esaminando anche le novità concernenti i procedimenti autorizzativi delle infrastrutture di ricarica.

Durante il seminario si analizzerà quale case study la C.E.R. di Magliano d’Alpi.

Per realizzare la Comunità Energetica di Magliano Alpi, il Comune ha messo a disposizione un impianto fotovoltaico da 20 kwp, installato sul tetto del Palazzo Comunale e collegato al POD del Municipio. L’energia prodotta e non autoconsumata viene condivisa con la C.E.R. attualmente formata dalle utenze della biblioteca, della palestra e delle scuole, oltre che dei residenti che per primi hanno aderito al nucleo di partenza. Allo stesso impianto fotovoltaico sono collegate anche delle colonnine per la ricarica delle auto elettriche, utilizzabili gratuitamente dai residenti.

Da tale prima esperienza sono nati alcuni cluster di progettisti, installatori, manutentori e PMI locali, che si propongono di esportare il modello di Magliano anche in altre realtà locali, attraverso gli accordi di collaborazione tra Comuni previsti dall’art. 15 L. 241/1990 per usufruire in modo efficiente dei fondi del PNRR.

Tali progetti valorizzano il ruolo della comunità come capacità di aggregazione a livello locale, per offrire servizi ai propri membri  e portare benefici ambientali, sociali ed economici a livello locale. Oggetto di studio sarà, dunque, l’analisi di un modello replicabile in altri Comuni, capace di operare come catalizzatore di sinergie fra Comuni a livello nazionale, nel quale la P.A. esercita un ruolo attivo nello sviluppo di modelli innovativi per il rilancio del territorio.

C.E.R. E DISTRETTI INDUSTRIALI, TRA COMPETITIVITA’ E SOSTENIBILITA’

 E’ inoltre particolarmente rilevante, nel contesto dell’attuale crisi energetica, lo studio e l’analisi delle Comunità Energetiche nei distretti industriali (in una logica di sussidiarietà cd. “orizzontale” ai sensi dell’art. 118 Cost.).

Il contrasto alla povertà energetica è divenuto prioritario anche per le imprese, soprattutto per quelle “energivore”, chiamate a fare fronte a costi dell’energia insostenibili. Con i recenti interventi approvati con i cd. Decreti Aiuti sono state adottate alcune misure per fronteggiare l’aumento dei prezzi dell’energia e del gas naturale “a breve termine” (attraverso il riconoscimento di contributi straordinari sotto forma di crediti di imposta per le imprese energivore e gasivore), anche se l’entità di una crisi senza precedenti richiede necessariamente interventi ascrivibili ad una progettualità di lungo periodo.

Parallelamente, sul fronte ambientale, il settore industriale è chiamato a fare passi enormi per raggiungere gli obiettivi climatici previsti a livello europeo. In particolare, il Green Deal europeo prevede la decarbonizzazione di intere filiere e settori industriali per conseguire la neutralità in termini di emissioni di carbonio entro il 2050.

A tal fine, la politica energetica dell’Unione Europea mira a costruire sistemi energetici interconnessi per sostenere le fonti energetiche rinnovabili, promuovere tecnologie innovative ed infrastrutture energetiche moderne, decarbonizzare il settore del gas e promuovere la progettazione eco-compatibile dei prodotti, responsabilizzare i consumatori ed aiutare gli Stati membri ad affrontare la povertà energetica[2].

Per tali ragioni, la cooperazione tra imprese è fondamentale per affrontare le sfide legate alla sostenibilità promossa, oltre che dal PNRR, dalle agende europee e internazionali.

A seguito delle novità apportate dal D.Lgs. n. 199/2021, sebbene ancora in attesa dei decreti attuativi di prossima pubblicazione, è stata introdotta la possibilità di costituire impianti fino a 1 MW di potenza elettrica e si è compiuto il passaggio dalla cabina secondaria alla cabina primaria, con conseguente notevole ampliamento dell’estensione territoriale che può assumere una Comunità Energetica.

Tali modifiche hanno suscitato indubbio interesse per le imprese, che hanno ora la possibilità di creare impianti in grado di generare vere e proprie economie di scala.

Le C.E.R. possono quindi costituire una forma di cooperazione tra imprese operanti nel medesimo distretto industriale, al fine di soddisfare reciproche esigenze “energivore” caratterizzate da alti consumi energetici e da una bassa disponibilità di superfici per l’installazione di impianti di produzione di energia, coinvolgendo anche imprese a basso consumo di energia dotate, viceversa, di ampie superfici utilizzabili per l’installazione di impianti da fonti rinnovabili.

Alla luce di tali considerazioni, come si vedrà nel corso del seminario, è stimolante (nonché ormai necessario) ragionare sulle possibili vesti giuridiche che possono assumere le C.E.R. nei distretti industriali. La Comunità di Energia Rinnovabile deve infatti costituirsi come soggetto giuridico autonomo (ad esempio: associazione, ente del terzo settore, cooperativa, cooperativa benefit, consorzio, organizzazione senza scopo di lucro) che, agendo a proprio nome, possa esercitare diritti ed essere soggetto ad obblighi: pertanto, particolare attenzione sarà rivolta ai consorzi (ai sensi dell’art 2602 c.c. due o più operatori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o lo svolgimento di determinate fasi dell’attività di impresa) ed alle società consortili di cui all’art. 2615 – ter c.c..

La costituzione delle Comunità Energetiche può passare per la capacità di valorizzare le aree di crisi industriale presenti nel nostro Paese, ovvero di quei territori che, pur disponendo delle risorse essenziali alla transizione energetica, sono stati dismessi, e sono quindi soggetti a recessione economica e perdita occupazionale.

In questo modello il ruolo dello Stato non verte tanto sulla “pianificazione” quanto, piuttosto, sulla predisposizione di una struttura efficiente di incentivazione economica, che consenta di valorizzare e di premiare l’adozione delle tecnologie rinnovabili e favorire la diffusione di Comunità Energetiche (alterando la logica costi-benefici che finora ha supportato l’attuale modello di produzione energetica).

Quindi, nel corso del seminario, fondamentale importanza rivestirà l’analisi del ruolo che i grandi operatori del mercato possono giocare all’interno delle cd. energy communities. La disciplina introdotta dalle Direttive europee (UE) 2019/944 (cd. IEMD) e (UE) 2018/2001 (cd. RED II) stabilisce un quadro particolarmente preciso e dettagliato, disponendo che i gestori dei sistemi di distribuzione sono comunque chiamati a cooperare con le Comunità di Energia Rinnovabile per facilitare i trasferimenti di energia al loro interno (art. 22, par. 4, lett. c)).

Dal punto di vista normativo, la sfida è sicuramente inedita e consiste nel fondare le basi e le interconnessioni di un nuovo paradigma di mercato energetico, in cui ciascun attore è titolare di precisi diritti e doveri.

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Questi e molti altri temi essenziali per il futuro sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili saranno oggetto degli interventi programmati nel seminario gratuito del 21 ottobre p.v..

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